Il Parlamento sollecita una direttiva di ampia portata che difenda contro tutti i tipi di discriminazione senza fare nessuna gerarchia.
Nel chiedere anche la piena attuazione delle direttive esistenti, auspica una definizione UE per la disabilità e una maggiore tutela nelle procedure di assunzione, e si rammarica delle eccezioni che limitano la tutela dalle discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale nel campo dello stato civile. Per i rom occorre una protezione sociale specifica.
Approvando con 362 voti favorevoli, 262 contrari e 56 astensioni la relazione di Elizabeth LYNNE (ALDE/ADLE, UK), il Parlamento sottolinea l’importanza dell’applicazione della clausola che impegna l’UE, nella definizione e attuazione delle proprie politiche e attività, a combattere la discriminazione basata sul sesso, l’origine razziale o etnica, la religione o la fede, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale.
Prendendo atto che la Commissione intende presentare ora soltanto una legislazione intesa a bandire la discriminazione nell’accesso ai beni e ai servizi fondata su «alcuni motivi, ma non su tutti», il Parlamento ricorda invece che essa si era impegnata a presentare una direttiva esaustiva «che copra gli handicap, l’età, la religione o le convinzioni personali e le tendenze sessuali, allo scopo di completare il pacchetto di norme antidiscriminazione ai sensi dell’articolo 13 del trattato CE». Tale proposta deve inoltre «porre fine alla gerarchia di protezione in funzione dei diversi motivi di discriminazione», anche perchè non è «logico considerare illegittima una discriminazione in un settore e consentirla in un altro». Nel corso del dibattito in Aula, la relatrice ha infatti sottolineato che occorre allontanarsi «da un approccio frammentario». Il Parlamento chiede quindi un «approccio unificato» nella lotta alla discriminazione che inglobi e tenga presenti allo stesso momento «tutti i motivi di discriminazione».
Qualsiasi nuova proposta di direttiva destinata a combattere la discriminazione, pertanto, dovrebbe vietare ogni forma di discriminazione, comprese quelle diretta e indiretta, la discriminazione per associazione, nonché quella dovuta al fatto che una persona viene percepita come appartenente ad un gruppo protetto, e le molestie. I deputati ritengono che anche l’incitazione a discriminare debba essere considerata una discriminazione, così come l’incapacità non giustificata di adottare soluzioni ragionevoli.
Il Parlamento, più in particolare, si dice fermamente convinto che il campo d’applicazione materiale della nuova proposta di direttiva per la lotta contro la discriminazione dovrebbe essere vasto, in modo da includere tutti i settori rientranti nelle competenze comunitarie. Dovrebbe comprendere, inoltre, l’istruzione, l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, la protezione sociale, gli alloggi e l’assistenza sanitaria, l’immagine dei gruppi discriminati offerta dai mezzi di informazione e dalla pubblicità, l’accesso fisico all’informazione per le persone con disabilità, le telecomunicazioni, le comunicazioni elettroniche, i modi di trasporto e gli spazi pubblici, i vantaggi sociali e l’accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico.
I deputati si dicono inoltre preoccupati per le carenze nel recepimento e nell’attuazione, da parte di molti Stati membri, delle direttive 2000/43/CE e 2000/78/CE che stabiliscono requisiti minimi e che dovrebbero essere la base su cui costruire una politica comunitaria antidiscriminazione più globale. Chiedono, quindi, agli Stati membri di assicurare che le due direttive vengano «pienamente, correttamente e efficacemente» trasposte e «adeguatamente» attuate e che, in conformità delle loro disposizioni, qualsiasi deroga «sia oggettivamente motivata».
Auspicano inoltre che siano chiamati dinanzi la Corte di giustizia gli Stati membri che, nell’ambito della direttiva in materia di occupazione, introducono una definizione troppo ampia delle deroghe consentite al principio di non discriminazione. Ritengono, peraltro, che le differenze di trattamento fondate sulla nazionalità o sulla lingua che non siano né obiettivamente e ragionevolmente giustificate da uno scopo legittimo, né conseguite con mezzi adeguati e necessari, possano costituire una forma indiretta di discriminazione. Inoltre, a loro parere, le eccezioni legate allo stato civile nella direttiva 2000/78/CE limitano la tutela offerta dalla direttiva stessa contro le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale.
Gli Stati membri dovrebbero garantire parità di trattamento e opportunità nel quadro delle politiche di occupazione e inclusione sociale, in particolare affrontando i seri ostacoli creati dalle discriminazioni nelle procedure di assunzione. Il Parlamento chiede di garantire, a tutti i lavoratori, la parità di trattamento, la protezione della salute e della sicurezza, disposizioni in materia di orario di lavoro e tempi di riposo, la libertà di associazione e rappresentanza, la protezione contro i licenziamenti ingiusti, la contrattazione collettiva e le azioni collettive. Dovrebbero essere anche salvaguardati i diritti sociali essenziali, come i diritti pensionistici, i diritti alla formazione e il diritto all’assegno di disoccupazione.
Il Parlamento si rammarica peraltro del fatto che le due direttive non contemplino le differenze di trattamento di carattere discriminatorio basate su criteri fisici, come la statura o il colore della pelle, in relazione soprattutto all’accesso a posti di lavoro «quando non vi sia una relazione diretta fra tali caratteristiche fisiche e le capacità richieste per svolgere le funzioni necessarie».
Per i deputati, la mancanza, nella direttiva 2000/78/CE, di una disposizione che indichi la necessità di definizioni ampie di disabilità ha escluso alcune categorie di disabili dalla protezione giuridica della direttiva in questione. Invitano pertanto gli Stati membri e la Commissione a concordare in tempi brevi queste definizioni ampie di disabilità per agevolare l’armonizzazione della legislazione antidiscriminazione, che potrebbe basarsi sulla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità. Attendono pertanto con interesse lo sviluppo della definizione comunitaria di disabilità che permetterà ai disabili di tutta l’UE di usufruire degli stessi diritti a prescindere dal luogo in cui si trovano
Secondo il Parlamento, le minoranze, e in particolare la comunità rom, necessitano di una «protezione sociale specifica». Rileva infatti che, in seguito all’allargamento, i loro problemi di sfruttamento, discriminazione ed esclusione «si sono ulteriormente aggravati» nei campi dell’istruzione, della salute, dell’alloggio, dell’occupazione e dei diritti delle donne. Raccomanda, quindi, che, per quanto riguarda l’accesso a un’istruzione di alta qualità per i bambini svantaggiati e per i bambini rom e «la loro ingiustificata classificazione come disabili», si dedichi particolare attenzione alla lotta contro tutte le forme di discriminazione che si incontrano nel campo dell’istruzione.
Il Parlamento sottolinea poi la mancanza di informazione dei cittadini europei sui possibili mezzi giuridici a loro disposizione in caso di discriminazione ed invita la Commissione, gli Stati membri, i sindacati e i datori di lavoro a potenziare gli sforzi volti ad aumentare il livello di consapevolezza. Raccomanda di dotare di risorse e poteri adeguati gli organismi indipendenti incaricati di promuovere la parità, affinché possano svolgere il loro ruolo in modo efficace e indipendente. Alcune ONG, infatti, rappresentano gruppi discriminati e forniscono consulenza giuridica su questioni legate alla discriminazione. Gli Stati membri, secondo i deputati, dovrebbero in ogni caso garantire che le vittime di discriminazioni siano assistite automaticamente nei procedimenti giudiziari, se necessario con fondi pubblici previsti nell’ambito dei regimi nazionali di assistenza legale.
Infine i deputati sono fermamente convinti che, per combattere le discriminazioni, occorra predisporre un approccio globale in materia di sensibilizzazione che inizi già con i programmi delle scuole.
L’Aula, con maggioranze variabili, ha respinto una serie di emendamenti depositati dal PPE/DE volti, in particolare, a sopprimere l’idea di elaborare una direttiva unica che copra tutte le discriminazioni o a ampliare il ventaglio delle tipologie di discriminazioni da prendere in considerazione.