Le polemiche sulle foibe continuano

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"La conferma delle espressioni e delle qualificazioni usate dal presidente italiano l’anno scorso, non sono in accordo né con l’atmosfera nel quale si era svolto l’incontro tra i due capi di stato a Brno, né con l’idea di un’Europa unita, in pace e dinamica a cui il presidente Napolitano si richiama". L’ufficio della presidenza croata di Stipe Mesic ha risposto così al discorso pronunciato domenica dal presidente Giorgio Napolitano nella ‘Giornata del ricordo delle vittime delle foibe’, che aveva parlato di "reazioni inconsulte" giunte l’anno scorso dall’estero in seguito al suo intervento sulle foibe.
"L’ufficio della presidenza della repubblica di Croazia – si legge nel comunicato – è dell’opinione che non ci sia bisogno di aggiungere né di togliere una sola parola alla dichiarazione con la quale il presidente Mesic aveva reagito un anno fa alle parole del capo dello Stato italiano: i buoni rapporti con i Paesi vicini, il confronto con il passato in tutti i suoi aspetti e la piena parità nelle relazioni internazionali restano valori fondamentali della politica estera croata".
Dunque ancora strascichi di polemiche che manifestano in realtà due visioni differenti della storia della popolazione italiana giuliano-dalmata. L’attrito era nato lo scorso febbraio quando Napolitano aveva detto che il dramma del popolo italiano in terre jugoslave fu scatenato "da un moto di odio e furia sanguinaria" e aveva aggiunto che "un disegno annessionistico slavo" era prevalso nel Trattato di pace del 1947, e che quel disegno che portò alla cacciata della popolazione di origine italiana "assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica".
Mesic dapprima protestò con una nota ufficiale, parlando di "elementi di aperto razzismo, revisionismo storico e revanscismo politico", poi l’incidente sembrava chiuso definitivamente a maggio, quando Napolitano e Mesic s’incontrarono a Brno. La storia rimane quindi una pagine aperta.

In realtà il discorso di Napolitano, anche se ha ribadito quanto espresso lo scorso anno, appare ben più cauto e più ampiamente condivisibile rispetto alle pesanti considerazioni rivolte l’anno scorso ai popoli slavi vicini.
Questa volta Napolitano ha attaccato "gli opposti totalitarismi", i nazionalismi, "la gretta visione particolare", "l’acritica esaltazione della propria identità etnica" e il "disprezzo dell’altro", colpevoli, a detta del presidente, di aver "fatto precipitare il nostro continente nella barbarie della guerra". Quindi, implicitamente, anche il nazionalismo italiano, che, con il fascismo, fu indubbiamente tra i protagonisti e i maggiori responsabili della grande tragedia di allora. Soprattutto è stata evitata l’espressione “pulizia etnica” per nulla gradita a Mesic lo scorso anno.
Io più volte sui giornali, in Parlamento e altrove – ha detto invece a News ITALIA PRESS Furio Radin, Presidente dell’Unione Italiana e parlamentare croato che rappresenta la comunità italiana- ho parlato espressamente di pulizia etnica e penso che questo sia ormai un dato inconfutabile come conferma l’intervista rilasciata dal braccio destro di Tito, Gilas, che afferma di essere stato mandato con l’obiettivo di scacciare gli Italiani, insieme ad un comandante comunista sloveno, dai territori in questione”.
Il punto di partenza di una conciliazione non deve essere la rinuncia alla verità: “Per quanto riguarda i tre presidenti penso che dovrebbero partire prima di tutto dall’ammissione di quelle che sono le responsabilità del proprio Paese, visto che gli eccidi sono stati compiuti anche dai tedeschi con la complicità degli italiani i quali si sono macchiati di azioni deplorevoli. Solo ammettendo le proprie colpe si può istaurare un dialogo ed è quello che i tre presidenti dovrebbero fare prima di accusarsi a vicenda”, ha continuato Radin. 

La mancanza di una visione comune sembra rendere difficile però sia un chiarimento definitivo che quelle che dovrebbero essere legittime manifestazioni di ricordo delle proprie tragedie: “per me la tragedia degli esuli – ha continuato Radin – non è meno importante di quella di coloro che sono rimasti, i quali sono stati marginalizzati ed hanno dovuto affrontare grandi difficoltà”.
E questa è naturalmente una questione che non coinvolge solo la Croazia e l’Italia, ma anche la Slovenia. Oggi il presidente sloveno Danilo Turk ha rilasciato una dichiarazione distensiva nei confronti delle dichiarazioni di Napolitano, apprezzandone il senso generale, “anche se sarebbe stato più convincente con un esplicito riferimento al fascismo".
Il giorno del ricordo è un evento seguito anche in Croazia e Slovenia, e l’attenzione pare essere alta anche e soprattutto per le vicende dello scorso anno. “Quest’anno c’è stata ancora più attenzione – ha detto a News ITALIA PRESS Franko Dota, giornalista e storico croato di origine italiana – ma non orientata nella giusta direzione: i media e i commentatori si concentrano prevalentemente sulle reazioni dei politici e dei dirigenti italiani, ma non parlano del problema storico, non si ricordano le vittime”. Rimane quindi la questione storica e come essa viene affrontata nei tre diversi paesi. “In Italia vi è una tendenza verso la de-contestualizzazione della vicenda e una sua strumentalizzazione e politicizzazione, in Croazia e in qualche misura anche in Slovenia vi è invece un processo contrario di relativizzazione delle vicende, non solo nei media ma anche nei lavori storici. I prodotti storiografici non sono ancora puliti di questi elementi, ci vorrebbe un processo più maturo di storicizzazione degli eventi. Tutto ciò non permette una vera conciliazione: il fatto che in italia sia così politicizzata la vicenda alla fine diviene un danno anche per la comunità italiana stessa. Sono convinto che con un diverso approccio anche da queste parti se ne parlerebbe maggiormente e nella maniera più corretta delle foibe.”
Furio Radin ha ribadito le che la soluzione potrebbe essere quella di un incontro chiarificatorio: “E’ da tempo che auspico un incontro dei tre presidenti , italiano, croato sloveno, per rendere onore alle vittime, a tutte, da quelle della 2° guerra mondiale a quelle avvenute in seguito e per iniziare a guardare verso il futuro. Continuo ad affermare che il dialogo è l’unica via d’uscita”. Una soluzione che secondo Dota “
sarebbe inutile per ora. Questa idea Radin ce l’ha da anni. Era stata appoggiata da Ciampi e anche Slovenia e Croazia si erano rese disponibili, ma senza un lavoro culturale precedente rimarrebbe inutile. Il peso politico nella vicenda è ancora troppo grosso e le tre classi dirigenti non mi sembrano affatto pronte”.
A conferma che le polemiche non mancano e che la via verso il dialogo è ancora ardua, vi sono state oggi le dure dichiarazioni dei rappresentanti della comunità italiana. L’atteggiamento croato ancora una volta poi non è stato affatto gradito dalle associazioni della comunità italiana. “Le parole di Mesic sono quest’anno ancora più incomprensibili dell’anno scorso. È come se non avesse voluto cogliere gli inviti alla conciliazione contenuti nei messaggi del Presidente della Repubblica e del Vicepresidente del Consiglio Rutelli, nonché nel moderatissimo intervento del rappresentante degli Esuli giuliano-dalmati al Quirinale". E’ quanto ha affermato in queste ore Lucio Toth dalla Presidenza dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. E la politica prende la palla al balzo. “E’ vergognoso, ancora una volta, il comportamento tenuto le autorità della ex Jugoslavia nei confronti dei nostri esuli e dei loro discendenti in occasione dei viaggi della ‘memoria’ e in ogni altra ricorrenza in cui ricordino o rivendichino i loro giusti diritti per natali o per proprietà illegalmente sottratte, durante una delle pagine più vergognose della storia d’Italia, nel secondo dopoguerra".
E’ la denuncia fatta oggi dal Segretario della Fiamma Tricolore Luca Romagnoli, parlamentare europeo, che propone una mozione di censura tramite un’interrogazione al Parlamento Europeo, riferendosi a quanto accaduto domenica scorsa contro gli esuli guidati dal presidente dell’Unione degli Istiani Massimiliano Lacota che erano diretti a Roditti e Caposistria per deporre una corona commemorativa, e sono stati bloccati e multati dalla polizia slovena di frontiera, "intimiditi e infine rispediti in Patria".