Benedetta Sapienza

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di Luca Volonté

Il momento doveva arrivare, il fatto accadere. Il bavaglio al Papa è stato preparato e utilizzato al momento giusto, quando cioè era stato invitato a intervenire all’Università La Sapienza di Roma in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico. E gli illuministi, la "crème" della cultura italiana, che avevano essi stessi preparato il terreno degli avvenimenti del più antico ateneo romano si stupirono dei frutti del loro albero. "Dai frutti li riconoscerete". E così fu anche nell’anno Domini 2008. Coloro che, dall’elezione di Benedetto XVI, avevano cooperato per creare un clima ostile alla sua persona e alla sua stessa missione si ridestarono stupefatti e compiaciuti per aver allevato e coltivato gli spiriti della intolleranza e la gramigna del laicismo violento. Gran parte della vicenda della Sapienza si deve alla sterilità maligna della campagna mass-mediatica, sempre pronta a distorcere, falsificare, accusare di ogni nequizia le parole di Papa Benedetto. Siamo giunti oggi al punto che in Vaticano c’è chi pensa di inserire atei convinti o massoni rinomati nei Consigli Pontifici pur di ammiccarsi giornali, ambienti e circoli influenti. E ciò sarebbe uno stravolgimento totale della ragione, oltre che della stessa tradizione. Ma Pietro, almeno lui insieme a pochi altri, segue in cammino la strada, la sempre uguale e nuova Via, Verità e Vita. Dopo il bavaglio messo a Rocco Buttiglione in Europa nel 2004, ecco l’ennesima conferma di quanto una democrazia secolarizzata e corrotta nei suoi presupposti etici sia destinata a perire, di come l’esaltazione dei diritti umani senza il fondamento del diritto naturale e il radicamento nelle Tavole del Sinai diventino preda di minoranze voraci e tiranniche al punto da limitare la libertà religiosa e di parola. Direbbe Jacques Maritain, nel suo "L’uomo e lo Stato": "Vi sono uomini che vorrebbero in nome della tolleranza civile far vivere la Chiesa e il corpo politico, in un isolamento totale e assoluto. La loro soluzione è inevitabilmente una soluzione di ostilità contro la Chiesa, di disordine e di fallimento per la società civile e la democrazia". Ciò che emerge nell’intera vicenda – dalla pretestuosa polemica sul discorso del Papa agli amministratori romani sino al divieto di parlare all’inaugurazione dell’anno accademico della Sapienza – non è tanto un’obiezione verso Cristo, quanto una paura a comunicare le conseguenze dell’incontro con la Verità. La visione della libertà umana, svincolata dal suo imprescindibile riferimento alla verità (come afferma la Nota dottrinale su alcuni aspetti della evangelizzazione del 3 dicembre 2007) è una delle espressioni di "quel relativismo che, non riconoscendo nulla come definitivo, lascia come ultima misura solo il proprio io con le sue voglie" e la ragione chiusa nei suoi pregiudizi. Alle "inammissibili manifestazioni di intolleranza"’ richiamate dal Presidente Napolitano nel suo Messaggio al Pontefice, messe in atto "per iniziativa di un gruppo minoritario", come dice nella sua lettera al Rettore il Cardinal Bertone, deve contrapporsi la testimonianza della bellezza e del ‘di più’ del cristiano, ma anche l’impegno di ciascun cittadino che creda nella democrazia e nel rispetto della libertà. La libertà è quindi in gioco e con essa la stessa laicità. Cosi come, del resto, la conoscenza scientifica, che non progredirà con atteggiamenti come quelli dei ’67’. Il ‘caso Sapienza’ è tutt’altro che chiuso e ogni censura su di esso allontanerà solo la cura dei pericoli che sono emersi. Chiunque ami la democrazia e la libertà, la ragione e la fede, deve lottare senza sosta perché si eviti il ritorno alla barbarie e alla tirannia.

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