Bullismo ed iperattività: maggior rischio “bulli” per i bambini Adhd?

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Le agenzia stampa italiane hanno rilanciato ieri la notizia di una ricerca dell’Università di Uppsala in Svezia, secondo la quale, esaminato un campione di 57 bambini, risulterebbe che coloro tra essi che sono classificati "Adhd" (la sindrome dei bambini troppo agitati e distratti) I bambini iperattivi sarebbero a più alto rischio di episodi di bullismo,
ma la ricerca svedese è contestata dal Comitato nazionale italiano per la
farmacovigilanza: "Questi sono fondi per la ricerca davvero sprecati: è una
discutibile strategia
di alcuni per accreditare l’idea che l’Adhd sia una malattia biologica – dice Luca
Poma, portavoce di Giù le Mani dai Bambini – affermazione non confermata
da alcuna prova scientifica certa".
Nonnis, neuropsichiatra infantile di Psichiatria Democratica:
"La ‘diversità’ non può essere di per se considerata una malattia, si cavalcano
dati già noti per validare l’Adhd come patologia, questo è davvero scorretto"

Le agenzia stampa italiane hanno rilanciato ieri la notizia di una ricerca
dell’Università di Uppsala in Svezia, secondo la quale, esaminato un campione di 577
bambini, risulterebbe che coloro tra essi che sono classificati "Adhd" (la sindrome
dei bambini troppo agitati e distratti) sarebbero a maggior rischio di bullismo. "Le
associazioni ‘affezionate’ ad anfetamine e psicofarmaci per bambini – dichiara Luca
Poma, portavoce del Comitato nazionale per la farmacovigilanza "Giù le Mani dai
Bambini" – sostenute dai medici che le affiancano, tutti nomi già noti, colgono ogni
occasione per riaffermare l’esistenza dell’Adhd come malattia biologica e
psichiatrica, quando invece questo problema può avere mille cause, dimostrate con
autorevoli ricerche scientifiche: dall’intolleranza a certi tipi di coloranti
(ricerca pubblicata su Lancet recentemente) all’eccesso di metalli pesanti nel
sangue, e molte altre. Inoltre è del tutto ovvio, direi banale, che un bambino
agitato, distratto, ‘diverso’ dai suoi compagni, è più a rischio di episodi di
bullismo, non serviva certo che ce lo confermasse l’Università di Uppsala, che forse
potrebbe spendere meglio i fondi che lo Stato gli destina per la ricerca
scientifica. E’ inoltre eticamente discutibile cavalcare l’onda dell’interesse dei
media per il bullismo al fine di tentare di riaffermare una strategia di
medicalizzazione del disagio dei minori che non rende davvero un buon servizio ai
minori". Enrico Nonnis, noto neuropsichiatra infantile di psichiatria democratica,
afferma: "Che un bambino con problemi relazionali sia a rischio di bullismo è
lapalissiano, ed il bimbo va certamente aiutato, ma ciò non significa che sia
‘malato’: l’Università di Uppsala si ‘dimentica’ infatti di dire che nessun
marcatore biologico è mai stato individuato per questo problema di comportamento
(l’iperattività, ndr). L’isolamento, la discriminazione ed il bullismo non si
vincono certamente con una pastiglia di psicofarmaco, come certi colleghi vorrebbero
fare intendere: la ‘diversità’ ed i problemi di relazione non possono essere
considerati sistematicamente una malattia".

Per info – portavoce@giulemanidaibambini.org