Muffe Italiane (un Paese allo sbando)

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Nessuno può più permettersi di nasconderlo: l’Italia è un paese allo sbando.

Autorevoli voci od opinionisti dell’ultimo minuto che siano, gli “addetti ai lavori” sono concordi: la politica estera è inesistente, la situazione interna fa paura, uno spettro da antologia. Il pubblico ammaestrato dai media si mette le mani nei capelli, ma solo per guadagnare un altro giro dal parrucchiere. Subito dopo si assesta sul divano e bofonchia inerme il consueto borborigmo. Il tasso di anzianità non sarebbe un dato preoccupante in sé, se non fosse che inflaziona seggiole parlamentari foderate con stipendi da insulto. Lì, dove la vecchia Prima Repubblica non ha mai ceduto il passo, si teorizza sull’avvenire di una gioventù senza voce. Privata per partito (senza nomi) e per assunto, per eminente, illuminata docenza: una candelina da loculo. Neouniversitari e altri “reduci” da scuole basate su leggi che procedono a passo di gambero, insegnanti di provata incultura, mero nozionismo e buon malaffare di classe. Chi tenta di uscire dai canoni è un diverso, un appestato del Terzo Millennio. Demotivare la spinta verso la cultura significa una cosa sola: fuga di cervelli. Una migrazione in atto già da svariati decenni, di recente aumentata a dismisura. Così, le idee giovani son vecchie sul nascere, soffocate da uno strato di polvere spesso centimetri, invischiate nella ragnatela dei credo proseliti al un colore o a una fazione politica. La politica, sempre lei. Interferisce con l’esistenza e con la circolazione sanguigna, con il libero sviluppo degli orizzonti. Tutto bene, tutto liscio, tutto sott’occhio, come per il meningococco nel trevigiano. Mille casi nel 2007, ma secondo la Turco non c’è nessuna emergenza. Vada a dirlo ai parenti dei deceduti. Si recrimina, si protesta, ma il bene comune resta un’effimera utopia.

Il pensiero puro, svincolato da legami demagogici e dal conformismo di facciata è un vantaggio di pochi, e spesso troppo soli. Si va alle urne a giochi già fatti, col fiacco fervore di sempre. Le facce non cambiano mai, le promesse neanche. E il risultato langue, annega dietro a sorrisi e brindisi distanti. Distanti dalla gente. La velata oligarchia dei potenti e degli amici dei segretari dei parenti (vicini e lontani) ha un cambio a marce automatiche: non si può variare il passo. Entrano da sé, con l’architettura pubblica e il benefit dell’interesse privato, personale. Burocrazia prestanome. Chi fermerà la valanga azzurra?