Il rapporto sapere e saper fare e le istituzioni dei laboratori
Come detto, dal documento d’analisi della Scuola italiana, il Quaderno bianco, stilato attraverso il lavoro concertato del Ministero all’Istruzione con quello dell’Economia, risulta che gli studenti italiani, con buone competenze di lettura nella scuola primaria, peggiorano qualitativamente sia in competenze che in conoscenze durante gli anni delle scuole secondarie di primo e secondo grado, distinguendosi in Europa per i bassi livelli di preparazione.
I dati rilevati, confermati anche dalle indagini OCSE-PISA, Invalsi e Tuttoscuola, non lasciano dubbi sul malfunzionamento del nostro sistema scolastico, pur considerando, come detto, che gli studenti italiani sono quelli che “consumano” più ore all’interno delle stesse scuole.
Probabilmente, anche da una realtà emersa dal lavoro di tecnici che si occupano d’istruzione, in quel passaggio che vede uno spostamento dell’attenzione verso la valutazione delle competenze in luogo delle conoscenze, con l’agevolazione dei laboratori scolastici per l’acquisizione di competenze trasversali, si è teso verso uno sbilanciamento a favore di attività afferenti a diverse materie scolastiche, per altro importanti e non accessorie, e verso una valutazione delle competenze anche in luogo delle conoscenze, sfalsando il rapporto d’interazione che esiste tra conoscenze, competenze e abilità.
Purtroppo, però, lo sbilanciamento si è esplicato in una ridotta attuazione, e quindi valorizzazione, proprio di quelle materie scolastiche, quali le materie letterarie (italiano, storia e geografia) e logico-matematiche, che servono agli alunni per analizzare meglio la realtà, comunicare e interagire con il mondo che li circonda. Da questo spesso scaturiscono problemi capaci di generare diatribe sull’interpretazioni delle valutazioni con la certificazione delle competenze minime che consentono il passaggio degli alunni ai diversi gradi e cicli superiori dell’Istruzione.
Da più parti, e sono le indagini che lo certificano, si tende alle promozioni attraverso l’acquisizione di competenze sempre minori, con un abbassamento dei livelli culturali su scala nazionale. Infatti, a parte i dati che vedono l’Italia fra gli ultimi posti in Europa e, purtroppo, la Sardegna fra le ultime regioni in Italia, la preparazione dei nostri studenti è tale che, nelle selezioni per l’ammissione a corsi universitari a numero chiuso, capiti di constatare risultati pessimi. Così, quella che doveva essere una maggiore diffusione della cultura, per una crescita sociale e anche economica del nostro Paese, come detto, si è trasformata in un sistema in cui i livelli sono diminuiti e, sempre riferendosi agli studenti che, spesso anche per penuria di lavoro, intendendo con questo un lavoro fisso e non certo quella pletora degradante, per le persone, di lavori a tempo determinato, a progetto o a collaborazione, frequentano le Università italiane e arrivano alla laurea riportando grosse lacune di base, per non dire del fatto che spesso non sanno scrivere in un corretto italiano la stessa tesi, e basterebbe chiederlo ai docenti dei vari atenei.
Sovente, quindi, le promozioni sono immeritate, rispetto a una buona formazione d’un futuro cittadino e, se alcuni sostengono che in questo modo il sistema dell’Istruzione aiuti chi proviene dalle fasce più deboli della società, allora dovrebbero considerare il fatto che invece questo processo non fa altro che aumentare le “forbici sociali”. Esemplificando, infatti, tutti ottengono il titolo di studio, ma solo chi proviene da un contesto socio-culturale e economico elevato, in questo modo, avrà più possibilità di successo lavorativo con un percorso che, ormai, arriva ben oltre la laurea.
In tanti, analizzando il “Quaderno bianco”, hanno affermato che bisogna recuperare molte conoscenze per migliorare le competenze e indubbiamente, quindi, occorre tornare a una scuola meritocratica con un innalzamento dei livelli culturali: sapere e saper fare ma in alcuni casi sapere per saper fare. I laboratori di qualsivoglia materia sono importanti, ma i nostri studenti devono migliorare le competenze in cui sono più carenti, quelle letterarie e logico-matematiche.
Nella realtà odierna, in una malfunzionante scuola dell’autonomia, succede che, per innalzare il numero delle promozioni, in molti istituti si dia più importanza alle valutazioni concernenti le competenze (saper fare) al posto delle conoscenze (sapere), anche perché in questo modo si è cercato di andare incontro agli studenti che si applicano poco nello studio e vengono “premiati” solo con lo svolgimento di semplici lavori scolastici. Purtroppo in questo modo quegli studenti non vengono aiutati ma vengono semplicemente portati avanti nel sistema, più che altro per un’ottica egoistica tendente alla diffusione di statistiche non veritiere, statistiche sulla quantità ma non sulla qualità dei promossi. In effetti si è applicato lo spostamento conoscenze/competenze anche per quelle materie in cui è imprescindibile la conoscenza, nonché lo stesso ordine conoscenza, competenza, abilità. Per citare un esempio, non si può non conoscere la storia passata, conoscenza che serve poi per poter analizzare il presente e infine essere capaci di poter vivere lo stesso tempo presente.
Purtroppo, spesso la Scuola italiana è stata politicizzata. In seguito al 1968 si è demonizzato tutto il sistema dell’Istruzione che derivava dalla riforma di Gentile, 1923. Esasperando questo rifiuto del vecchio sistema nel tempo presente, che ha problematiche più complesse di quelle degli anni Sessanta e Settanta, si è instaurato un meccanismo lassista e non meritocratico, per una massificazione della non-cultura, dove si tende a sminuire le conoscenze proprio nell’istituzione principe del sapere, ovvero la scuola. Anche le competenze e le abilità sono importanti, ma devono essere equilibrate e in sintonia con le conoscenze. Non si può saper fare se non si conosce!
In merito, poi, bisogna precisare anche un punto concernente le valutazioni degli alunni rispetto al lavoro svolto nei laboratori pluridisciplinari. In troppi hanno frainteso il metodo di lavoro laboratoriale e, sempre nell’ottica dell’aumento delle promozioni, hanno creato divisioni fra docenti e fra docenti e dirigenti per l’interpretazione delle stesse valutazioni. I laboratori pluridisciplinari non devono servire per aumentare il numero dei promossi sulla carta, ma per aumentare le conoscenze e le competenze degli alunni. La valutazione registrata dai docenti, invece, occorre, oltre che per migliorare lo stesso insegnamento, per certificare il grado di preparazione dell’alunno e stabilire, quindi, se questo possa o no passare al grado superiore dell’insegnamento.
Attraverso una partecipazione positiva degli studenti ai laboratori pluridisciplinari sicuramente è possibile in tutti casi poter certificare un voto concernente la condotta, ma per le valutazioni riguardanti le materie specifiche è giusto considerare le materie afferenti agli stessi laboratori pluridisciplinari. Infatti, non è possibile certificare un’acquisizione di competenze e conoscenze in Storia attraverso un laboratorio di lavoro artistico in cui si creano dei portacenere, mentre invece, da un laboratorio simile si possono valutare le competenze artistiche e tecniche.
Rapporto conoscenze/competenze e sapere, saper fare e saper essere.