È partito il processo di detassazione degli straordinari, un evento già straordinario di suo.
Secondo il dizionario, la parola stessa indica qualcosa di fuori dal comune, inusuale, e gronda aggettivi fuori dalla banalità consueta. Proprio come per la politica: una promessa mantenuta è un evento che supera i confini dello spot elettorale, e al di là di ogni penosa tecnica di salvataggio da processi e responsabilità (indegna di qualsiasi premierato), va ascritta al novero delle cose da ricordare. In principio fu l’abolizione dell’Ici, oggi il prosieguo s’è manifestato. Quattordici milioni di lavoratori non avranno trattenute e tassazioni sugli straordinari; incentivi e premi di produzione non verranno abbassati dal prelievo di Stato, spauracchio multigenerazionale. La condizione perché tutto ciò avvenga è che i redditi non abbiano superato i 30.000 euro nell’anno duemilasette, e che il dipendente non appartenga alla pubblica amministrazione. Sindacati e rappresentanti di categoria insorgeranno, ma sarà semplice fisiologia del privilegio: questo, nei palazzi del potere, lo sanno. È infatti oggetto di studio un innesto ad hoc, anche se attualmente non concretizzabile. L’esercito degli statali, per numero, per sfruttamento delle agevolazioni (raramente per zelo, spessissimo a ufo) e per fruibilità, schianterebbe l’economia del paese. Tant’è, la parola tasse fa sempre paura. Non l’ha inventata Adamo, al tempo della Genesi, quando mise i nomi alle creature, leggendoli sul suolo dove strisciavano, nuotavano, si muovevano. L’abbiamo inventata noi, figli e discendenti più o meno legittimi, col benestare dell’erario. E come sempre, abbiamo il terrore delle nostre invenzioni. Ecco, allora, una via di fuga per maestri destituiti dall’allieva prediletta. Per un dipendente con 3.000 euro di straordinari il risparmio si aggirerà dai 560 € (per chi ha un reddito di ventimila annui) a 700; a Novembre si tireranno le somme del nuovo regime fiscale, con un’analisi attenta di svantaggi e benefici. Vengono messe in naftalina le “vecchie” aliquote Irpef del 27% e del 38%, e l’imposta del 10 attuale sarà a tutti gli effetti sostitutiva, ossia non concorrerà a formare il reddito complessivo, né prevederà alcuna addizionale regionale o comunale. Per i professionisti del precariato, i dipendenti a tempo determinato e le folte truppe di part-time, l’aliquota si applicherà sulle “prestazioni di lavoro supplementare” e quelle rese “in funzione di clausole elastiche”, conseguite da Luglio a Dicembre 2008. L’elevato numero di disoccupati, messi a stagionare nelle liste degli uffici di collocamento, ringrazierà una volta entrato in servizio; nel mentre, presta opera gratis presso associazioni di volontariato o si fa sottopagare per lavori in nero. Il nuovo estremismo della condizione giovanile (e non solo) ha, se non altro, un seppur minimo punto d’appoggio per cominciare a pensare al proprio futuro con una nube in meno. Piccola, ma sempre meglio di niente.