The Italian Job

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Quelli che la retorica e gli articoli caustici non li amano affatto, e allora è meglio voltare pagina, anche a costo di andare in pasto alle stesse gole di sempre.

Meglio fare domani quel che potremmo fare oggi, “perché è sicuro, vedrete, troveranno una soluzione migliore”, e intanto l’Europa ci sanziona, la CNN ci spernacchia fra tesoretti che svaniscono e il rudo-rock su U-Tube, perché noi siamo quelli così. Sistemiamo le cose, i sogni e  l’avvenire con la filosofia nazionalpopolare che ci lega alle teorie assistenzialiste e alla stasi: l’importante è che ci si guadagni, e che non sia colpa di nessuno. Guai ad alzare troppo il volume alla verità, che cantare strofe di demenziale arguzia consegna alla memoria come eroi dalle tasche piene solo di stracci e di idee. Salvo eccezioni, incidenti di percorso, geniali poeti metropolitani, destinati a scrivere la storia di quelli che sanno dove potrebbero andare, ma costa fatica arrivarci; quelli che la politica son le stesse facce di sempre, ma basta che mi diano la pensione; quelli che è un bravo figliolo, anche se gira col machete in auto e stermina i vicini perché fanno rumore. Quelli che… era solo una canzone, per giunta del Settantacinque; quelli che Rialzati Italia, anche se ti offro candidati-padroni e filofascisti; quelli che “non pensare a quale partito”, e allora perché dovrei pensare al tuo? Quelli lì.

Quelli che il calcio è Moggi e la SNAI, che se vinci all’ultimo minuto e su rigore inesistente godi il triplo; quelli che la Juve è colpevole e deve scontare la vendetta, pure se tutta la Serie A era d’accordo; quelli che toglimi casa, macchina e Breil, ma non farmi sbattere troppo; quelli che si sposano per divorzio e mantenimento; quelli che al quiz ci vanno solo loro, e scusate la povertà; quelli che viva il Grande Fratello anche se è figlio unico.

Quelli che la TV non la guardano ma sanno a memoria le misure delle veline, il palinsesto del giorno e la trama dei serial spazzatura; quelli che come noi non li fanno più, che gli hanno buttato via lo stampo, che sono nati in un’epoca sbagliata; quelli che la frase fatta è perfetta, e risolve ogni cosa senza consumare il cervello; quelli che Sanremo è Sanremo solo se la musica è altrove; quelli che l’arte moderna è bella se non la capisce neanche l’autore, ma basta avere un mare di soldi per comprarsi uno spazio d’onore nella critica. Quelli così.

Quelli che la messa a Natale, il digiuno a Pasqua e il fioretto con l’amante; quelli che con le maghe e l’acqua zuccherata ci curano il malocchio, il cancro e la leucemia; quelli che la serva e lo schiavo sono amorali, ma il chierichetto fa bella figura, e alla badante non sanno rinunciare; quelli che la Bibbia è il bollettino finanziario, e con la gloria non compri le bistecche; quelli che mors tua vita mea, però fanno volontariato una volta l’anno e in fondo in fondo sono animalisti; quelli che sono vegetariani, ma l’insalata non patisce se la decapiti tre volte a stagione. Quelli che hanno sofferto solo loro e tu, tu no, non puoi capire; quelli che si raccomandano anche al panettiere, che negli uffici di lusso e nella pubblica nullafacenza sono tutti parenti; quelli che Garlasco, Erba e Gravina sono l’anticamera dell’inferno; quelli che vanno in missione umanitaria armati fino ai denti, in nome della pace e della fratellanza. Quelli che torturano, eppure è un lavoro come un altro.

Quelli che la camorra e la ‘ndrangheta, ma non si può alzare la voce; quelli che per fermare la giustizia fanno saltare una autostrada, che asfaltano quattro persone e non mettono piede in galera, che accusati ingiustamente vendono la casa per pagare gli avvocati; quelli che evviva gli ultimi finché i primi sono imprendibili. Quelli che a Ceppaloni e nei superattici di Roma ladrona fanno zerbini e proclami, quelli che cantano povertà ma perdiana, “al viaggio alle Hawaii non ci rinuncio”; quelli che comprano al mercato una dignità, gli stivali firmati e la patente da vip; quelli che quand’è buio non bisogna uscire per strada, ché ladri e assassini sono pronti in agguato; quelli che l’auto inquina ma l’edicola è distante e duecento metri a piedi sono un cifrone. Quelli che gli zingari no, i romeni neanche, i cinesi nemmeno, i nordafricani neppure; che le carrette del mare le affonderebbero, perché i coltelli e la fame qui non li vogliamo, ma i conquistadores sono sui libri di storia. Quelli che son belli soltanto loro, che sono sempre nel giusto, che ammettono i propri errori ma alla fine hanno la scusa buona per ogni evenienza; quelli che sanno sempre cosa fanno ma non il perché; quelli che vogliono un figlio senza compagno; quelli che l’apparenza è tutto, che il sindaco non l’hanno eletto, e il voto al malgoverno non l’hanno dato mai.