La Ricchezza Improduttiva

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Lo sconcio ministeriale in fatto di pensioni non si limita più a mostrare come i lavoratori iposviluppati siano scaltri solo a fine mese.

Il rendiconto, si sa, aguzza l’ingegno meglio della Settimana Enigmistica. L’anno nuovo, iniziato fra ripicche e inadempienze, non ha risolto i problemi di quello vecchio, anzi. A nulla sono servite le mobilitazioni e le insurrezioni di piazza: compiti e responsabilità verso i pensionati sono rimasti prigionieri del silenzio. Il protogoverno, fra una caduta e una chiamata alle urne, sarà sollevato dalla questione almeno finché non cercherà l’appoggio degli anziani in campagna elettorale. Fioccheranno le promesse e la grandeure dei biasciconi, ma la mente andrà a quel 35% di taglio netto sul valore degli assegni intercorso da quindici anni a questa parte. Allora fu il governo Amato a vibrare il fendente, oggi è la cosmicomica globale. Le belle parole dei ministri non bastano a dare ossigeno alle tasche di chi, col proprio lavoro, gliene ha dato uno sulle poltrone del potere, e le risorse delle casse pubbliche si (dis)perdono in un labirinto di emolumenti, rimborsi, indennità e contributi al partito & chi ne fa le veci. È ricchezza che non produce a sua volta benessere, ma inginocchia ulteriormente l’economia di uno Stato. I sindacati gonfiano il petto e acconsentono ogni stangata, portando la croce troppo verbosa dei difensori dei deboli. Realtà storiche a confronto, dov’erano quando il decreto Damiano del dieci dicembre scorso fingeva di restituire valore al sudore versato in una vita da milioni di contribuenti? Dov’erano, quando la famigerata quattordicesima elargita in un (sospetto) impeto caritatevole delle forze politiche entrava nelle buste per uscirne in tempo reale, grazie a sovraimposte regionali e comunali? Buona parte del mondo è cambiato da che i dirigenti di Botteghe Oscure erano braccianti e partigiani, reduci di guerra o dal confino; se il comunismo e l’assistenzialismo erano alibi, la società dei bisogni non lo è mai stata. Continuiamo allora a combattere per l’era degli artisti, della cultura e degli onesti, perché siamo un popolo – nonostante tutto – capace di far lacrimare le madonnine e sperare nei miracoli.