L’ora delle cifre è scattata, da Punta Raisi a Malpensa c’è più corrente che nella galleria del vento.
Il piano di Air France taglierà duemilacentoventi dipendenti di Alitalia, confermando così le funeste aspettative già annunciate, che nel tempo non sono andate modificandosi – come speravano in molti – neppure di un millimetro. La compagnia di bandiera francese ha spedito un documento ai sindacati dove sintetizza in dettaglio 507 esuberi fra i piloti, 594 fra gli assistenti di volo, 121 dipendenti all’estero e 398 membri del personale di terra. Spinetta, presidente di Air France, giura che non poteva spingersi oltre senza rimettere in discussione le fondamenta del loro progetto, ma l’ANPAC, per bocca di Fabio Berti, risponde che il programma presentato è intollerabile, almeno per quanto riguarda la categoria piloti. Ne “salterebbero” (senza paracadute) oltre un terzo, e la famosa promessa di transitarne 180 nell’organico transalpino sarebbe una bufala (alla diossina?) per ognuno di essi. Verrebbero cassintegrati in anticipo, le ore di volo azzerate, e riassunti dopo nuove selezioni. Inoltre, l’intera attività Cargo sarebbe smembrata, liquidata senza scuse né pensione entro il 2010.
Montale diceva di amare i buoni, ma di non sapere dove trovarli; in questa vicenda ormai politica possiamo trovarne pochi, forse nessuno. E chi predica bene, di solito, razzola male, proprio come il grande poeta, che si faceva scrivere le recensioni per il Corriere da Henry Furst, e poi le firmava. Qui, ogni sindacato dice la sua, cura il rigagnolo pecuniario che giunge al suo mulino, e gli investitori si allontanano. Mediobanca, indicata fra gli interessati, ha fatto sapere tramite un portavoce di non avere allo studio nessuna cordata; i gruppi Ligresti, Benetton ed Eni, accreditati anch’essi da indiscrezioni, non hanno voluto rilasciare commenti. Supposizioni giornalistiche o finti decolli? Per evitare disastri, scenda in campo chi ha brevetto e princìpi; gli altri, restino allo scalo.