Gian Carlo Durante :Il Fotografo della SINDONE – Impressioni e riflessioni

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Gian Carlo Durante, il Fotografo ufficiale della Sindone ci racconta attraverso un suo articolo, l’incontro con la Sindone. E’ stato incarico dalla commissione pper la Sindone e dalla Santa Sede per poter fotografare il Sacro Lino, in tre parti ci racocnta l’emozione provat e le fasi tecniche che hanno portato a fotografare la Sindone. Le sue foto sono conosciute in tutto il mondo. Di seguito sono riporati pezzi di un articolo scritto da Gian Carlo Durante:

Impressioni e riflessioni di Gian Carlo Durate

Prendendo spunto da alcune parole di Don Ghiberti, posso dire che questo lavoro mi ha permesso di fare conoscenza e anche amicizia con molte persone che a vaio titolo ruotano attorno alla Sindone, dalle quali sono stato accolto con calore e simpatia. Un grazie particolare a suo Maria Clara e a don Ghiberti perla grande pazienza,disponibilità e i preziosi consigli che mi hanno aiutato a superare le numerose difficoltà. Devo anche un ringraziamento agli amici e colleghi che con me hanno formato la troupe che ha realizzato le immagini, sperando che possano essere di supporto agli studiosi per ulteriori nuove ricerche.
Infine vorrei esprimere alcuni punti di riflessioni che il tempo trascorso accanto alla sindone ha suscitato in me. La domanda fondamentale che, come molti, mi sono posto è :”La Sindone è davvero il sudario che avvolse il corpo del Cristo?”.
L’assoluta certezza che essa lo sia, credo non l’avremo mai. E’ un documento veramente inquietante e mi par di capire che fino ad oggi a scienza sia in grado di dire solo quello che non è.
Credo che solo gli occhi aperti dalla fede possano vedere quello che è:l’immagine dell’uomo dei Vangeli che porta sul suo corpo i segni della mia violenza;
L’immagine austera ma serena, di quel volto che nel momento della morte in croce chiede perdono per me che non so quello che faccio.
L’immagine del corpo martoriato che mi chiede di fare qualcosa per tutti i corpi ancora oggi martoriati; l’invito di avere il coraggio di fermarsi a pregare, perché è lo spirito che rende testimonianza, non un lenzuolo. Forse ho capito che per me la risposta a quella domanda non è poi così importante.
{mospagebreak title=Iincontro con la sindone – parte prima}
1978: L’incontro con la sindone

Il mio primo incontro con la Sindone risale all’ostensione del 1978. A quei tempi non avevo particolari interessi per quel lino e di quell’incontro ho un ricordo piuttosto sbiadito. Forse a colpirmi fu soprattutto la cornice creatasi attorno all’evento. Era strano vedere tanta gente che dagli accenti del suo parlare si capiva provenire da varie regioni d’Italia e dall’estero. In quegli anni non era usuale per Torino vedere frotte di turisti girare per la città, seduti sulle panchine dei Giardini Reali consumare il pranzo a base di panini estratti da sacche e borsoni poggiati a terra tra le gambe. Quella sorta di pacifica invasione trasmetteva una certa eccitazione: la città viveva un evento eccezionale cui non si poteva non partecipare. Quindi, quando mancavano forse un paio di giorni alla fine dell’ostensione, in un fine pomeriggio di Ottobre, mi accordai con un po’ di pazienza alla fiumara di gente che si snodava dalla Cattedrale giù lungo via xx Settembre, fin quasi ad arrivare al corso Regina. Ci vollero circa due ore per poter arrivare a vederla: si entrava in piccoli gruppi, cui era concesso di sostare non più di uno o due minuti. Non riuscii a vedere gran che. Ciò che più attirò la mia attenzione, furono le macchie brune che correvano parallele lungo tutti il lenzuolo. L’impronta del corpo non riuscì a percepirla; probabilmente mi aspettavo divedere un’immagine simile alle varie foto pubblicate che riproducevano una figura molto evidente in positivo.
Poi, per circa dieci anni, di Sindone non sentii più parlare fino a quando verso la fine del 1988, tutti i mezzi di informazione la riportarono al centro dell’attenzione generale. In quei giorni vennero infatti pubblicati i risultati delle analisi del C14 di alcuni frammenti del tessuto, dalle quali emergeva essere un documento medioevale. Altri nove annidi silenzio, fino alla notte fra l’11 e il 12 Aprile del ’97, quando il terrificante incendio della cappella del Guarini riportò ancora una volta la Sindone al centro dell’attenzione di tutto il mondo e della mia.

1997: La mia prima fotografia
Da questo avvenimento non sarebbero trascorsi neppure due mesi, e la sindone sarebbe entrata nella mia vita, sia sul piano professionale sia su quello umano e personale. Il 2 giugno sacro a San Giovanni, patrono di innumerevoli comuni piccoli e grandi, fra cui anche Torino e pertanto giornata festiva a tutti gli effetti, con conseguente blocco delle attività produttive compresa la mia: la fotografia, professionale che iniziai a quindi anni facendo l’apprendistato in primarie aziende grafiche torinesi, sotto la guida di valenti maestri tra i quali in particolare Armando Aprà.

Una telefonata un po’ misteriosa
Il 24 giugno del 1997, anche se non lo sapevo, sulla mia agenda…era segnato un appuntamento importate cui non dovevo assolutamente mancare. In effetti, nonostante la festa patronale, sono in studio per terminare un anonimo lavoro come sempre “ super urgente”. Rimango stupido dallo squillare del telefono: c’è qualcuno che lavora, con me, anche se per Torino è girono di Vacanza?L’interlocutore mi chiede se sono disponibile per un lavoro molto delicato e riservato. Inutilmente cerco di ottenere ulteriori ragguagli, anche per portare la giusta attrezzatura per la realizzazione di quel misterioso incarico. Una persona si metterà in contatto con me per accordi opportuni. Penso si tratti di riprodurre un quadro o una scultura importate, fatto che consiglia ovviamente una certa riservatezza. Arriva una seconda telefonata e l’appuntamento è fissato per l’indomani mattina alle ore 9: c’è da fotografare un’opera molto importate. Dall’inizio capisco che mi devo trovare al museo della Sindone! Non toccherà mica a me fotografarla?!…
LEGGI:

{mospagebreak title=Incontro con la sindone – parte seconda}

Gian Carlo Durante :Il Fotografo della SINDONE – Seconda Parte

Il primo impatto con il Lino
Alle 9 di Mercoledì 25 giugno vengo accolto da una commissione presieduta da don Giuseppe Ghiberti e composta da un gruppo di persone che scopro poi essere noti studiosi della Sindone. Mi confermano la loro decisione di affidarmi l’incarico di effettuare alcune riprese fotografiche dello straordinario lenzuolo. Cerco di non darlo a vedere, ma mentre vengo accompagnato all’interno della chiesa del Santo Sudario, un senso di panico un senso di panico mi assale. Il compito è ditale importanza e complessità che mi trova completamente impreparato. Nell’oscurità quasi totale della navata su un ponteggio alto dietro all’altare, tesa su un telaio in legno e illuminata da un fascio di fibre ottiche, mi appare, quasi una visione, la Sindone.
Poi, come nel’78,cerco ma non riesco a cogliere l’importanza dell’uomo. Dinuovo mi saltano agli occhi i segni scuri delle bruciature causare dall’incendio del 1532 e i rappezzi cuciti dalle suore Clarisse di Chambèry che, come due binari,corrono paralleli per tutta la lunghezza. Ma questa volta ho più tempo a disposizione e guardo con attenzione all’interno delle due linee di tessuto bruciato percepisco da prima le mani incrociate sull’addome. In seguito,spostando lo sguardo verso il centro del lenzuolo ecco delinearsi la tenue immagine negativa del volto. In questo momento sento di avere un’opportunità grande no concessa a molti: esaminare così da vicino quel lino ricco di mistero, fin quasi a poterlo toccare. L’impatto emotivo è grande, ben diverso dalla prima volta, quando mi pareva così lontano e forse un pò deludente. Ora invece gli aloni sul tessuto,le cuciture attorno ai rappezzi e lungo i bordi, l’impronta del corpo, tenue ma estremamente presente, le macchie di sangue sulla fronte, sulla nuca, sulle braccia, il segno del chiodo sul polso: tanti particolari che me lo rendevano estremamente <>. Mi tornarono in mente gli episodi della passione di Gesù e mi sembrava di vederli scritti l’, davanti a me,su quel lenzuolo. Un senso di profonda commozione mi assale e rimango in silenzio.
Solo più tardi, dopo essermi assuefatto all’oscurità, riaccorgo che ci sono molte persone attorno alla Sindone. Sono specialisti convenuti da mezzo mondo per preparare l’ormai prossima ostensione. Una troupe sta effettuando riprese video in alta definizione. Il tempo passa senza che io possa fare nulla e la lunga attesa contribuisce ad aumentare la tensione per l’incarico affidato a me, semplice artigiano della fotografia. Arriva e riparte l’Arcivescovo Cardinale Giovanni Saldarini; alle 18, viene celebrata la Messa, e alle 18:45 circa, finalmente mi si dice che posso iniziare il lavoro, badando bene che ho solo un’ora di tempo prima che la Sindone venga riportata nel rifugio ove viene conservata dopo l’incendio che ha devastato la cappella del Guarini. In realtà i tempi si allungheranno.

La ripresa fotografica e le sue fasi
Con mille precauzioni, dal ponteggio viene calato il telaio su cui è tesa. E’ posizionato verticale per lungo,con la base parallela al pavimento circa un metro dal suolo, su cavalletti posti davanti all’altare. Per evitare distorsioni prospettiche, posiziono con in dovuti accorgimenti l’apparecchio fotografico in modo che risulti rigorosamente pianparallelo al telo Sindonico, onde evitare che la distorsione prospettica trasformi quel rettangolo in un trapezio. La macchina con cui lavoro è la SINAR P, con dorso porta pellicola per il formato di cm 13×18,un sofisticato apparecchio a banco ottico di alta precisione che solo apparentemente ricorda le vecchie macchine a lastre, con il fotografo seminascosto sotto un panno nero per poter controllare l’inquadratura sul vetro smerigliato. In effetti il principio teorico non è cambiato nel tempo. Semplificando al massimo: per fotografe serve un obbiettivo, possibilmente dotato di diaframma e otturatore, che convogli il cono dei suoi raggi ( protetti dalla luce ambientale con un soffieto di stoffa nera),su un piano dove è posizionato il vetro smerigliato che serve per vedere l’immagine creata dall’ottica e dove avverrà l’esposizione del materiale sensibile caricato negli Chassis. Grazie alle loro caratteristiche, questi apparecchi da studio permettono di ottenere riprese di altissima qualità in grande formato da 10×12 fino al 20×25,non più su lastre di vetro in uso anni fa, ma su pellicole piane inserite in appositi telai detti appunto Chassis. Per l’illuminazione utilizzo la luce incrociata di due proiettori fresnel da 5000 watt serviti per le riprese video. Non sono molto soddisfatto del loro posizionamento. Con l’esposimetro rilevo della differenza di illuminazione di circa mezzo diaframma tra il centro dell’immagine e i bordi. Cerco quindi di pareggiare al meglio la luce, ma non ho molto tempo a mia disposizione.[…]
Scatto alcuni test su pellicola Polaroid che risultano corretti. Riprendo quindi su pellicola diapositiva una prima serie di tutto il telo, variando di un terzo di diaframma in più e mezzo di diaframma in meno l’esposizione calcolata. Poi ne eseguo una seria su pellicola in bianco e nero Timax 100 e per ottenere un’immagine più contrastata,ne espongo altri attraverso il filtro verde Wratten 58 ( colore complementare dei toni bruni-rossastri presente nell’immagine Sindonica. Nel poco tempo che mi riamane riescosoloa fare il particolare del volto nel formato 10 x12, l’immagine è talmente tenue che non riesco a vederla sul vetro smerigliato della machina. Metto a fuoco la trama del tessuto e per l’inquadratura utilizzo demani che delimitano il corpo.
Anche rer questo particolare realizzo le riprese su pellicola diapositiva e in bianco/nero. Verrei farne altri, mail tempo a mia disposizione( un’ora e mezza circa) è terminato. Sviluppate le pellicole piane constato che l’esito è stato superiore alle mie aspettative, tantè che queste riprese sono state assunte come foto ufficiali della Sindone. Esaminando i miei risultati, mi rendo conto che la fotografia di Giuseppe Enrie, eseguite nel 1931( e ancora oggi le più utilizzate per la riproduzione della Sindone), rendono l’immagine impressa sul lenzuolo visibile in modo non facilmente eguagliabile, grazie alla particolare capacità delle lastre ortocromatiche da lui utilizzate, che esaltano al massimo il contrasto dei toni bruni e rossicci e alle loro notevoli dimensioni(40x50cm). Va detto tuttavia che , se non si arriva a tale contrasto, con i materiali attuali si possono ottenere riproduzioni più ricche di toni e decisamente più fedeli all’originale. Anche per la Sindone inizia un nuovo millennio.

2000: La grande ostensione
Si può fare qualcosa di più e di meglio….
Partendo d queste considerazioni scritte ne ’97, ero più che mai convinto che il risultato ottenuto, anche se soddisfacente ( la foto del particolare del volto ebbe l’onore della copertina della rivista americana Times) con un’opportuna preparazione e con l’esperienza acquisita poteva essere decisamente migliorato. Era stato un buon test e mi aveva introdotto nel mondo della Sindone. Mi aveva permesso di conoscere don Ghiberti e suo Maria Clara che considero un po’ i miei “ padrini Sindonologi”. Alla fine dell’ostensione del’98 confidai loro queste mie impressioni, che vennero gentilmente prese in considerazione. Mi invitarono a stendere un progetto di massima per realizzare una più completa sessione di riprese, da effettuarsi in occasione della nuova ostensione prevista per l’anno 2000. Condizione pregiudiziale per l’approvazione del progetto, era il reperimento di uno sponsor per la copertura finanziaria. Grazie all’interessamento di amici, l’associazione delle fondazioni casse di risparmio del Piemonte si fecero carico dell’onere finanziario, consentendo anche se temporaneamente in via ufficiosa di dare corso al progetto.
A questo punto apprensione , mi resi conto dell’importanza dell’impegno che mi ero assunto e di quanti problemi avrei dovuto risolvere. Il primo, e forse il più importate era il tipo e la qualità di luce da utilizzare che non doveva nel modo più assoluto danneggiare lo straordinario << documento>>. A questo punto li 7 Febbraio 2000 in un incontro presso lo IEN Galileo ferrarsi di Torino con Soardo,Rossi e Balossino, furono determinati dei parametri tecnici cui ci si doveva attendere per l’illuminazione sia per le lampade alogene che per i flash. Il secondo problema correlato al primo era la scelta del materiale sensibile. Con l’amico e direttore Giuseppe Cavalli eseguimmo parecchie riprese per testare in riproduzione vari tipi di pellicola diapositiva e bianco/nero, con diversi tipi di illuminazione. Utilizzammo come soggetto una stampa in grandezza naturale riprodotta su tela ricava dalle riprese fatte nel ’97. Dalle prove emerse in modo inequivocabile che per quanto riguardatala pellicola per diapositive, la Fujichrome Velia RVP era quella che meglio evidenziava la tenue impronta dell’uomo della Sindone e riproduceva con notevole nitidezza i più piccoli particolari della trama del lino. E’ un film con sensibilità nominale 50 ISO, equilibrato per riprese in luce diurna, grana estremamente fine,con elevato potere risolvente. La ricerca del materiale sensibile per realizzare le riprese in bianco/nero fu estremamente più complicata. Viste le caratteristiche dell’immagine, occorreva una pellicola piana ortocromata ad alto contrasto virtualmente senza grana in formato minimo 20x25cm.[…]
La pellicola ideale per ottenere immagini che potessero essere paragonabili a quelle di Enrie, erano da ricercare tra i materiali utilizzati anni fa in fotomeccanica. Quando già disperavamo di trovare tale pellicola, grazie alla gentilezza del sig Crisà dell’Agfa e del collega Sisterelli si riuscì ad ottenere la pellicola con le caratteristiche richieste. […]La ricerca del materia giusto, le attrezzature e i test richiesero circa tre mesi di lavoro. Eravamo quasi alla fine di Ottobre, a pochi giorni dalla chiusa dell’ostenzione, e non avevo ancora ricevuto il via ufficiale , né la data precisa ,fatto che mi faceva stare sulle spine. Finalmente il 23 ottobre ci venne comunicatocce la Sindone era a nostra disposizione dal 2 al 4 Novembre e che dal 30 Ottobre avevamo la possibilità di allestire il set da smontare entro il le ore 12di Domenica 5 Novembre. Penso sia inutile dire che la notte tra Domenica e Lunedì 30 Ottobre fu per me piuttosto agitata. Mi sentivo addosso una grossa responsabilità. Passavo e ripassavo a memoria tutti i particolari,con la paura di aver dimenticato, sopravvalutato qualche cosa o che qualcosa non avrebbe funzionato. Ma come accade a tutti gli incubi alla luce del giorno le preoccupazioni di dileguarono. Nel prefabbricato annesso a duomo, attualmente adibito a sacrestia , potemmo finalmente allestire il teatro di prosa ed effettuare le prime prove. […]
La pellicola usata per le riprese bianco /nero è stata la Rapitine ortho dell’Agfa sviluppata per 3 minuti in virtù delle sue caratteristiche, la pellicola ha fornito delle belle immagini in positivo, ricche di dettagli della tenue impronta dell’uomo della Sindone.