L’Italia che ben comincia e non finisce, è punteggiata di ecomostri, insufficienze secolari.
Cattedrali nel deserto, erette sul sacro suolo di parchi naturali, aree protette, storiche, o comunque patrimonio paesaggistico da preservare, si stagliano al cielo come vergognose Incompiute, cantieri permanenti, simulacri dell’abusivismo o della speculazione. Immuni dallo sforzo di riscattarsi agli occhi della comunità, imprenditori senza scrupoli e istituzioni consenzienti hanno ingrassato le casse private, remando contro intenti umanitari e ogni lecita speranza. Strilloni & trafiletti hanno urlato lo scandalo più volte, senza il sollievo del riscatto. Neppure un tentativo. Qualche parola di circostanza, promesse assuefatte, e poi di nuovo ospedali in costruzione da decenni, ambulanze senza benzina, disfunzioni ai confini della realtà; l’assistenzialismo ereditario ha mietuto vittime anche tra i carnefici, peraltro rimasti fedeli al loro Credo, incapaci di biascicare parole credibili. Nel corso degli anni sono stati coniati pochi verbi di forza e lavoro, nei palazzi che contano, forse perché quei palazzi sono lontani dalle sale dorate coi gonfaloni e le poltrone di velluto. La radice del male è globale, sta nell’animo della gente stessa, quella che appoggia la denuncia sociale e poi contribuisce a delinquere, quella che applaude Saviano e il suo reportage-verità in Gomorra, ma che lo costringe a vivere sotto protezione, da emarginato. Non bastano i servizi tv e gli approfondimenti per debellare un virus che si traveste così bene da sembrare una virtù, è un’alchimia genetica da correggere fin dalla nascita con l’educazione e la cultura. Una cultura votata al futuro, all’avvenire, perché non sia solo un credito da chiedere allo sportello dei santi e delle superstizioni. Faccilagrazia serve a poco, senza l’impegno di tutti. Se c’è uno sportello apposito, in un remoto Paradiso, è già al corrente di tutto: aspetta soltanto che noi ci si metta all’opera.