Tolleranza e integrazione nell’Italia del 2008

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L’Italia, come sostengono Stella e Rizzo, con “La casta” e la stessa “La deriva”, ma anche altri come il giovane Floris, con il ben riuscito “Mal di merito”, va alla deriva e nonostante tutto continuano a esistere le “fazioni politiche”, non estranee ai vecchi giochi di piazza e propaganda. Proprio in questi giorni la cronaca si occupa del problema dei rom che, probabilmente, se l’iter la convaliderà, con una legge che vede il favore del ministro Maroni, saranno sottoposti ad un “censimento” anche attraverso il rilevamento delle impronte digitali. Ovviamente, e come da copione, il mondo politico si divide, influenza l’opinione pubblica, e si antepongono destra “decisionista” e pro-censimento contro sinistra “tollerante” nei confronti delle minoranze e contraria alla richiesta delle registrazioni delle impronte digitali.  Così, da una parte i movimenti in favore delle genti rom denunciano lo stato d’indigenza, in alcuni casi d’intolleranza e di vera e propria persecuzione razziale, nonché di malessere generale in cui versano queste popolazioni, alcune da tempo residenti in Italia, ma dall’altra persistono situazioni in cui dei rom sono attori di vere e proprie azioni incivili, come gettare rifiuti quali letti, reti, lavatrici, auto e roulotte negli spazi immediatamente antistanti ai campi creati da vari comuni italiani, oppure azioni che digradano verso il furto (da poco alcuni rom sono stati arrestati perché stavano rubando 200 chili di rame) o situazioni come quella descritta alcuni giorni fa nel Corriere, che vedeva, come da articolo, la vendita di una bambina rom di 12 anni ad una famiglia rom di Porto Torres (pare per un matrimonio),… per non citarne altre. Indubbiamente le facili generalizzazioni non portano a nulla e tutto il dicibile, o il detto, deve superare la prova dei fatti, però nessuno può dubitare sul fatto che esistano problemi legati ai rom presenti sul suolo nazionale. Sicuramente se zingari, rom o sinti, subiscono violenze da parte di cittadini italiani, la cosa non può cadere nel dimenticatoio e deve avere una prosecuzione legale, giusta, severa ed esemplare, ma d’altra parte non è corretto che i rom, non certo tutti, innegabilmente padroni di una propria cultura, comunque non rispettino la legge italiana. Non vi è dubbio, poi, che la società ha dei doveri nei confronti di tutte le persone, rimuovendo gli ostacoli che limitano l’esercizio delle libertà dei cittadini e le disuguaglianze economiche e sociali che impediscono lo sviluppo della persona umana, ma questo spesso non si riesce ad attuare con gli stessi cittadini italiani, che comunque non vengono “giustificati” nell’attuazione dell’illegalità, ed è anche vero che i singoli, compresi gli straneri, hanno dei doveri inderogabili, fondamento di una pacifica e costruttiva convivenza, nei confronti della società, come è sancito negli articoli 2, 3, 4, e 54 della nostra Costituzione[i].Tra l’altro certe azioni non sono neanche comprensibili o ammissibili e riferendoci all’esempio dei “rifiuti” (un esempio che ha numerosi riscontri, verificabili, nella realtà), è doveroso ammettere che molti rom hanno il tempo, i mezzi, gli uomini e i soldi per portare i rifiuti alle discariche comunali o per rottamare le auto usate. Il problema è che se un cittadino italiano non portasse i rifiuti di un certo volume (o particolari rifiuti) nelle discariche comunali, verrebbe perseguito dalla legge; se non rottamasse l’auto verrebbe perseguito dalla legge. Ne consegue, quindi, che la legge “non funziona”, ma la colpa potrebbe non essere dei rom, quanto, invece, di una certa classe politica che col proprio operato crea una differenza di fatto, non certo l’uguaglianza. Purtroppo, davanti a certe situazioni non si può e non si dovrebbe rimanere indifferenti, anche perché, da una parte, se lo Stato non interviene per il rispetto e l’adempimento dei doveri inderogabili, contemporaneamente non può rimuovere gli ostacoli che impediscono lo sviluppo della persona e combattere le disuguaglianze sociali. Se i rom si mettono o si mettessero nella condizione, con condotte illegali, di non adempiere ai propri doveri di solidarietà sociale, anche negando la propria disponibilità nei confronti della stessa collettività, e se lo Stato, o parte della classe politica, o gli stessi cittadini italiani, tollerano o tollerassero questo con impassibilità, resterebbero privi di forza gli stessi principi della Costituzione Italiana. Ma d’altra parte, come scritto, la colpa della mancata integrazione dei rom, nel momento in cui questi non rispettano le nostre basilari norme del vivere civile, spesso non è da attribuire a loro, ma ad una inesistente o fallita comunicazione, ad un’errata interpretazione della tolleranza e dell’integrazione culturale, forse voluta, ma, ribadendo, spesso non da loro. Fortunatamente non siamo privi di casi positivi, di lavori costruttivi, e un esempio, in tal senso, di comunicazione e regolamentazione locale per la corretta integrazione degli abitanti di una città italiana, è dato dalla Carta dei diritti e dei doveri, del 31 marzo 2003, del comune di Bologna[ii].   Altri, invece, come è successo in alcune città italiane, anziché lavorare per il dialogo e l’assolvimento dei doveri per l’integrazione sociale, in una corretta dinamica del dare e avere, non perdono tempo per andare in piazza e protestare contro la proposta di Maroni, per la raccolta delle impronte digitali dei rom. Ovviamente qui il discorso è complesso, e in effetti la schedatura delle impronte digitali riporta un po’ alla mente le barbarie naziste, gli orribili tatuaggi e il trattamento, patito anche dal nostro scrittore Primo Levi, delle persone come “pezzi”, cose da usare e distruggere. Però, non è neanche giusto fare i paragoni con i detenuti dei nazisti e, date alcune situazioni di fatto, ne consegue che deve esistere un modo, certo discutibile, non umiliante e non “invasivo”, anche dal punto di vista psicologico, per censire chi immigrato o “non integrato” viene in Italia, anche per il bene dello stesso censito (cosa vuol dire non diamogli le carte d’identità perché poi le buttano?). Altra cosa, poi, è il reato d’immigrazione, non comprensibile in un’ottica che dovrebbe tendere all’uguaglianza, e per dirla con le parole di Di Pietro, “Un rapinatore non è più rapinatore di un altro se ha un colore diverso della pelle”, ma altresì l’applicazione della legge deve essere corretta e puntuale.Quello che sorprende è la velocità d’azione di alcuni politici (non certo l’espressione di un parere contrario a una proposta di legge), azioni sempre unilaterali, con eventi che gridano al sociale, ma che poi spesso sono solo politici o politicizzati. Alcuni sempre in prima linea per le manifestazioni di piazza, ma non altrettanto celeri nell’intervenire in tutte quelle situazioni d’illegalità, e conseguentemente di allontanamento dall’uguaglianza sociale, che gravitano attorno agli stessi rom. Ma, a dire certe cose, si corre il rischio di essere indicati come fascisti, quelli del "me ne frego", perché in Italia, ormai, o sei di sinistra o sei di destra, e guai alla libera manifestazione del pensiero personale e lontano dalle logiche della massa, guai! Altrimenti, scomodando la più famosa Commedia, puoi passare addirittura dalla parte degli ignavi, anche se poi, avendo scritto o detto che serve un atteggiamento più critico e corretto nei confronti dei rom, potresti comunque essere intervenuto in difesa di alcuni  rom o  potresti ritenerti abbastanza obiettivo da affermare che la legge dev’essere uguale per tutti, proprio come viene sancito nell’articolo tre della Costituzione italiana, e che, ritornando alla cronaca, non possono esistere norme "ad personam". Il problema, oggi come ieri, è che la politica dovrebbe tendere verso il bene delle persone, oltre i retaggi di una vecchia concezione anacronistica di destra e sinistra. La mancanza del merito è dovuta anche a queste divisioni e "fazioni" che, più che interessarsi del bene comune, s’interessano della propria conservazione del potere, o del piccolo interesse personale, allora è normale assistere ai casi di Tiziano Barberi o di Pier Francesco Moretti, esempio di studiosi e ricercatori, con la “s” e la “r” maiuscola, che non hanno trovato spazio in un Paese, il nostro, sempre più asfittico e sempre più stritolato nei meccanismi di un sistema che, meno lentamente, sembra collassare su se stesso. Però, mentre si continua a giocare al Monopoli e al Risiko, anche con la vita delle persone, la forbice sociale fra chi ha e chi non diventa sempre maggiore; sempre più persone incorrono nella Caritas o nell’aiuto dimesso e prezioso dei sempre più mal visti preti; la classe dirigenziale del nostro Paese è la stessa dagli ultimi venti o trent’anni; molti sessantenni lavorano controvoglia per arrivare al massimo dei contributi previsti per la pensione, e nel frattempo, con le tasse sui loro stipendi, pagano le disoccupazioni dei trentenni, mentre invece i trentenni dovrebbero lavorare e con i propri contributi pagare le pensioni dei sessantenni; infine alcuni, troppi, sembrano non accorgersi del fatto che è in atto un cambiamento climatico che progressivamente porterà alla desertificazione dell’Europa mediterranea e centrale, sempre che non si ponga rimedio all’inquinamento e alla cementificazione forzata, e allora prima gli immigrati verranno da noi e poi noi e loro andremo verso un nord Europa che acquisirà un clima più mite. Così, alla luce di questo quadro, certe azioni politiche assumono una veste tragica, e sarcasticamente verrebbe da pensare che non è la Torre di Pisa ad essere inclinata, no, è il piano, obliquo, del suolo del nostro Paese, che lentamente s’inabissa dentro il mare…Cristian Ribichesu



[i] Costituzione della Repubblica ItalianaArt. 2.La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.Art. 3.Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.Art. 4.La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.Art. 54.Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi.I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge. 
[ii] Carta dei diritti e dei doveri per una civile convivenza Delibera del Consiglio comunale P.G. n. 34140/2003 approvata il 31 marzo 2003 La seconda metà del secolo XX ha visto la città di Bologna profondamente trasformata in termini demografici, economici e sociali. Un cambiamento significativo si è registrato nella composizione della popolazione in seguito all’insediamento di lavoratori migranti e rifugiati provenienti da tutti i continenti del mondo. E’ convinzione del Comune di Bologna che le nuove diversità etnico – culturali siano importanti elementi di sviluppo civile, ma che possano al contempo tradursi in una fonte di crisi della pacifica convivenza della comunità locale se le Istituzioni nazionali e locali non porranno in essere, preventivamente, le azioni più opportune nella direzione dei principi di uguaglianza, solidarietà, sussidiarietà e reciprocità realizzati nella cornice della democrazia costituzionale. Si deve tenere per fermo che la Società Europea del nuovo millennio, fondata sui principi della universalità dei diritti umani fondamentali consacrati nella Carta Europea dei Diritti, nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, nella Convenzione sui diritti dell’infanzia, deve tenere conto, della individualità di ogni essere umano di qualunque etnia, area geografica e cultura di appartenenza. Nello stesso tempo la nostra città, da sempre portatrice di una cultura improntata all’accoglienza, all’ospitalità, alla solidarietà ed all’apertura verso chi viene da fuori, ha mantenuto questi suoi tratti caratteristici via via che la comunità locale si è allargata ed anzi, pur arricchendosi dell’apporto di nuovi abitanti, ha altresì mantenuto la propria identità originaria. Tenuto conto di ciò, il Comune di Bologna riconosce che ogni persona che legittimamente vive e lavora nel territorio comunale e che si inserisce in un sistema di doveri originati non solo dalle norme vigenti, ma anche da regole sociali inerenti le tradizioni storico – culturali della città che riconosce e rispetta, diviene per ciò stesso “bolognese”, cioè membro di una comunità locale aperta e solidale. Per queste ragioni il Comune di Bologna orienta la propria azione al fine di assicurare eguali opportunità a tutti i bolognesi, indipendentemente, quindi, dalle aree geografiche e culturali di provenienza. Per fare questo si ritiene anzitutto indispensabile, da un lato che ai nuovi giunti sia assicurata l’informazione sulle regole basilari della democrazia nazionale e sulle tradizioni storico – culturali della città e, dall’altro, che essi si impegnino a prenderne conoscenza. Nello stesso tempo è necessario che tutti i bolognesi mantengano fermi i valori di accoglienza e solidarietà che da sempre li hanno caratterizzati e si impegnino ad agevolare l’inserimento dei nuovi venuti affinché i medesimi possano in prospettiva divenire membri a pieno titolo della comunità. La civica Amministrazione è infatti convinta che la pacifica convivenza non possa che realizzarsi all’interno di una società accogliente ed aperta, fondata sulla fiducia degli uni verso gli altri. A tali fini, il Comune di Bologna, nel confermare la propria azione per l’effettiva tutela e salvaguardia dei diritti fondamentali di cui ciascuna persona è titolare e nel richiedere a tutti i propri abitanti il massimo rispetto dei fondamentali doveri civici, ha deciso di raccogliere i principi ispiratori in una Carta, definita “Carta dei diritti e dei doveri per una civile convivenza”, in coerenza alla quale ogni bolognese, indipendentemente dalla sua origine nazionale o regionale, dalla diversità culturale, dalle abitudini e dal diverso credo religioso, possa identificarsi come membro della comunità locale. Per realizzare questi intenti il Comune di Bologna si fa promotore e garante di un patto ideale tra tutti i bolognesi, di qualunque provenienza, volto a creare le migliori condizioni di convivenza che sono la premessa indispensabile per l’effettivo rispetto dei valori indicati e per un percorso di vita futura di serenità e prosperità. La presente Carta, che è in qualche modo carta di identità della città di Bologna, verrà consegnata al momento del rilascio della carta d’identità personale. Art. 1 Patto di convivenza  1. La Città di Bologna riconosce che ogni persona con residenza a Bologna che legittimamente vive e lavora nel territorio comunale, che si inserisce in un sistema di doveri originati non solo dalle norme vigenti, ma anche dalle regole sociali inerenti le tradizioni storico – culturali della città, e che tali norme accetta e rispetta, diviene componente della comunità territoriale, e pertanto bolognese.  2. La Città di Bologna, consapevole della propria identità e nella persuasione che le diversità etniche, culturali e religiose possono arricchire il patrimonio culturale della Città in un quadro di compatibilità e di pacifica convivenza, garantisce, nell’esercizio delle proprie funzioni e nell’erogazione dei propri servizi, pari condizioni a tutti i bolognesi.  3. Ogni bolognese, indipendentemente dall’area geografica di provenienza, è tenuto a rispettare, insieme agli obblighi sanciti dalla legge a salvaguardia dei diritti di tutti, i doveri civici e i valori culturali posti a presidio della solidarietà e della comune convivenza, nella consapevolezza che quanto oggi ci è dato è frutto della storia e dei sacrifici delle generazioni che ci hanno qui preceduto ed è destinato ad essere trasmesso a quelle che verranno.  Art. 2 Inserimento civico  1. L’inserimento nella città è realizzato mediante azioni mirate:  – alla riduzione dell’emarginazione dei soggetti più indigenti insieme a politiche specifiche volte a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto le pari opportunità per tutti gli immigrati 1; ad agevolare, nel rispetto della legge, i ricongiungimenti familiari e le relazioni sociali dei figli degli immigrati2; – a favorire la partecipazione dei rappresentanti della comunità locale, nello spirito dell’articolo 1 della Carta, negli strumenti consultivi dei diversi settori che erogano i servizi comunali, con particolare riguardo a quelli scolastici, sanitari e a quelli operanti nei diversi ambiti del sociale, nonché negli appositi organismi consultivi sulle questioni di interesse degli immigrati che si riterrà opportuno istituire3.  2. La Giunta comunale redige periodicamente un rapporto sulla condizione degli immigrati e sui risultati delle iniziative adottate e lo presenta al Consiglio comunale.  3. La Giunta comunale orienta l’esercizio delle funzioni e delle attività comunali agli scopi di cui al presente articolo.  Art. 3 Discriminazioni e Razzismo Il Comune di Bologna, in conformità alle norme costituzionali di eguaglianza formale e sostanziale e nella convinzione che la pacifica convivenza tra tutti i bolognesi sia possibile solo in una società accogliente e priva di barriere discriminatorie tra i membri della propria comunità, è consapevole che le pari opportunità tra i bolognesi possono effettivamente realizzarsi solo con l’osservanza di tali valori; ripudia perciò qualsiasi forma di razzismo o di discriminazione a causa dell’origine etnica e dell’appartenenza religiosa in quanto contrastante con il valore della dignità della persona ed estranea alla storia e alla cultura della comunità bolognese.4 Il Comune di Bologna si impegna a promuovere iniziative coerenti con tali valori e idonei a favorirne la concreta attuazione, e a predisporre azioni di monitoraggio tra i bolognesi dirette a far emergere situazioni di disagio dovute a discriminazioni pubbliche e private. 1 Art. 3 Costituzione; art. 41 T.U. Immigrazione, così come modificato dalla Legge 189/2002. 2 Art. 29 Costituzione; artt. 28,29,30 T.U. cit. 3 Artt. 3 e ss. dello Statuto del Comune di Bologna 4 Artt. 43, 44 T.U. cit. Art. 4 Informazione e Conoscenza 1. Il Comune di Bologna, nella convinzione che la piena conoscenza dei problemi connessi ai processi di immigrazione e l’adeguata informazione assicurata agli immigrati dei propri diritti e doveri5, nonché degli interventi posti in essere dall’amministrazione cittadina o da altre autorità o enti pubblici e privati, costituisca il presupposto indefettibile per la piena partecipazione alla comunità bolognese, provvede a: 1.1 garantire opportuni strumenti di conoscenza della lingua italiana, delle principali norme costituzionali, penali e civili, delle regole amministrative riguardanti il soggiorno in Italia degli stranieri e degli immigrati e delle principali tradizioni culturali e sociali della Comunità nazionale e locale; 1.2 assicurare un’adeguata informazione dell’offerta di servizi comunali e degli interventi posti in essere da altri enti pubblici o soggetti privati; 1.3 monitorare gli episodi di conflitto tra gruppi di origine e cultura differenti, agevolandone la composizione con modalità informali o arbitrali; 1.4 impegnare l’amministrazione comunale a controllare e a aggiornare i dati riguardanti i servizi più direttamente interessati all’intervento in favore degli immigrati, in modo da verificarne l’adeguatezza e l’efficacia. 2. Gli immigrati soggiornanti sul territorio bolognese hanno il dovere di attivarsi per usufruire nel modo più proficuo possibile degli strumenti di conoscenza messi a loro disposizione ai sensi dei comma 1.1 e 1.2 del presente articolo. 3. Le associazioni di immigrati presenti in città sono tenute a promuovere fra gli immigrati i servizi di cui sopra affinché se ne avvalgano effettivamente. Art. 5 Coordinamento Il Comune di Bologna favorisce il più ampio efficace coordinamento tra le diverse autorità e i soggetti pubblici e privati operanti in materia di immigrazione e a tal fine assume iniziative e formula proposte e raccomandazioni. A tale scopo le iniziative, le proposte e le raccomandazioni sono adottate, anche per il tramite della Conferenza permanente costituita presso l’Ufficio Territoriale del Governo ai sensi dell’art.4 del DPR 17 maggio 2001 n.287, o organismi analoghi che fossero in futuro costituiti, e dovranno comprendere le iniziative inerenti i problemi abitativi, i servizi scolastici, sanitari, del lavoro e di pubblica sicurezza. 5 Art. 42 T.U. cit. Art. 6 Scuola La scuola è un momento privilegiato di socializzazione e aggregazione tra tutti gli appartenenti alla comunità bolognese, che accettino le regole consolidate di convivenza civile qualunque sia la loro provenienza, condizione e cultura6. In considerazione di ciò il Comune di Bologna adotta iniziative dirette ad assicurare a tutti i bolognesi pari opportunità formative, a ridurre progressivamente i dislivelli esistenti tra gli studenti di origine immigrata e gli altri studenti, ad agevolare il più ampio coinvolgimento dei genitori degli allievi di origine immigrata, a rendere effettiva la facoltà di iscrivere al servizio scolastico anche i minori immigrati. A tale scopo le famiglie dei cittadini extracomunitari debbono impegnarsi a far sì che i propri figli frequentino ogni esercizio prescolastico, scolastico ed extrascolastico che sia messo a loro disposizione per raggiungere la parità di livello con gli altri studenti. Art. 7 Tutela della salute La tutela della salute7 è assicurata a tutti i bolognesi e a tutte le persone presenti sul territorio in conformità alle normative vigenti. Il Comune di Bologna promuove un’azione plurilingue di educazione preventiva alla salute e opportuni interventi per evitare dislivelli nell’effettiva fruizione dei servizi sanitari. Art. 8 Lavoro e Abitazione Il Comune di Bologna, nella considerazione che l’inserimento lavorativo costituisce condizione essenziale per lo sviluppo della persona umana e l’inserimento nella comunità locale, e presupposto per il diritto ad una retribuzione proporzionata all’attività svolta, si adopera affinché il diritto al lavoro sia effettivamente riconosciuto a tutti i bolognesi in relazione alle proprie inclinazioni e capacità8. A questo fine si impegna a sostenere le strutture formative locali affinché garantiscano agli immigrati che legittimamente risiedono e lavorano nel territorio comunale e alle fasce più deboli della popolazione bolognese la possibilità di ricevere un’adeguata istruzione o aggiornamento professionale per migliorare il proprio livello occupazionale. Il Comune di Bologna adotta le opportune iniziative preordinate ad evitare ai bolognesi di qualunque origine e provenienza situazioni di profondo disagio abitativo, in particolare favorendo, nel rispetto della legge, e nella consapevolezza del valore sociale dell’istituto familiare costituzionalmente inteso la disponibilità di 6 Art. 38 T.U. cit. 7 Art. 32 Costituzione; artt. 34,35,36 T.U. cit. 8 Artt. 6, 22, 41 T.U. cit. alloggi9, in affitto o in proprietà, a canoni o a tassi agevolati per le fasce sociali che siano riconosciute più indigenti. Art. 9 Rifugiati politici Il Comune di Bologna, compatibilmente con le risorse annualmente disponibili, assicura adeguato sostegno e assistenza ai richiedenti rifugio politico10 ed ai profughi provenienti da paesi in guerra, fino al termine della belligeranza. 9 Art. 40 T.U. cit. 10 Art. 31 Legge 189/2002