Milano, 23 giugno 2008. Sei giorni di prognosi per trauma cranico dopo una notte in
osservazione al pronto soccorso dell’Ospedale San Paolo Stelian Covaciu (rom
rumeno), con la sua famiglia, sarebbe stato "allontanato" con questi esiti dalla
polizia ferroviaria lo scorso venerdì 19 giugno dalla baracca lungo la massicciata
della stazione di San Cristoforo dove viveva con la moglie, i tre figli minorenni e
la nuora incinta.
Secondo quanto raccontato dallo stesso Covaciu, l’aggressione segue un episodio
analogo avvenuto martedì 17 giugno, quando alle 8.00 del mattino si sono presentate
due persone, presentatesi come poliziotti, che, in assenza del padre, hanno
minacciato i componenti della famiglia Covaciu, tra l’altro intimandoli di lasciare
la baracca se non volevano venisse distrutta. Poco dopo, i due hanno costretto i
Covaciu a entrare nella sala di attesa della stazione per un controllo, li hanno
strattonati, perquisiti e lì trattenuti, fino a quando il capostazione, richiamato
dalle urla dei bambini, della madre e del padre nel frattempo intervenuto, ha
chiesto spiegazioni.
I due, nel rispondere di essere poliziotti, hanno comunque lasciato andare la famiglia.
La notte di venerdì Stelian Covaciu è stato minacciato dalla polizia ferroviaria,
percosso e questa volta è finito al pronto soccorso, dove ha passato una notte in
osservazione; è stato infine dimesso alle 15.30 di sabato pomeriggio, alla presenza
di giornalisti e associazioni di volontariato.
Si aggiunga, infine, che fino ad ora alla famiglia Covaciu sarebbe stato fisicamente
impedito di ritirare i loro averi, tuttora giacenti nella baracca, sorvegliata a
vista dalla Polizia.
Il Naga, che con i gruppi Medicina di strada e SOS Espulsioni offre assistenza
sanitaria e legale a chi vive nelle aree dimesse ed i campi rom della città di
Milano, chiede con forza che venga fatta chiarezza su tali gravissimi avvenimenti,
ennesimi episodi di sopruso e discriminazione a danno di rom rumeni, persone che,
benché cittadini europei, troppo spesso non sono nelle condizioni di sporgere
denuncia, per timore delle possibili ripercussioni.