A 27 ANNI DALLA SCOMPARSA DI J. LENNON p.III

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Gli Scarafaggi diedero vita a un fenomeno nuovo nella musica, quello dell’isterismo di massa, ovvero l’entusiasmo che si trasforma in follia. Fin dalle prime apparizioni ad Amburgo, ma soprattutto a partire dalle esibizioni al Cavern Club di Liverpool al loro ritorno, i Beatles provocavano uno stato di eccitazione smodato in chi li ascoltava, le loro voci trasmettevano adrenalina pura agli spettatori. Il fatto che un fenomeno locale si fosse trasformato in fenomeno nazionale, e in seguito internazionale, divenne evidente durante la loro performance nell’ottobre 1963 allo show  televisivo Sunday Night at the London Palladium, occasione in cui fu coniato il termine ‘Beatlesmania’. All’esterno del teatro e sotto gli occhi di quindici milioni di telespettatori, si erano accalcati un numero esorbitante di fan urlanti e in preda a crisi isteriche.Questa la Beatlesmania: una schiera di giovani che ballano, urlano, si strappano i capelli, svengono. Non appena i Fab Four apparivano, un delirio collettivo senza limiti e fine si manifestava. Nonostante i genitori cercassero in ogni modo di tenere a freno i loro figli, quando li accompagnavano agli eventi del gruppo, questi comunque impazzivano, non avevano più regola al punto che molti, arrivavano a provocarsi danni fisici anche consistenti. Ad Amsterdam, ad esempio, tantissimi ragazzi si gettarono nei canali per raggiungere l’imbarcazione su cui viaggiavano i Beatles rischiando di affogare, in Italia, durante un concerto a teatro, alcuni giovani cercarono di buttarsi giù dagli spalti per raggiungere i loro idoli sul palco. Non era affatto inconsueto vedere ragazze che si scarnificavano il viso e le braccia in preda all’isterismo, o che battessero la testa contro il muro o mordessero chi cercava di fermarle. All’arrivo in Francia, il treno su cui viaggiavano fu distrutto completamente dai fan impazziti che si accalcavano e percuotevano i vagoni.Oltre ai fan ‘convenzionali’, c’era una categoria di  fan così dedite al loro gruppo da essere costantemente piantonate davanti gli studi in Abbey Road. Erano le ‘Apple Scruff’, e tra queste, ce n’erano di due tipi: quelle disposte a tutto pur di entrare e quelle che si limitavano ad attendere che i loro adoni uscissero per fotografarli, chiedere autografi, toccarli, guardarli da vicino. Ce ne furono alcune che riuscirono addirittura ad entrare in vari modi nelle abitazioni dei Quattro, rubando anche oggetti ai loro idoli ormai letteralmente perseguitati.In effetti, molto presto, i Beatles furono esausti di cotanta euforia  e lo dimostra il loro album Beatles For Sale, in cui viene mostrato l’altro lato della Beatlesmania: la stanchezza, la solitudine e la depressione che accompagnava questi ragazzi, la cui vita era stata sconvolta al punto da essere divenuta invivibile. Al fenomeno della Beatlesmania ricordiamo, è dedicato anche il loro film A Hard Day’s Night il cui scopo era ricrearne il delirio. La Beatlesmania fu una delle cause della decisione del gruppo di abbandonare le performance live. In generale, a detta del gruppo, il loro ascendente sulle masse fu in un certo qual modo causa di delusione: loro desideravano far musica e divertirsi, ma si erano trasformati in veri e propri santoni, tutto ciò che da loro venisse detto o fatto, immediatamente veniva imitato, preso ad esempio. Si trovarono ad essere caricati di pensieri e ideologie che non gli appartenevano, ma non nel senso che non le condividessero, nel senso che non era nelle loro intenzioni esserne dei promotori, soprattutto perché, almeno loro, rimasero consapevoli di non essere perfetti. Si trovarono caricati di troppe responsabilità da parte dei fan che, li volevano per forza di cose fautori di una rivoluzione attiva, e nello stesso tempo, furono additati troppe volte dai benpensanti come causa di alcuni atteggiamenti sbagliati che si diffondevano tra i giovani. Furono incontrastati nella ‘Summer of love’, una breve stagione in cui l’etica hippie si irradiò da San Francisco in tutto il mondo, e di cui non si può parlare senza citare Sgt. Pepper. Ancora una volta, il tutto avvenne inconsapevolmente o meglio, consapevolmente ma involontariamente………The Word, 1965, segna per i Beatles, il passaggio da storie tutte incentrate sul rapporto tra ragazzi e ragazze del periodo della Beatlesmania , all’amore tutto pace e armonia dell’era degli hippie.Tornando al rapporto con i giovani hippie, diciamo che l’idillio si affievolì presto, c’erano delusioni da entrambe le parti. Come abbiamo ripetuto più volte, questi ragazzi avevano una visione molto aperta della vita, e oltre ad essere particolarmente ricettivi verso il mondo esterno, erano sempre predisposti a provare nuove esperienze. Fu senza dubbio questa loro caratteristica ad avvicinarli alle culture e alle religioni orientali e in particolare al culto della meditazione trascendentale cui li iniziò il guru Maharishi Mahesh.  All’interno del gruppo, se George era quello che più assiduamente parlava in termini spirituali delle proprie esperienze lisergiche, era di sicuro John quello che leggeva più libri che parlavano di religione.  In ogni caso entrambi, seguiti da Paul e Ringo, si avvicinarono alle religioni orientali e lo fecero per mezzo di Pattie Harrison che, avendo assistito nel febbraio del 1967 ad una conferenza del guru indiano Maharishi Mahesh,  incoraggiò il gruppo ad assistere a quella che avrebbe tenuto in agosto a Londra nell’Hotel Hilton di Park Lane. In seguito a quell’incontro, i Beatles decisero di seguire il seminario di meditazione trascendentale della durata di dieci giorni, che il Maharishi avrebbe tenuto presso l’University College di Bangor, nel Galles Settentrionale.  In realtà, i Quattro, non rimasero fino alla fine del corso, e infatti, venuti a conoscenza della morte di Brian Epstein il 27 agosto, decisero di tornare a Londra. Probabilmente la perdita di una figura così importante nella loro vita li rese particolarmente vulnerabili alle influenza esterne, sta di fatto che, nel febbraio del 1968 si ebbe l’impressione che avessero deciso di prendere come nuova guida il Maharishi, quando si recarono a fargli visita in India, e invece, anche la dedizione verso il santone svanì molto prima del previsto. Durante il soggiorno a Rishikesh infatti, iniziarono a girare voci e pettegolezzi sul Maharishi che delusero molto i ragazzi del gruppo e che, li disillusero su questa figura che avevano troppo idealizzato e dalla quale comunque si erano aspettati troppo. Ringo fu il primo ad abbandonare l’India, era il meno interessato alla meditazione; Paul, per il quale non faceva troppa differenza andare o restare, rimase con John e George finché anche questi non decisero di tornare in Inghilterra. In seguito a questa esperienza, John era molto risentito nei confronti del Maharishi, gli dedicò perciò una canzone, Saxy Sadie, in cui nel suo tipico modo sarcastico, gli muoveva una feroce e acida critica., perché aveva scambiato “il sacro col profano” Solo in George rimase l’interesse per le religioni orientali anche se, decise di seguire un altro culto.

Presero parte al corso di meditazione insieme ai Beatles e le rispettive compagne, il flautista americano Paul Horn, Mike Love dei Beach Boys, l’attrice Mia Farrow e sua sorella Prudence, il cantante scozzese Donovan ed altre persone che spesso, si dimostrarono molto più interessate ai quattro di Liverpool, che alla meditazione. Nonostante tutto, si creò un clima molto positivo all’interno della grande comitiva e quando non si frequentavano i corsi, si stava seduti in cerchio a cantare e suonare la chitarra in mezzo al verde. Il luogo era davvero suggestivo, si trovavano in una  valle ai piedi delle Himalaia, nel punto in cui il Gange lascia le montagne, completamente isolati dal mondo esterno e immersi nella natura. I Fab Four si riavvicinarono e furono particolarmente ispirati. Al ritorno dal viaggio dissero di aver composto una trentina di canzoni. In realtà il disco successivo, il White Album, pur contenendo effettivamente trenta canzoni, ne comprendeva all’incirca una metà di quelle scritte in quel periodo, altre creazioni non furono mai incise dai Beatles. In ogni caso va notato che, la semplicità di questo album rispetto ai precedenti, è dovuta al fatto che, durante il soggiorno indiano erano concesse solo chitarre acustiche, non avendo a disposizione nessun altro strumento, i pezzi venivano pensati essenzialmente per chitarra. In ogni caso The Beatles è considerato tra i migliori album del gruppo, uno dei punti più alti raggiunti: è un raccolta varia, ci sono molti contributi solisti, e compaiono per la prima volta collaborazioni importanti……»

Silvia Panetta