L’urgenza, quando il malato è di Stato, da noi conta poco, quasi niente. Ne La Fossa di Kuprin c’è una frase terribile, in cui una piccola peccatrice agonizza: “il dottore venne, non accorse”. Ebbene, l’arte della tragedia ci è familiare quanto quella del mancato rimedio, o del rattoppo in tempi tecnici abissali. Siamo sempre i migliori, in positivo e in negativo: italians do it better. Lo sfottò mondialeglobale ci si appunta alla perfezione come una medaglia al valor merito, anche se le prime pagine sono tutte un vituperio. L’Italia è la culla della cultura, ma in fatto di scuola è un insulto. Professori sottopagati, strutture fatiscenti, corsi dequalificanti, pochi insegnamenti attualizzati, soprattutto in inglese. Gli sbocchi pratici e la ricerca sono fermi al neozoico. Gli studenti non vedono più la laurea come un traguardo, preferendogli un provvidenziale lavoro – tanto prezioso, in tempi di recessione -; gli stranieri si allontanano sempre più, parola di sua maestà la Statistica. Inutile invocare Santa Maria Stella: il Ministro dell’Istruzione è occupato a screditare i docenti del Sud, dove peraltro ha ottenuto il “lasciapassare” e le chiavi del Paradiso. Galeotta fu Reggio Calabria (suo malgrado), in nome della meritocrazia e della discriminazione. Voglia perdonarci l’onorevole Gelmini; non era che ironia, seppur radicata nella realtà quotidiana. Resta una voragine da colmare al più presto, nel claudicante organigramma scolastico made in Italy, dove soltanto le elementari sembrano funzionare egregiamente. Maestro unico & dispute di palazzo a parte. Meditate, gente, meditate, ma senza restare con le mani in mano. Ne va del futuro delle nuove generazioni. Perché non si debba resuscitare quel mondo patetico e crudele che Fellini raccontò con la sferza di Pierino in Amarcord, con la consapevolezza e la pietà dei poeti.