Correva l’anno 1945- L’Italia è un paese da rifare. la storia politica del dopo guerra

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 Nel 1945 finisce, dopo sei anni di distruzione dal settembre 1939, la Seconda guerra mondiale. Sono 57, circa, i milioni di vittime, per la maggior parte civili, e 35 milioni i feriti..   

Sconvolto socialmente e con strutture e città distrutte, il vecchio continente deve essere ricostruito fra le contrapposizioni degli Alleati occidentali, USA, Francia e Inghilterra, da una parte, e l’URSS, dall’altra.
La Germania, dal maggio 1949, viene suddivisa in due stati, la Repubblica federale tedesca, sotto il controllo dei regimi democratici, ad ovest, e la Repubblica democratica tedesca, sottoposta al controllo  comunista, ad est, rispecchiando la spartizione politica, ideologica, militare ed economica fra i paesi dell’Europa occidentale, a regime democratico e controllati dagli Stati Uniti, e quelli dell’Europa orientale, a regime comunista e controllati dall’URSS di Stalin. La stessa Berlino, già “spartita”, dal 1961, per impedire il passaggio della popolazione nella parte “occidentale” della città, viene spaccata da un muro.
Conseguentemente, anche il mondo si divide in due blocchi, ufficializzati internazionalmente dalla nascita della NATO, organizzazione internazionale con una propria potenza militare, cui aderiscono, inizialmente, Stati Uniti, Canada, Francia, Gran Bretagna, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Norvegia, Danimarca, Islanda, Portogallo e Italia,  nell’aprile 1949, e dal Patto di Varsavia, attraverso cui l’URSS stringe un’alleanza militare con i paesi che aveva subordinato a sé, nel 1955.
Questa divisione da vita al fenomeno del bipolarismo, alimentato dalla fiamma della paura per il possibile scoppio di una guerra atomica, in quel conflitto di tensione, mai combattuto direttamente fra le due superpotenze, conosciuto con il nome di guerra fredda e protrattosi, nelle sue fasi iniziali, fino almeno al 1958, con l’ascesa di Kruscev al governo russo (Stalin muore nel 1953), e al 1959, con l’incontro di Camp David, fra Eisenhower e lo stesso Kruscev, dove si pongono le basi per un possibile disgelo fra USA e URSS. Da quel momento la divisione mondiale conosce fasi alterne, anche intervallate dall’apparizione, nel 1955 nel panorama internazionale, dei “paesi non allineati”, fino al 1989-90, con la caduta dell’URSS e delle “democrazie popolari” dell’Europa dell’Est.
L’Italia, assorbita nel blocco occidentale, esce dal conflitto mondiale come un paese perdente e il 2 giugno del 1946, attraverso un referendum in cui votano 25 milioni di persone, e per la prima volta le donne, passa dalla monarchia alla repubblica. Il 18 giugno viene affermata ufficialmente la proclamazione della Repubblica, una “prima Repubblica” che nel suo assetto politico post-bellico dura fino al 1993.
Il 18 aprile del 1948 si svolgono le prime elezioni repubblicane. Dopo un ventennio di dittatura e in seguito all’orrore della guerra in casa, la popolazione partecipa in massa alle elezioni, 92,3% degli aventi diritto, e la Democrazia Cristiana vince con il 48,5% di preferenze, mentre i maggiori partiti di sinistra, socialisti e comunisti, insieme arrivano solo al 31%. L’inizio della guerra fredda aggrava le divergenze fra le forze moderate e la Sinistra riformista e da quel momento in poi le sinistre non riescono a colmare il divario con la DC, che, con le parole del direttore del Corriere Paolo Mieli, diventa “il partito architrave nel sistema politico del dopoguerra”. In questo modo socialisti e comunisti non partecipano alle coalizioni di Governo fino al 1963. I democratici, invece, creano alleanze con i vari partiti liberali e laici non comunisti, e governano il paese legandolo maggiormente all’area anglo-americana.
 Una parte importante della nostra penisola è stata bombardata. Anche oggi, attraverso la visione dei filmati dell’istituto Luce o dei film del cinema neorealista, come Ladri di Biciclette di Vittorio De Sica, si può avere un’idea di come fossero le città italiane nel dopoguerra, per citarne una Genova.
Ma per riportare qualche dato occorre sapere che dopo il 25 aprile 1945, nella nostra penisola ci sono 2.000.000 di case distrutte (in alcuni testi si trovano dati che registrano il milione di alloggi), la produzione è ridotta del 60% rispetto a quella del 1938, il sistema dei trasporti è in gran parte distrutto, la rete ferroviaria è in rovina per circa un quarto del suo percorso e danneggiata nei ponti e nelle gallerie, circa il 20% delle industrie sono distrutte e le rimanenti sono, per lo più, convertite alla produzione di guerra.
L’economia deve ripartire, così il primo ministro De Gasperi, in seguito al viaggio negli Stati Uniti nel gennaio del 1947, avendo informazioni più dettagliate sulla politica americana, inserisce l’Italia nel gruppo dei paesi che accedono al piano americano di ricostruzione europea, denominato piano Marshall. Attraverso questo piano, chiamato così dal nome del segretario americano George Marshall, lo stesso che il 20 marzo 1948 annuncia che gli aiuti economici americani all’Italia sarebbero cessati se alle elezioni del 1948 avessero vinto le sinistre, con “le navi e i treni dell’amicizia” arrivano nel nostro paese convogli di grano, carbone, viveri e medicinali, destinando l’11% delle ripartizioni totali alla stessa Italia. Il 31  maggio 1947 i comunisti e i socialisti escono dal Governo, il quarto presieduto da De Gasperi, e nel convegno internazionale dei sindacati che vogliono aderire al piano Marshall, a Londra il 9 marzo 1948, i comunisti della CGIL, dichiarando di essere contrari al piano, non partecipano, segnando la definitiva rottura con la DC.
Dopo la guida di De Gasperi, primo ministro dal dicembre del 1945 fino al 1953, la democrazia cristiana continua nella sua linea governativa, ma in modo meno stabile, per quasi un decennio, basando il governo sempre sul centrismo. La politica italiana è legata alle vicende internazionali e il PCI, pur non riuscendo a governare, è comunque il maggiore partito comunista dell’occidente.
Nel 1963 i socialisti, slegati dall’alleanza con i comunisti, entrano nel Governo. Nella DC si affermano personalità più aperte verso una politica riformista e sul seggio papale siede Giovanni XXIII, che con le encicliche Mater et magister, del 1961, e Pacem in terris, del 1963, apre una stagione religiosa dalle visioni sociali più distese. Ma anche altri aspetti influenzano l’andamento del paese e dopo gli anni del miracolo economico, 1958-63, si conoscono anche gli anni di una nuova crisi economica, degli attentati (gli anni di piombo, 1969-1982) e delle cospirazioni.


Il 12 dicembre 1969 una bomba esplode nella sede della banca internazionale dell’agricoltura in piazza Fontana a Milano. Ancora oggi non si sono bene individuati i colpevoli e alcuni indicano personaggi legati all’estrema destra, da cui deriva quel terrorismo nero che si propone d’indebolire lo stato favorendo un governo autoritario che possa opporsi alla protesta operaia e studentesca generata dal ’68. Per paura di un colpo di stato, dagli estremisti degli schieramenti di sinistra nascono i gruppi armati rivoluzionari delle Brigate rosse.
Tra le contestazioni studentesche e gli anni del terrorismo, a conferma dell’influenza con le vicende internazionali, in Italia si sviluppa una nuova crisi economica dovuta alla guerra del 1973 tra arabi e israeliani. Infatti, in seguito al conflitto, i paesi arabi diminuiscono le esportazioni di petrolio, causandone l’aumento del prezzo e, conseguentemente, creando un aumento dell’inflazione, un calo della produzione industriale e un aumento della disoccupazione in molti paesi occidentali.
Nell’Italia, strategicamente importante, geograficamente e socialmente, nel gruppo dei paesi democratici, il disgelo della guerra fredda, le rinnovate tendenze politiche, l’ascesa al soglio pontificio di un papa innovatore, il moto di contestazione del 1968, il terrorismo e la nuova crisi economica, insieme all’incapacità del governo nell’affrontare la situazione, favoriscono la crescita del maggiore partito di opposizione, il PCI, che contemporaneamente si allontana dalle linee dell’URSS e chiede un’alleanza tra socialisti, cattolici e comunisti, “compromesso storico”, per formare governi di solidarietà nazionale. 
Proprio in un’intervista al quotidiano Repubblica del 15 giugno di quell’anno, assicurando che in caso di vittoria l’Italia non avrebbe lasciato il blocco dei paesi occidentali, Enrico Berlinguer “afferma di sentirsi più al sicuro sotto l’ombrello della Nato, nel cui ambito il PCI potrà realizzare una nuova forma di socialismo, libero e democratico”. Alle elezioni del 20 e 21 giugno 1976, la DC e il PCI arrivano, insieme al 70% dei voti, con il 38,7% alla prima e il 34,4% al secondo.
Così si scopre che il terrorismo non è la sola paura forte che serpeggia in quegli anni. I cambiamenti e le “rivoluzioni politiche” spaventano numerose persone, anche personaggi importanti, e spesso filtrano notizie riguardanti veri o presunti colpi di stato. Con  il tempo che scorre alcune informazioni si perdono ma altre riemergono, svelando interessanti scenari che aiutano a comprendere complessi processi storici, spiegabili non solo in chiave nazionale.
Passano trent’anni. il 13 gennaio corrente anno, sul quotidiano online Repubblica.it, con un pezzo dal taglio investigativo, un vero e proprio tipo di giornalismo che ormai si vede sempre meno, il giornalista Filippo Ceccarelli fornisce informazioni documentate riguardanti la progettazione di un colpo di Stato in Italia, nello specifico per il dopo elezioni del 1976. La documentazione è possibile grazie alla visione delle carte di Stato inglesi, documenti del primo ministro e del ministro degli esteri e relativa corrispondenza con personalità politiche del panorama internazionale, che una norma, l’equivalente della legge italiana n°124 del 3 agosto 07, libera dal segreto dopo un periodo di trent’anni.


Come riportato su Repubblica.it, proprio in un documento del 6 maggio 1976, del ministero degli esteri inglese, viene analizzata la possibilità di un appoggio britannico per un colpo di Stato in Italia, nel caso in cui alle elezioni del 1976 vinca il PCI. Continuando, nell’inchiesta di Ceccarelli, in riferimento a una lettera del Segretario di Stato americano Kissinger, traspare una paura forte delle potenze occidentali nei confronti dei comunisti, soprattutto per il timore che uno stato occidentale possa essere governato da un partito comunista, che avrebbe creato un avvicinamento con l’URSS e uno squilibrio internazionale. Quindi gli inglesi, nel 1976, studiano delle strategie per impedire la vittoria del PCI alle elezioni e valutano dei provvedimenti nel caso in cui questo vada al Governo, quali l’appoggio esterno a un colpo di Stato o l’espulsione dell’Italia dalla NATO. Nel 1976 il PCI si posiziona come secondo partito nazionale. Il colpo di Stato non avviene, l’Italia rimane nella NATO e gl’italiani sono all’oscuro dei pensieri dei “grandi” dei paesi occidentali. Il dialogo tra la DC e il PCI può proseguire, ma nel 1978 viene sequestrato e ucciso uno dei maggiori protagonisti, Aldo Moro. La colpa ricade su un gruppo armato delle Brigate rosse, ma persistono numerosi punti oscuri e dubbi con informazioni parziali che coinvolgono anche numerosi uomini politici.


Col tempo, la pubblicazione di altri documenti di Stato permetterà la ricostruzione di numerose vicende purtroppo poco chiare e se dovesse passare una recente proposta di legge, che permette la rivelazione dei documenti di Stato dopo un tempo massimo di dieci anni, nel nostro paese potremmo conoscere prima dinamiche politiche nazionali e non, forse creando un maggiore senso di giustizia. Lo studio storico che riguarda il dopoguerra è ancora ben lontano dall’essere terminato