La Terra del sole dell’allegria sull’orlo di una crisi di nervi non piace a nessuno, nemmeno a Veltroni, positivista per eccellenza. Eppure, a ridere, è rimasto il solo Romano Prodi, nonostante i manrovesci incassati dal Presidente della Repubblica e da più parti, figure politiche, istituzioni. Proprio Giorgio Napolitano, fra un augurio e un buon auspicio di prammatica, spedisce un telegramma cubitale alla maggioranza e al suo condottiero in plancia: senza riforme c’è tutta una serie di rischi incalcolabili. Il harakiri del continuo ricorso alla fiducia ha sottratto la Finanziaria al corretto dibattito parlamentare, e a colpi di maxiemendamenti e provvedimenti omnibus, norme proliferate oltremisura, congegni di mega accorpamento, si è evidenziata la difficoltà di intese efficaci sulle procedure nella stessa coalizione di governo. A nulla è valso il tentativo di ridimensionare la cosa scaricando le colpe sull’asprezza dello scontro: è un ritornello abusato, inciso già su vinile a metà del secolo scorso. Urge un impianto di riforme per sanare inefficienze e debolezze del Paese, perdere tempo nell’additare i presunti responsabili dello sbando non giova a nessuno. Ma intanto la buriana impazza, sul Colle, e la rabbia per la beffa del “pacchetto Sicurezza” rende ancor più livido il futuro. Per questo, fra un bicchiere di spumante e uno stuzzichino, il capo dello Stato traccia un consuntivo 2007 fitto di ombre e cattivi auspici. Le perplessità del mondo politico, i tranelli legislativi e la sterile confusione che regna nei palazzi del potere si ripercuotono sulla gente in modo amplificato, esponenziale. L’Italia in depressione non piace a nessuno, ma lo spettro del consulto psichiatrico si avvicina di ora in ora, fra uno stallo e un nuovo inghippo. A gettare benzina sul fuoco, poi, c’è Domenico Fisichella. Il fu partner di Gianfranco Fini, zompato prima sui petali della Margherita e passato infine al gruppo misto, ha dichiarato che è finito il tempo dei sì al presidente del Consiglio. Vuole un governo istituzionale che renda giustizia a un bipolarismo competitivo, ma soprattutto intende cambiare la legge elettorale (l’ultima delle novità) e l’accantonamento del diritto di interdizione dei piccoli, “così da uscire dalle secche e poter finalmente governare il paese”. Lodevole proposito, per quanto mascherato da interessi di parte, tant’è che nel corso dell’intervista l’ex maître à penser di Alleanza Nazionale si affretta a stemperare, chiarendo che la sua è soltanto un’opinione a carattere di ipotesi, non un suggerimento. Ai posteri l’ardua sentenza.