Macroeconomia e Batoste in Rosa

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Le sonore legnate incassate dai mercati azionari nelle ultime settimane sono ormai senza quartiere. 

Lo stallo degli affari è preoccupante, la debolezza congiunturale di aziende e titoli è pressoché globale, e se gli abili bottegai hanno sempre dipinto un roseo futuro sulla tela per vendere meglio il loro prodotto, oggi contano più giacenze che fondi cassa. Negli USA è crollato perfino l’indice ISM, ossia il grado di ottimismo dei managers addetti agli acquisti – un valore che non scendeva tanto da cinque anni a questa parte. Il tasso di disoccupazione è in crescita, il settore Lavoro è fragile come la cristalleria della nonna. Aggiungiamo il caro mutui, l’ascesa del petrolio da cortigiano a principe, e non avremo di che festeggiare. Come scongiurare l’avanzata del grigio? I massimi esperti del settore consigliano di lavorare sulla pubblicità, perché le imprese che non tagliano i fondi destinati alla promozione sono quelle che hanno la vista più acuta. Tali spese sono da considerarsi costi di produzione, anche quando assottigliano il contenuto del portafogli. Intanto cellulari, prestiti e computer, elettrodomestici e hamburgers prendono possesso dello scontrino made in Italy. Paradossalmente, da noi il superfluo trionfa sulla necessità, perché bisogna essere trendy, filtrare la realtà attraverso un display, un LCD, uno scatto esotico e invidiabile. Nel mentre calano carni, zucchero, pane, cereali, e affonda la fiducia nell’italian economy. I consumi perdono in quantità, e ciò che prima era urgente, ora è vitale: ridurre spesa pubblica e pressione fiscale, ridare inerzia alla circolazione del denaro. Già, perché il reddito medio non cresce da sedici anni, il potere d’acquisto tende a meno infinito, e solo pochi eletti possono permettersi il lusso di non badare alla Recessione. Una parola di cui anche l’eco fa paura. La ricchezza che non si accumula, che non si brucia a Piazza Affari, è tutta merito del ménage quotidiano dei quattro milioni di stranieri presenti sul territorio. Impiegano ogni risorsa per mantenere il nucleo familiare, e fanno girare il complesso meccanismo del nostro Presente. Non hanno il tempo per badare alle fole di Palazzo Chigi, conoscono di striscio il nome del Ministro delle Finanze, non partecipano a molte schermaglie sindacali, né sottoscrivono invettive di casta: l’euro li mette con le spalle al muro. L’incremento dei prezzi è un artifizio speculativo dei furbi consueti, a cui la BCE potrebbe fare una sgradita sorpresa lasciando i tassi invariati: privato di ossigeno, il mercato andrebbe incontro all’eutanasia. Il virus dell’inflazione, ormai, ha raggiunto il 2,8% ed è ipocrita compararlo a quello europeo, superiore di 3 punti decimali, poiché le buste paga sono ovunque più pesanti. La Confcommercio stima che quest’anno la spesa degli italiani avrà un incremento risibile, poco sopra l’un per cento, con una classifica così ripartita: il 30% per la casa, il 24 per gli alimenti, il 19 in cure personali, il 16 per telefonia e mezzi pubblici, la restante parte fra hobby e svaghi.

Che i mediocri rappresentanti istituzionali si mettano al lavoro: c’è molto da fare per regalare ai cittadini piccoli-grandi sollievi, iniezioni (gratuite e indolori) di fiducia.