Una finestrella da aprire

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Un sottile senso di disgusto ottunde la mente quando si apprendono alcune notizie sparate a tutto volume dai mezzi di informazione. Non importa se la tradizione vuole che a Natale vinca la bontà, perché accade esattamente il contrario; la crudeltà tiene banco sulla pelle dei giorni, qualsiasi essi siano. Come può una “mens sana” tagliare chirurgicamente un corpo in ventinove pezzi, e continuare tranquillamente a sopportare il peso dei pensieri? L’omicidio di Iole Tassitani ha messo in luce la questione, a cui un consesso di psichiatri & strizzacervelli di fama mondiale non saprebbe dare risposta nonostante anni di studi e consulti. L’unico peccato della vittima era quello di essere figlia di un notaio, sempre che di colpa di possa parlare. È un dato di fatto: siamo in pericolo dalla nascita, a volte per nascita stessa. Poco ne cale quanto si è dediti agli altri, al lavoro, se non si hanno grilli per la testa o se vi ronza un vespaio; l’inquietudine attende dietro l’angolo, e non necessariamente quest’angolo è buio o tetro. A volte ha il volto delle cose conosciute, delle persone più familiari, insospettabili. È di poche ore fa l’aggressione (con stupro) di un’altra donna, cinquantenne, da parte di un operaio romeno di 22 anni. È di estrema attualità, si perdoni il macabro elenco, la maleducazione e l’inclinazione alla rissa perfino nella Basilica della Natività di Betlemme. Padri a pastori se le sono date di (poco) santa ragione. È di risonanza mondiale, infine, lo sconcertante assassinio di Benazir Bhutto: un sacrificio annunciato, un boccone indigesto ed esplosivo che schiaccia ancor più la libertà alle corde, come un pugile groggy, suonato, più intento a non crollare che a schivare colpi. Una certa umanità non risolve le divergenze con pazienza e saggezza, ma con la violenza e la sopraffazione. Il mondo è dedito al profitto, alla materialità, tutto è giustificabile al suo cospetto, e non serve la mission impossible di Paco Miranda nel film Giù La Testa, né il ritornello “soldi mani protese sguardi ingordi”. Non bastano più, o forse non sono mai bastati. La storia non insegna niente, così come l’attualità, che consegna al Kenia il premio per il paese col maggior incremento di consumi natalizi e festeggia il traguardo ubriacandosi di orgoglio. Palma d’oro al consumismo, sviluppo (in)sostenibile per uno stato intero, poco importa se flagellato da guerre intestine e delinquenza a macchia di leopardo. Il piacere dei regali e dell’albero grasso sopravanzano la poesia, di lei nessuno sa che farsene. Perfino il Vaticano ha un presepe ambientato in una casa, anziché in una grotta. In attesa degli ologrammi del bue e dell’asinello, della cometa formato playstation, sarà buon pro adoperarsi per scovare una realtà che non si nasconde dietro la finzione, dietro la facciata di convenienza, nel backstage del mondo.