La Commissione ha inviato all’Italia un ultimo richiamo scritto sulla cronica crisi dei rifiuti che colpisce Napoli e il resto della Regione Campania. A partire dalla vigilia di Natale migliaia di tonnellate di rifiuti si sono ammucchiate per le strade della Campania perché le discariche sono piene. A causa della situazione gli abitanti inviperiti hanno dato fuoco ai mucchi di rifiuti accatastati per le strade. I rifiuti non raccolti e i roghi rappresentano una grave minaccia per la salute e per l’ambiente, a causa della propagazione di malattie e dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo. Anche se l’Italia ha già adottato alcuni provvedimenti per affrontare l’emergenza rifiuti nella regione, l’ultimo richiamo significa che l’Italia sarà deferita alla Corte di giustizia delle Comunità europee se non provvederà rapidamente a conformare i predetti provvedimenti alla normativa UE in materia. Tenuto conto dell’urgenza e della gravità della situazione, invece dei due mesi abituali, la Commissione ha dato un mese di tempo all’Italia per rispondere.
Al riguardo il commissario per l’ambiente Stavros Dimas ha dichiarato: "La situazione in Campania è intollerabile. Comprendo perfettamente la frustrazione degli abitanti che temono per la loro salute. È essenziale che le autorità italiane adottino provvedimenti non solo per risolvere l’emergenza in corso, come stanno già facendo, ma anche per creare l’infrastruttura di gestione dei rifiuti necessaria per una soluzione duratura ai problemi, che perdurano ormai da più di un decennio. La Commissione proseguirà la sua azione giudiziaria e, se necessario, si varrà dei suoi poteri per imporre ammende, fino a quando in Campania non verranno rispettate le norme UE in materia di gestione dei rifiuti che l’Italia e tutti gli Stati membri si sono impegnati a rispettare."
Prima lettera di richiamo
La Commissione aveva inviato all’Italia una prima lettera di richiamo ("lettera di messa in mora") in merito alla situazione in Campania nel mese di giugno dell’anno scorso (cfr. IP/07/935). Il provvedimento era stato adottato dopo che nella primavera del 2007 i rifiuti non erano stati raccolti nella regione per un certo periodo di tempo determinando la chiusura delle scuole per motivi di salute e spingendo gli abitanti a dare fuoco ai sacchi di rifiuti accumulatisi per le strade.
Il governo italiano ha reagito adottando un decreto legge che prevede misure di emergenza per la regione, tra cui l’apertura di quattro nuove discariche. Tuttavia, la Commissione ha concluso che il decreto legge offre solo una soluzione parziale. In particolare, il decreto non prevede un approccio sistematico e a lungo termine alla soluzione di una crisi imputabile all’incapacità sistematica delle autorità italiane di creare una rete adeguata di impianti di smaltimento dei rifiuti in Campania.
Per questo motivo nella prima lettera di richiamo la Commissione ha ritenuto che l’Italia non abbia rispettato i suoi obblighi ai sensi della direttiva quadro UE sui rifiuti in quanto non ha creato una rete adeguata di impianti di smaltimento in grado di assicurare un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute pubblica nella regione. Lacune nel sistema di gestione dei rifiuti della Campania si riscontrano a livello di raccolta dei rifiuti urbani e nella lotta allo smaltimento illegale, anche nelle aree urbane.
La direttiva impone agli Stati membri di prendere tutte le misure necessarie per impedire che i rifiuti vengano abbandonati, riversati o smaltiti in modo incontrollato. Le autorità nazionali devono anche accertarsi che i rifiuti vengano recuperati o smaltiti senza creare pericoli per la salute o danno all’ambiente. Inoltre devono essere prese tutte le misure necessarie per creare una rete adeguata di impianti di smaltimento, capaci di assicurare un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana.
Ulteriore lettera di richiamo
Alla luce della risposta dell’Italia alla prima lettera e delle riunioni con le autorità italiane, tra cui una visita in Campania di funzionari della Direzione generale dell’Ambiente per verificare la situazione in loco, la Commissione ha concluso che le autorità italiane devono adottare misure supplementari. Nell’ottobre scorso la Commissione ha inviato all’Italia un’ulteriore lettera di messa in mora in cui, in aggiunta alle carenze già segnalate, si sottolineava anche la mancanza in Campania del piano di gestione dei rifiuti previsto dalla direttiva. Il piano di gestione dei rifiuti della regione è stato adottato più di dieci anni fa, ma mai correttamente applicato.
Ultima lettera di richiamo
Visto il persistere e l’apparente acuirsi dell’emergenza rifiuti esplosa in Campania nelle ultime settimane, la Commissione ritiene che le autorità italiane debbano intensificare gli sforzi sia per risolvere la crisi in corso che per trovare una soluzione a lungo termine ai problemi strutturali dovuti all’inadeguatezza dell’infrastruttura regionale di smaltimento dei rifiuti.
I nuovi provvedimenti d’urgenza contenuti nell’ordinanza adottata dal governo italiano l’11 gennaio 2008 dovrebbero consentire di migliorare la situazione nel breve termine, ma non offrono una soluzione a lungo termine per assicurare una gestione di rifiuti in Campania conforme alla normativa UE. Tenuto conto dei gravi problemi che il persistere della crisi potrebbe causare alla salute umana e all’ambiente, pur salutando gli sforzi delle autorità italiane per risolvere la crisi, la Commissione si vede costretta a proseguire il procedimento di infrazione inviando all’Italia l’ultimo richiamo scritto.
Iter procedurale
L’articolo 226 del trattato conferisce alla Commissione la facoltà di procedere nei confronti di uno Stato membro che non adempie ai propri obblighi.
Se constata che la disciplina comunitaria è stata violata e che sussistono i presupposti per iniziare un procedimento di infrazione, la Commissione trasmette allo Stato membro in questione una diffida o lettera di "costituzione in mora" (prima fase del procedimento), in cui intima alle autorità del paese interessato di presentare le proprie osservazioni entro un termine stabilito, solitamente fissato a due mesi.
Sulla scorta della risposta o in assenza di una risposta dallo Stato membro in questione, la Commissione può decidere di trasmettere allo Stato un "parere motivato" (seconda fase del procedimento) in cui illustra in modo chiaro e univoco i motivi per cui ritiene che sussista una violazione del diritto comunitario e lo sollecita a conformarsi entro un determinato termine (di solito due mesi).
Se lo Stato membro non si conforma al parere motivato, la Commissione può decidere di adire la Corte di giustizia delle Comunità europee. Se la Corte di giustizia accerta che il trattato è stato violato, lo Stato membro inadempiente è tenuto ad adottare i provvedimenti necessari per conformarsi al diritto comunitario.
L’articolo 228 del trattato conferisce alla Commissione la facoltà di procedere nei confronti di uno Stato membro che non si sia conformato ad una precedente sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee. A norma dell’articolo 228, la Commissione può chiedere alla Corte di infliggere sanzioni pecuniarie allo Stato membro interessato.