Benedetto XVI: serve ridisegnare la struttura della Comunicazione.
Questo è il messaggio che Papa Ratzinger manda ai giornalisti, nella ricorrenza del loro patrono, San Francesco di Sales. Reduce dall’inusitato (e intollerante) flop dell’Università, su cui tutto si è sentito fuorché la Sapienza in persona, ha colto l’attimo per tornare sull’argomento. Always on the run, serve chiedersi se gli organi di informazione siano asserviti al mero protagonismo, creando la notizia e favorendo la diffusioni di ogni tipo di scandalo, o se attuino capillarmente un’informazione distorta, capace di “manipolare le coscienze” a proprio piacimento. Non si possono costruire gli eventi ex novo, perché la vita non è un romanzo noir, e spesso lo strumento tecnologico ridisegna la realtà con la forza della suggestione.
C’era una volta la pubblicità subliminale. Oggi non serve più, è dichiaratamente invasiva, soverchiante. Ogni quarto d’ora, su più canali, si ripetono le medesime parole, frasi, canzoni, stornelli, e il bombardamento coatto rade al suolo anche la più stoica delle resistenze cerebrali. Per favorire l’audience, il tasso di gradimento, e agevolare i consigli per gli acquisti, si ricorre con regolarità alla violenza, alla trasgressione, alla volgarità; imporre un siffatto stile di vita può distorcere i canoni di buona convivenza sociale e familiare. Insomma, un lezione di info-etica, un’omelia di sangue blu. La cultura di Papa Benedetto XVI, del resto, è nota. La comunicazione deve essere un tramite e un baluardo della dignità degli uomini, deve preservare il patrimonio della vita senza incidere sulle scelte o condizionare la libertà di pensiero. Di fatto, una denuncia al “megafono del materialismo, che apre possibilità abissali di male”.
Il pessimismo è sempre alla porta.
Non è mai un bene condividere truci visioni del futuro, anche l’Esteban Werfell della letteratura entrava in chiesa per cantare i salmi pur non avendo fede, ma analizzava la realtà con gli occhi di un adolescente, e l’arguzia di Joseba Irazu – un grande romanziere. Ecco perché essere al servizio di un mondo più giusto deve partire dalla coscienza dei media, ma nel contempo dalla gente comune, di cui la società è formata. Il mondo siamo noi.