I moderni pirati non hanno la benda sull’occhio e la sciabola allacciata all’anca, ma cavalli di ferro, pistoni e battistrada.
Ogni giorno, sessanta persone vengono investite, travolte ai margini delle strade, durante l’attraversamento di queste o nei posti più impensabili: fuori da scuola, sul marciapiede, al mercato, in bicicletta, durante un esercizio di jogging su insospettabili sentieri sterrati, comunque attigui alla lingua d’asfalto. Città, paesi, periferie, sobborghi, vicoli, piazze, erte di montagna, statali poco battute; ovunque, il Bel Paese sembra diventata una trappola che può costare la vita. Centinaia di guidatori malaccorti, distratti o sotto effetto di alcolici e sostanze stupefacenti, in fuga da chissà cosa, senza patente, invalidi e ciechi (al volante!), possono colpire senza geografia. Sei persone in media restano ferite in modo grave, due perdono la vita. L’aumento esponenziale delle automobili in circolazione sul territorio ha reso un inferno la viabilità, e l’inasprimento delle sanzioni verso i responsabili – oltre a non essere mai entrato in vigore, sembra essere un deterrente inefficace. Un guidatore su trenta si ferma, dopo aver investito una persona; il dato di per sé è allarmante, se non peggio. Limitare la velocità dei bolidi? Proibire la vendita di transatlantici su gomma, destinati a circolare su straducole formato mignon? De-SUVizzazione? Le proposte sono tante, nessuna attuabile. Agire sulla coscienza degli automobilisti, l’unico vero rimedio, non viene neppure preso in considerazione. Le priorità, da noi, hanno un prezzo troppo alto sul banco degli imputati.