La drunken generation ha un’età preadolescenziale, e non è di quelle senza-ieri-né-domani.
Anzi, i numeri dello sballo si fanno grandi, se il livello d’istruzione sale. Chi ha perso (o non ha mai avuto) un sufficiente spirito d’osservazione verso i ragazzi, dichiara il proprio stupore dinanzi a tredicenni che si ubriacano per sfidare sé stessi, arrivando a consumare fino a cinque/sei bicchieri di alcolici a sera. Il venticinque per cento dei maschi e, dato curioso (sempre dal punto di vista del benpensante alienodissociato), il trentatre delle ragazze assume oltre due drink in media, non soltanto nelle “notti brave” del weekend. Il dato sale ancora se rapportato alla fascia d’età successiva, quella post-teenager: sessantaquattro individui su cento bevono abitualmente all’ora dell’aperitivo, nel dopo cena, al pub, a casa di amici, durante feste varie ed eventuali, e talvolta non disdegnano il bicchiere della staffa prima di coricarsi. Se l’Organizzazione Mondiale della Sanità intende abolirne il consumo in modo totale entro il 2010, almeno per gli under 14, si prevedono tempi duri. È una questione da affrontare con delicata risolutezza, anche per la gamma di risposte fornite dai diretti interessati, disposti a smettere in cambio di fama, premi, televisione, e per nulla frenati dai deterrenti “storici” quali i controlli di polizia, il veto parentale, i divieti imposti dalla società, la pressione di amici o partners. Nell’alchimia del limite giocano un ruolo fondamentale la provocazione verso gli adulti, la rivendicazione di un virtuosismo dell’apparenza che mai come in discoteca o nei luoghi affollati si manifesta in tutta la sua forza. Infine il gusto, quel piacere riservato a certe papille gustative, nonostante tutto poco comune nello Stivale. Il vero problema è l’insofferenza, il mancato adeguamento alle regole da altri imposte, canonico per migliaia di ragazzi e non. Già, perché lo spettro più spaventoso è il secondo. Passi il buon sangue del bicchiere di “rosso” a pranzo o a cena, ma che a questo ne seguano altri, in numero incontrollato, magari durante una gestazione (il rischio per il feto è enorme), sembra davvero insulso. Annegare le gioie e i dolori in un bicchiere ha un gusto che solo chi sa fermarsi in tempo può capire; per gli altri, ribelli o conformisti, è solo una sconfitta.