Immigrazione. Come funziona negli altri paesi europei ? – di Valentina Dello Russo

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Come affrontano i paesi europei il problema dell’immigrazione, a casa loro? A guardar bene, scopriamo che il nostro sistema non è affatto il più duro (come qualcuno vuol far credere).

No alle accuse di xenofobia provenienti da Madrid. Con questa convinzione il ministro per le Politiche comunitarie, Andrea Ronchi, volerà in Spagna giovedì prossimo per incontrare il suo omologo iberico, “illustrargli la politica d’immigrazione italiana e mettere fine alle tensioni” su questo tema.

A farlo sapere è stato, due giorni fa, il ministro degli Esteri, Franco Frattini, che ha anche incontrato a Roma l’ambasciatore italiano a Madrid, Pasquale Terracciano. L’iniziativa della Farnesina arriva dopo l’ennesima invettiva lanciata dal Paese iberico: la goccia che ha fatto traboccare il vaso sono state le frasi del ministro spagnolo del Lavoro e dell’immigrazione, Celestino Corbachon. L’esponente del governo iberico ha accusato l’Italia di “concentrarsi più sulla discriminazione del diverso che sulla gestione del fenomeno immigrazione”. Dichiarazioni che sono seguite alle già pesanti affermazioni del vice premier Maria Teresa de la Vega, la quale aveva condannato “la xenofobia, la violenza e il razzismo” e aveva detto di “non condividere” ciò che stava succedendo in Italia.

Il titolare della Farnesina non solo ha definito “imprudenti ed estemporanee” le dichiarazioni di Corbachon, ma ha anche suggerito a Zapatero di “indicare, ordinare” ai suoi ministri di evitare dichiarazioni “inutilmente polemiche e che sono contrarie all’indirizzo del governo spagnolo”. Dopo di che, è passato ai fatti, decidendo la trasferta in terra spagnola di Ronchi. 

Dall’Unione europea il cancelliere austriaco, Alfred Gusenbauer, ha preferito glissare sugli attriti fra Spagna e Italia, ma ha ricordato che “i Paesi dell’area Schengen dovrebbero essere in grado di sviluppare gli stessi standard per quanto riguarda l’immigrazione”.

Eppure, a ben guardare, ogni Paese ha scelto la sua via per rispondere a un’immigrazione che è diversa a seconda della nazione. E quella decisa da Madrid non è certo più dolce di quella delineata dal governo Berlusconi. I paesi mediterranei (Italia, Spagna, Grecia), simili per collocazione geografica, mercato del lavoro e situazione demografica, hanno politiche molto simili. Lo stesso non si può dire dei Paesi dell’Europa renana (Francia e Germania): questi ultimi risultano infatti piuttosto restii ad accogliere immigrazione a bassa qualifica. Ci sono poi il Regno Unito e l’Irlanda che seguono invece un approccio decisamente riformista.

SPAGNA. La Spagna, ad esempio, ha adottato un ingente sistema di sorveglianza delle frontiere esterne: un apparato che non ha paragoni rispetto agli altri Stati mediterranei e che consente di localizzare i barconi degli immigrati fin al largo e prevenirne lo sbarco. Dal 2000, inoltre, il governo di Madrid ha stabilito una rigida programmazione dei flussi, ha previsto sanzioni per chi favorisce l’immigrazione clandestina (compresi i datori di lavoro che assumono in nero), oltre all’immediata espulsione degli stranieri residenti illegalmente. E’ stato inoltre creato l’istituto della “residenza permanente”, che assimila, sotto il profilo sociale, lo straniero al cittadino. Per entrare nel territorio spagnolo servono tre requisiti: il possesso di documenti validi di identità, la prova di avere sufficienti mezzi di sostentamento per la durata del soggiorno e la prova dello scopo e delle condizioni del soggiorno. La cittadinanza può essere richiesta dopo dieci anni di residenza e non prima del diciottesimo anno di età.

FRANCIA. In Francia, invece, una legge del 2003 che porta la firma dell’attuale presidente, Nicolas Sarkozy, ha introdotto una rigida regolamentazione degli ingressi. La lotta all’immigrazione clandestina è stata sensibilmente rafforzata attraverso molteplici misure: dalla schedatura di tutti coloro che fanno richiesta di visti o permessi di soggiorno attraverso impronte digitali e dati biometrici all’aumento da 12 a 32 giorni della detenzione in attesa dell’espulsione dal Paese, dall’inasprimento delle pene per i trafficanti di esseri umani all’incremento dei controlli al momento della concessione dell’attestato di alloggio.

La “carta di residenza” viene accordata dopo cinque anni in Francia e, requisito fondamentale per ottenerla, è la conoscenza della lingua transalpina e dei principi della Repubblica.

GERMANIA. Diversa la politica della Germania che, con quasi sette milioni di immigrati, è il più grande Paese di immigrazione in Europa. Dal 2005 ha avviato infatti una politica di incoraggiamento dell’immigrazione qualificata, che consente di ottenere la residenza e il permesso di lavoro fin dall’inizio. Requisito essenziale: avere una concreta offerta di lavoro e il permesso dall’Agenzia tedesca per l’impiego.

REGNO UNITO. Sulla stessa scia anche il Regno Unito, che ha introdotto una politica migratoria indirizzata ai lavoratori più qualificati. Tutti gli altri ne sono invece scoraggiati. Esiste infatti un sistema a punti: secondo l’età, la situazione finanziaria, il livello di istruzione, le eventuali qualifiche e la conoscenza della lingua inglese. C’è poi l’obbligo, che decade solo per gli iperqualificati, di presentare un certificato di sponsorizzazione da parte di un datore di lavoro o di un istituto scolastico.

Dunque, pur nel rispetto dello Schengen, ogni Paese membro ha cercato la sua soluzione. “Zapatero – ha fatto notare ieri Frattini – ha avuto la mano dura, anzi durissima: ha espulso decine di migliaia di persone con metodi, direi, molto rigorosi e molto severi. E proprio il rigore di Zapatero in due anni ha portato al calo del 70 per cento dei flussi di clandestini verso le Canarie. Quindi, la mano dura di Zapatero, semmai, per noi è un esempio da imitare nelle politiche migratorie italiane”. Ronchi sarà a Madrid per ribadirlo.


Valentina Dello Russo – Italia chiama Italia