La truffa corre sul filo, o meglio, sull’auricolare, sulla “soffiata”, sul passaparola.
E lo studio, quest’attività misteriosa e da molti disprezzata (nel mondo del lavoro, d’altronde, parentele e conoscenze sono più efficaci), è una gara all’escamotage più ingegnoso. È noto come la cultura del copionismo, dello studiare il modo di non studiare, sia diffusa fin dalle scuole elementari, ma che negli atenei si esprimesse al top, è stupefacente. Si preferisce spendere qualche centinaio di euro per disporre di microauricolari e bluetooth, piuttosto che investire il tempo – senza prezzo – nello studio. Un business enorme, con alcuni punti oscuri e altri di fastidiosa evidenza. Ragazzi che noleggiano o vendono ai compagni i prodotti di aziende e privati che operano all’estero, e che reclutano proprio fra gli universitari il “personale” più affidabile. L’industria della copiatura è in espansione da quando la tecnologia ha sviluppato e messo in commercio penne con inchiostro visibile solo a luce Uv, incorporata nelle penne stesse; iPod ultracompatti, su cui memorizzare i compiti e le fotocopie rimpicciolite. E dove non arrivano gli strumenti, c’è il materiale umano. Il mese scorso un laureato, a Torino, già promosso all’esame di Economia Pubblica, si ripresenta ai tre appelli scritti passando soluzioni. A Bari, impiegati, professori e bidelli vendono questionari e relative soluzioni, e c’è chi giura di aver assistito a orali-farsa, dove l’esaminando racconta le vicende della giornata al docente, o si vanta di aver preso un gran voto inventando i concetti. Sempre nel capoluogo pugliese, notizia di ieri, sono stati posti agli arresti domiciliari due insegnanti e quattro funzionari della facoltà di Economia e Commercio, con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata a concussione, corruzione, abuso d’ufficio e falsità in atti, per avere smerciato sottobanco prove d’esame. Stavano lavorando per noi, come recita un famoso adagio, solo che nessuno glielo aveva chiesto. E soprattutto pretendevano lo stipendio. Secondo l’Arma dei Carabinieri, un vero comitato d’affari offriva formule di pagamento tutto-incluso, che oscillavano fra i mille e i duemilacinquecento euro, in base alla difficoltà della prova. Sedute di laurea truccate, tesi già pronte, compravendita di voti: questo e molto altro sta emergendo dalle indagini, coordinate dal procuratore capo Emilio Marzano. Ci si augura che tutto il marcio venga allo scoperto, per quanto utopico possa essere il proposito, nel rispetto di chi sui libri si applica in modo serio. Nel rispetto dell’onestà e della trasparenza, in quello di chi dovrebbe trasmettere tali valori, e perché la buona cultura non sia più infangata da annunci del tipo “circo equestre cerca clown, si richiede massima serietà”.