L’eterna questione davanti a un nuovo bivio.
Il summit d’intesa sarà il più serio fra quelli tenuti negli ultimi sette anni, annuncia il Presidente palestinese Mahmoud Abbas. La pace troverà finalmente una strada, appianando le increspature che da sempre funestano la questione di Gerusalemme, capitale di una Terra Promessa che sinora nulla ha saputo mantenere. Non per colpa sua. Ma il tedio trionfa, i titoli dei giornali si concentrano su questo o quell’attentato, sulla rappresaglia in atto, senza preoccuparsi di spiegarne le ragioni. Panino atomico, wurstel alla dinamite, a troppi va bene così. La gente dimentica ciò che nessuno sa ricordargli. Eppure Israele non era uno stato confessionale, per contro la Palestina socialisticheggiava tra gruppi e organizzazioni. Il fanatismo religioso è stato fomentato da certa parte "interessata" d’oltreoceano, che annualmente stanzia milioni di dollari in finanziamenti (occulti) e aiuti militari a uno stato che pratica la tortura. Legalmente illecito. Lo Human Rights Watch (Hrw) ha messo in rilievo il "sistematico schema di maltrattamento e vessazione" attuato da Israele in modo massiccio ai tempi dell’Intifada, e il terrorista Arafat portò gli USA sull’orlo di una crisi di nervi, quando invocò una Jihad per Gerusalemme. La reazione della controparte fu assegnare la gestione dei luoghi santi agli alleati Giordani, l’espansione delle aree ambigue della periferia e la loro colonizzazione. Monopolio per conto terzi, insomma, con ricche sovvenzioni & garanzie di protezione. Nella tormenta è rimasta la città, definita da Noam Chomsky "l’eterna e indivisa capitale d’Israele, priva di qualunque istituzione palestinese". Gli antichi slogan di Hawatmeh e di Habbash hanno distanze siderali dagli odierni Al Fatah e Hamas, foraggiate rispettivamente dallo stato ebraico bisognoso di costituire una Polizia dopo la nascita dell’autorità palestinese il primo, dal Mossad e dalla CIA il secondo. Antagonisti contro l’unità, benché il proposito originario mirasse proprio a realizzare un progetto di convivenza fra arabi ed ebrei, sull’onda dei secoli andati.
Partiti, senza il biglietto di ritorno. Provano, in queste ore, a trovare un compromesso di base, l’ex primo ministro Ahmed Qurei, leader dei negoziatori palestinesi, e quello degli esteri israeliano Tzipi Livni. L’incontro, fortemente voluto da George Bush prima della scadenza del suo mandato, si terrà quattro giorni dopo la visita del presidente americano in Cisgiordania. Perché tutto non sia l’alba di un nuovo tramonto occorre aggrapparsi alla teoria di Herbert Spencer, che dimostrò – applicando l’evoluzionismo di Darwin alla società – quanto questa progredisse da forme semplici a complesse in rapporto all’aumento delle sue dimensioni. E dei suoi interessi. Chi ascolta una sola dottrina, chi non ammette alcuna opinione diversa dalla propria, per quanto buona o fondata, non lavora per il bene comune. Già nell’Impero romano si ammonivano i fanciulli con cave nomine unius libris filius: stai attento all’uomo che è figlio di un libro solo.