A 27 ANNI DALLA SCOMPARSA DI J. LENNON p.II

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 Nella loro terza fase di sviluppo compositivo, ci si iniziava a chiedere dove sarebbero potuti arrivare ancora questi ragazzi, quale altre innovazioni il prossimo album avrebbe introdotto, ed invece , i Beatles nelle ultime produzioni, stupirono sì, ma decidendo di tornare alla semplicità iniziale. Incisero pertanto pezzi rock’n’roll principalmente in versioni acustica. Ne venne fuori il doppio album The Beatles che però è conosciuto dal grande pubblico come White Album, data la copertina completamente bianca. Quest’album, rese evidente che il lavoro di gruppo, che l’idillio produttivo tra John e Paul, si stavano dissolvendo. I contributi erano chiaramente solisti. Soprattutto, se fino a quel periodo era Lennon il leader grazie alla sua estrosa personalità, col tempo il suo ego un po’ troppo gonfio oltre alla sua pigrizia esagerata, gli avevano fatto perdere gran parte del suo ascendente sul gruppo che, già dai tempi di Sgt. Pepper e del film The Magical Mistery Tour, si era spostato sempre più verso la persona di Paul, sicuramente più pragmatico e dedito all’impegno di Lennon. In effetti, fu McCartney che spinse e regolò gli atteggiamenti dei suoi compagni nei confronti del lavoro in studio e nella composizione negli ultimi anni, ma questo, invece di risolvere i problemi del gruppo, ne acuì i dissapori, perché nessuno apprezzò questa presa di potere da parte di Paul. C’erano poi altre questioni, come l’ostilità dei ragazzi verso Yoko Ono, nuova compagna di John, o il risentimento di George per la scarsa considerazione dei propri componimenti, o ancor peggio, la scoperta successiva alla morte di Epstein, che, nonostante la loro grandezza e fama, i loro conti in banca erano tutt’altro che stratosferici! A tal proposito va ricordato che  Harrison, rimase così sconvolto quando seppe di essere stato inserito nella cosiddetta fascia dei ‘super-contribuenti’  e di conseguenza di dover pagare 96 penny di tasse ogni sterlina guadagnata, da scrivere un brano, Taxman. Va detto inoltre che, anche all’interno del gruppo la distribuzione del denaro divenne un problema; nonostante fossero Paul e John a comporre i brani nella maggior parte dei casi, risulta un po’ eccessivo lo scarto sui profitti derivanti dalle royalties dei vari componenti del gruppo: se alle due menti spettava un bel 30%, a Ringo e George veniva concesso solo l’1,3 % dei guadagni! Seguirono ancora due album, registrati tra liti e discordie, Abbey Road, uscito prima ma registrato dopo Let It Be che invece, fu l’ultimo loro lavoro ad essere pubblicato. Non si può non ricordare che, in questa occasione, i Beatles, fecero un grande regalo ai loro fan (esperienza che diede vita ad un film documentario che appunto ha il nome di Let It Be) : salirono sul tetto degli studi della Apple di Abbey Road e, improvvisarono un concerto che in pochissimo tempo, richiamò un gran numero di persone, oltre che alla polizia. Era il 30 gennaio 1969, il film uscì nel maggio 1970. Il 10 aprile di quell’anno, Paul aveva dichiarato di voler lasciare il gruppo, qualche mese dopo, gli fa eco John. A dicembre si sciolsero ufficialmente, e lo fecero a suon di cause legali purtroppo. I loro rapporti idilliaci si erano consumati, e attacchi e accuse l’un l’altro, furono tutto ciò che rimase dei Beatles oltre la loro splendida musica. La parabola beatlesiana, quindi, coincide per il grande pubblico agli anni 1963-70. Chiaramente, la loro collaborazione inizia prima e tra l’altro, è segnata come ogni gruppo, dal ricambio dei componenti. Paul McCartney e John Lennon sono, comunque, il nucleo originario fondante.In ogni caso, per loro, e vorrei sottolinearlo, furono sufficienti quei  sette anni per cambiare la musica e l’ordine sociale. Il loro sound trasudava voglia di vivere: venivano esaltate la bellezza, l’amore e l’amicizia,  si credeva fortemente nella capacità immaginifica della mente umana. La gioia era l’ingrediente segreto.ò Tutto ciò ebbe un grande ascendente sulle masse, così come lo ebbe il loro modo di porsi, sempre un po’ stravagante. Ne fu esempio a primo impatto il loro modo di ‘acconciarsi’. In effetti, tra le innovazioni che portarono, non può essere ignorato il loro influsso sulla moda giovanile.I Beatles spesso furono accusati di essere solo un buon prodotto commerciale che, si prestava bene ad essere venduto e soprattutto, a far vendere. Erano visti come una pubblicità che cammina, un frutto dell’industria capace di gonfiare i portafogli di qualunque cosa ruotasse attorno a loro. Il loro successo era giustificato dall’astuzia di coloro che si preoccupavano dei loro interessi. Senza dubbio, la loro immagine aggiunse molto al loro successo, ma sono in molti ad essere in disaccordo con questo genere di teorie, e ancora una volta io stessa voglio ripetere che la grandezza della loro opera smentisce senza troppe difficoltà queste illazioni. Erano prima di tutto dei grandi artisti e delle grandi personalità, che poi avessero trovato nelle scelte di abbigliamento, un modo per trasmettere e comunicare, non può assolutamente sminuire il loro valore.Resta il fatto che, i Quattro di Liverpool costituirono un fenomeno ineguagliabile, anche dal punto di vista economico, e non solo per le vendite dei propri album che, raggiunsero record a dir poco invidiabili ma anche e soprattutto, per i proventi ricavati da tutto ciò che a loro si riferiva: dalle tirature dei giornali che dedicavano ai Fab Four degli articoli, all’audience dei programmi radiofonici o televisivi che li ospitavano; dalle marche di strumenti che utilizzavano agli oggetti che acquistavano, dai locali che frequentavano ai quartieri in cui vivevano, oltre, come abbiamo già detto, a tutti quei prodotti che brevettarono, dalle parrucche alle t-shirt, dalle tazze da tè ai portauovo! Risulta molto interessante notare come, nonostante gli Scarafaggi fossero regolarmente attaccati dai media, l’attrazione reciproca che questi due giganti del nostro secolo provavano, non si affievolì mai. Erano molto frequenti interpretazioni dei loro testi che insinuavano il dubbio di una propaganda ad abitudini ed atteggiamenti negativi, ma erano numerosi anche i testi il cui messaggio era così pulito e universale da riuscire a quietare ogni diaspora. In effetti, esclusa qualche sporadica censura, i quattro ragazzi di Liverpool vennero stimati moltissimo, in ogni ambiente, dalla cultura alta in quanto artisti, alla cultura popolare in quanto idoli. Divennero onnipresenti: sembrava che stampa, televisione e radio, non potessero fare a meno di loro, era un continuo ricircolo di notizie, immagini, musica. Ma anche i Beatles amavano i media, ed era come se si corteggiassero vicendevolmente. Tra il ’62 e il ’65 il quartetto partecipò a ben 52 trasmissioni della BBC, le più importanti si intitolavano Please Please Me, From Us To You e Saturday Club. Quest’emittente televisiva, negli anni Sessanta, produceva con complessi emergenti, dei veri e propri show in cui poter vedere materiale originale eseguito dal vivo, ripreso da qualche concerto o registrato per l’occasione. Anche la conquista dei mercati americani, che inizialmente si erano dimostrati tiepidi nei loro confronti, è attribuibile ad una celebre apparizione televisiva, quella all’Ed Sullivan Show del 9 Febbraio 1964. Ebbero modo anche di parlare di religione, in un programma televisivo nel settembre del 1967. La trasmissione in questione era The Frost Report in onda in tarda serata in diretta, ma l’apice della loro ‘carriera televisiva’ fu raggiunto il 25 giugno di quell’anno quando, presero parte, alla prima trasmissione televisiva in mondovisione. Il programma che durava 125 minuti, sarebbe stato trasmesso in simultanea in ventisei paesi diversi, con il contributo attivo delle reti nazionali di diverse nazioni dell’Europa, della Scandinavia, dell’America Settentrionale e Centrale, del Nord Africa, del Giappone e dell’Australia. Per l’occasione, venne chiesto ai Beatles di comporre un brano dal testo semplice, che potesse essere capito dai telespettatori di tutte le nazioni: il risultato fu All You Need Is Love, una canzone che con le sue parole voleva diffondere un messaggio positivo in tutto il mondo e che, in effetti, divenne quasi l’inno dell’Estate dell’Amore in quanto, rispecchiava nel migliore dei modi, le aspirazioni dei giovani di tutto il globo.Diffondere lo stesso messaggio, fu lo scopo di un’altra celebre impresa mediatica che nonostante annoveri la sola presenza di John Lennon e della sua neosposa Yoko Ono, non può non essere menzionata. Si tratta del bed-in realizzato ad Amsterdam nei giorni successivi al matrimonio. La coppia, invece che andare in luna di miele, decise di ospitare nella propria stanza d’albergo rappresentanti della stampa, ogni giorno, per sette giorni, dalle 10 alle 22: in queste lunghe sedute di conferenza stampa, i due rispondevano a qualunque domanda, purché seria, venisse posta loro, l’argomento principale fu la pace, e il risultato, delle lunghe interviste trasmesse in diretta via radio, e un documentario privato di sessanta minuti. Già dall’inizio degli anni Sessanta, era tipico che le pop star che avessero raggiunto un discreto successo di pubblico, si dilettassero nella realizzazione di film ispirati alle proprie canzoni.  Anche i Beatles lo fecero, portando alla luce il lato più scanzonato della band, attraverso produzioni non troppo impegnate. Sono cinque, in totale, le esperienze cinematografiche beatlesiane: A Hard Day’s Night (1964), Help! (1965), Magical Mistery Tour (1967), Yellow Submarine (1968) e Let It Be (1970).