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3° ISTITUZIONE DI UN AUTOREVOLE COMANDO GENERALE MILITARE EUROPEO(Co.Ge.M.E.)che, presieduto dal Commissario alla Difesa Europeo, coordina tutte le forze armate ed i servizi segreti e di spionaggio dei vari Paesi comunitari, dotando le prime di identiche divise ed identico armamento, i secondi di uguali apparati tecnici e logistici, in modo che fra i Paesi della U.E. non vi sia sperequazione.Ogni esercito, marina ed aeronautica dei singoli Paesi comunitari dovrebbe avere in dotazione, attingendo per i finanziamenti al Co.Ge.M.E., che a sua volta li riceverà dalla B.C.E. in accordo col Commissario per l’Economia e quello per la Difesa, gli stessi carri armati, i medesimi mitra, gli identici tipi di aerei, uguali navi e sommergibili. Uguale armamento, insomma, senza disuguaglianza tra di essi.È inconcepibile, difatti, che l’esercito inglese o francese (tanto per fare qualche esempio e rendere l’idea) possa essere dotato di un armamento supersofisticato (bombe nucleari e quant’altro) solo perché può permetterselo per questioni politiche o di bilancio e ricchezza nazionale, essendo oggi i finanziamenti bellici e non solo, ancora appannaggio dei singoli bilanci nazionali, mentre l’esercito italiano o portoghese deve accontentarsi di mezzi e quant’altro un po’ superati perché meno abbienti. Stessa cosa dovrebbe valere per i servizi segreti, di informazione e di spionaggio.Ciascun soldato della U.E. dovrebbe indossare un’uniforme uguale a quella degli altri suoi commilitoni degli altri Paesi comunitari con la particolarità, a titolo di mero distinguo, di recare sulla manica o in altra parte della divisa, uno scudetto o quant’altro, con i colori della bandiera del suo Paese oltre, beninteso, a quello della comune bandiera europea. La N.A.T.O. rimarrebbe sempre e comunque l’organismo di difesa comune e l’alleanza con gli U.S.A. inscindibile ma la differenza, come ribadito, dovrebbe consistere nel fatto che a bilanciare l’attuale strapotere politico e militare degli americani (un gigante U.S.A. e tanti nani europei, è stato detto) vi sarebbe quello altrettanto sostanzioso di un’Europa unita.L’impostazione di un esercito europeo dovrebbe avvenire, però, senza mescolare insieme piccoli reparti di varie nazionalità perché fare ciò, per plasmare forze armate integrate ed uniche, è un lavoro da Sisifo. È molto meglio, invece, formare eserciti nazionali efficienti, ben equipaggiati e coordinati, per l’appunto dal succitato Co.Ge.M.E., dai quali trarre Divisioni e Corpi d’Armata da raccogliere in unità superiori internazionali: sistema che, oltre ad essere il più semplice, è quello che è stato sempre seguito nelle leghe di più Stati.Se gli Stati europei non intendono più essere condannati ad annaspare come esseri impotenti, possono scegliere tra più soluzioni oppure affidare la loro difesa a chi è più forte di loro: gli U.S.A., accontentandosi di approvare tutto ciò che fanno i loro protettori. Lo svantaggio sta proprio nel fatto che essi si ritrovano obbligati ad approvare, quasi sempre, direttamente o indirettamente, la loro politica, quale che essa sia. La soluzione alternativa non consiste nel rinunciare alla protezione americana senza preoccuparsi di sostituirla con un’altra. Questo è l’atteggiamento dei Paesi neutrali come la Svizzera o l’Austria ed è ben noto che una simile tentazione pacifista è altrettanto solida in Germania. Il disarmo non ha mai garantito la pace: alcuni aggressori non capiscono altro linguaggio della forza. Gli Stati disarmati diverrebbero facile preda di coloro che non hanno rinunciato ad imbracciare le armi. E perché mai dovrebbero, costoro, astenersi dall’assoggettare un’Europa opulenta e, a maggior ragione, indifesa? Gli uomini politici che dovessero raccomandare questa opzione metterebbero in serio pericolo il destino del loro popolo. L’Europa tutta intera non potrebbe accontentarsi della via scelta dalla Svizzera, ricca e neutrale: essa è protetta (si fa per dire) dalla sua posizione eccezionale, cosa che non potrebbe valere per tutto un continente.Resta soltanto la soluzione di trasformare la U.E. in una potenza militare, oltre che politica, di modo che essa possa diventare, a sua volta, parte attiva di questo ordine pluralista che assicurerebbe l’equilibrio mondiale. Se l’Europa vuole avere una politica autonoma ed affrancarsi dalla tutela talvolta troppo ingombrante degli U.S.A., (vedansi installazione basi missilistiche militari americane in Europa, quali quella di Vicenza, che tante polemiche e conflitti fa sorgere o quelle che si vogliono costruire in Polonia, Repubblica ceca ecc., e che urtano la suscettibilità della Russia putiniana…) deve assicurarsi la propria difesa da sé medesima. Se intende garantire la sicurezza di tutti i Paesi che la costituiscono, da quelli dell’est a quelli dell’ovest, l’Europa deve dotarsi di adeguate forze armate. Nel processo di formazione di una simile Euro-potenza, ognuno degli Stati membri della U.E. perderà parte della propria sovranità, così come la perderà con l’unione politica, ma come contropartita otterrà un aumento della sicurezza e una sovranità collettiva decisamente superiore. Soltanto questa soluzione potrebbe distogliere gli U.S.A. dalla tentazione imperialistica alla quale oggi soccombono.Diventare una potenza politico-militare non significa imitare l’esempio degli U.S.A. né significa rinunciare all’impiego della forza quando questa è inevitabilmente necessaria, bensì divenire una potenza pacifica che usa il suo prestigio economico, politico e militare per dissuadere Paesi terroristici o dittatoriali a seminare odio ed inquietudini nel mondo. L’Europa, in buona sostanza, dovrebbe essere impostata come uno Stato federale dove ogni nazione membro, pur conservando la propria individualità, identità, leggi, usi e costumi, delega, però, ad Organismi Sovrannazionali  (Parlamento, Commissione, B.C.E., Co.Ge.M.E.) quanto sopra elencato, ovvero:           il coordinamento generale della politica dell’Unione (comprendendo, con questa, nell’ambito del Governo federale, anche una istituzione sovrannazionale europea per la sorveglianza dei confini comunitari al fine di contrastare l’immigrazione clandestina);          la difesa;          la politica estera;          la emissione di moneta, la politica fiscale e la politica economico-monetaria federale;          le decisioni per le sovvenzioni economiche agli Stati membri nei cui territori o attraverso i quali, si intendono realizzare grandi opere pubbliche di utilità continentale; il coordinamento e il finanziamento per la ricerca scientifica, tecnica, sanitaria ed energetica (fonti di energia: nucleare, petrolifera..ecc.) a livello federale e quant’altro in tal senso. Ogni Stato comunitario, pur essendo autonomo in ciò che non di pertinenza federale, quale potrebbe essere:           l’ordine interno (ogni Stato conserva sostanzialmente le proprie attuali leggi con la prerogativa di continuare a legiferare nel rispetto dei dettami costituzionali europei che prevedono, tra l’altro, la tutela e il rispetto dei valori umani e democratici);          la polizia nazionale (mentre in ambito federale è prevista una Interpol continentale o F.B.I. che dir si voglia per i reati federali e per la cattura di criminali fuggiti o introdottisi in uno dei Paesi comunitari);          l’amministrazione della giustizia (ovviamente certe leggi devono essere non troppo dissimili fra i membri dell’Unione e un certo coordinamento deve sussistere di conseguenza);          il bilancio economico nazionale (che, in campo federale, diverrebbe come quello dei nostri comuni, province ecc. rispetto a quello nazionale);          l’istruzione (con riconoscimento automatico di titoli di studio in ambito federale e possibilità ad alunni di iscriversi o frequentare qualsiasi scuola, università ecc. nell’ambito dell’U.E.);          il credo religioso, ecc.; tuttavia appartiene alla U.E. contribuendo a sostenere la stessa e dalla stessa è rappresentato nei rapporti con i Paesi extracomunitari, sostenuto nell’economia monetaria e tutelato nella difesa militare. L’Europa federale, tra l’altro, dovrebbe essere un organismo quale fu illustrato nell’apologo di Menenio Agrippa, dove vi può essere un cuore e un cervello (rappresentato, magari, da nazioni quali la Germania, la Francia, il Regno Unito l’Italia) ma tutte le membra sono di pari importanza perché tutte indispensabili alla vita.La Germania, ad esempio, ha un’eccezionale potenza e capacità industriale ma non potrebbe avere un’esistenza equilibrata e soprattutto non sarebbe in grado di sopravvivere senza le regioni meno industrializzate ma più agricole che la circondano (Spagna, Grecia, Portogallo…). L’insieme, perfettamente armonico e altamente civile, costituisce appunto l’Europa, erede della civiltà greco-romana e del medioevo cristiano-germanico. Necessiterebbe, inoltre e soprattutto, cercare di uniformare gli stipendi e le retribuzioni in genere, nell’ambito della U.E. (e questo sarebbe uno dei precipui compiti spettanti ad un Governo Centrale Federale), perché non basta avere la cosiddetta moneta unica se poi lo stipendio di un portalettere o ferroviere o il salario di un operaio metalmeccanico italiano (tanto per fare un esempio e rendere l’idea) è diverso da quello di un suo collega francese o tedesco o greco con pari nucleo familiare, mansioni ed anni di servizio e ciò perché esso viene determinato ancora dalle singole nazioni con i loro bilanci,  redditi e prodotto interno lordo.Tra l’altro non esiste un Paese unito che non abbia un coordinamento fiscale unitario (“Il potere senza il diritto di stabilire imposte, nelle società politiche, è un puro nome” – citò Alexander Hamilton, come sopra esposto). Questo non accade in questa Europa (si fa per dire unita) dove solo la politica monetaria è decisa a livello sovrastatale. L’Europa è un’istituzione zoppa che cammina solo con l’unica gamba dell’unione monetaria. Si decidono a livello centrale i tassi di interesse, il costo del denaro, ma non vengono prese decisioni a livello fiscale e quindi, di conseguenza, non c’è una ridistribuzione della ricchezza a livello europeo. Ognuno, come sopra affermato, resta a casa sua con i suoi problemi: il debito pubblico (chi ce l’ha), la disoccupazione, le pensioni. L’unione fiscale, anzi la presenza di un coordinamento fiscale a livello europeo, previsto nel piano Werner (1971) fu rifiutata perché nessuno, in questa Europa claudicante, ma soprattutto i Paesi più ricchi, vollero che le tasse dei propri cittadini andassero a pagare i sussidi e le pensioni in altri stati europei.Ve la immaginate una Germania che contribuisce alla Cassa Integrazione italiana o al risanamento del sistema sanitario rumeno?Negli Stati Uniti non pagare le tasse è considerato un reato federale. Si possono prevedere forme di decentramento, ma uno Stato unito è composto da un’unione monetaria e da un’unione fiscale, altrimenti abbiamo (come lo è oggi l’Unione Europea) tanti piccoli Stati separati, o Stati zoppi, con tutte le conseguenze che ne derivano. Una di queste conseguenze è che se gli Stati Uniti svalutano il dollaro o l’euro si impenna sul dollaro, ciò mette in crisi gli Stati europei più deboli che trovano difficoltà ad esportare, e una crisi economica, anche se contingente, di uno Stato appartenente alla cosiddetta Unione Europea,  non potrà essere aiutata facendo ricorso alle risorse di uno Stato più ricco!!Svalutare o indebolire il dollaro è forse un tentativo di mettere in crisi l’U.E.? Così come fu messa in crisi ai tempi della guerra del Kippur (sempre piano Werner) quando il costo del greggio, come del resto accade oggi, salì alle stelle e ogni Paese europeo iniziò a pensare a se stesso acquistando il petrolio dal proprio emiro preferito? Io nella mia posizione di semplice, comune, mortale cittadino, non ho il potere né la pretesa di cambiare le sorti del mondo né quelle dell’Europa né di stravolgere l’ordine (o il disordine) mondiale; spero solo che il processo di unificazione politica dell’Europa, qualora lo si voglia davvero portare avanti con serietà e determinazione, non si risolva in una beffa o in una bolla di sapone per cui tutte le istituzioni europee rimangono soltanto sterili, inutili e soprattutto dispendiosi monumenti rappresentativi e che la cosiddetta Costituzione Europea presentata o da reimpostare non si limiti ad essere poco più di un banale regolamento di condominio nel quale gli Stati continuano a rimanere pur sempre gelosamente ed ottusamente sovrani di niente, bensì il fondamento di uno Stato giuridicamente tale dove i Paesi comunitari sono, pur nella loro specificità ed autonomia, soggetti agli stessi Organi di coordinamento e parti integranti di una Nazione federata europea, obbedendo tutti alle medesime direttive e godendo tutti degli identici diritti e sottostando ai comuni doveri. Credo che se si riuscisse a creare già, quanto prima, ripartendo un po’ da zero, una sorta di unione politica formata da un primo gruppo di Paesi che vogliono incamminarsi seriamente su tale via (la cosiddetta cooperazione rafforzata che del resto esiste già, visto che alcuni Stati dell’U.E., ad esempio, hanno aderito alla moneta unica ed altri no, creando così già dei distinguo in seno alla unione che si sta rivelando sempre meno omogenea e coesa, specie dopo l’entrata di nuovi Paesi al 1° maggio 2004 e al 1° gennaio 2007) cominciando così a rimuovere lo stallo formatosi, ciò potrebbe indurre altri, per ora più scettici o restii, ad aderire a quella che sarebbe una nazione federata, forte e rispettata. Credo che qualunque Paese non vorrà restare isolato ed escluso da un gruppo che, dando segnali concreti di unione vera (stessa moneta, stesso esercito, medesima politica estera e via dicendo) e proclamando, addirittura, la formazione di un nucleo di Stati Uniti d’Europa, comincia davvero a funzionare e a cogliere successi in rispetto, credibilità, prestigio e vantaggi collettivi. Penso che lo scetticismo che pervade oggi molti Paesi della U.E., spingendoli a boicottare o frenare molte iniziative di integrazione nasca dal fatto che essi, non credendo più di tanto ad una probabile unione, visto lo stallo attuale e l’andamento delle cose davvero scoraggiante frutto di un percorso di integrazione alquanto mal impostato dove anche alcuni Paesi, fra cui l’Italia, purtroppo, non brillano proprio per serietà di comportamenti e civiltà (vedansi debito pubblico sempre in vetta, governi incerti e traballanti, criminalità organizzata imperante all’interno del nostro Paese Italia, riforme economiche ed istituzionali che non vengono attuate, scandali che si susseguono uno dietro l’altro, scioperi a catena, ecc. ecc.) ritengono più conveniente ed opportuno non sbilanciarsi ma rimanere ancorati più ai propri interessi e situazioni nazionali certe e non del tutto spiacevoli (vedansi, per l’appunto Regno Unito, Danimarca e Svezia) che imbarcarsi in un’avventura senza prospettive concrete, dall’esito incerto e che, soprattutto, sconvolge, senza apparenti garanzie, un loro mondo costruito in anni ed anni di storia (del resto, anche fra le comuni persone, quale famiglia, ricca, seria e lavoratrice si unirebbe ad un’altra composta prevalentemente da sfaticati, disoccupati, debosciati, alcolizzati, spendaccioni pieni di debiti, e della quale dovrà poi sobbarcarsi mantenendola senza avere alcuna garanzia in cambio? Così in Europa, quale nazione vorrebbe unirsi con Paesi dei quali non ci si può fidare  -vedi Italia, purtroppo – e che non offrono alcuna garanzia o serietà di comportamenti? Meglio, allora, non compromettersi troppo e restare solo “buoni amici” o “conviventi”in una apparente istituzione unitaria  piuttosto che … unirsi a vita in un matrimonio d’inferno!!!). Viceversa, se si continua a tergiversare in disquisizioni, sperando di addivenire a decisioni all’unanimità e quant’altro, arriveremo alle calende greche con ancora una pseudo U.E. composta sempre da Paesi indipendenti e sovrani tutti intenti a contrastarsi, a coltivare i propri interessi e a cercare scuse (vere o, a volte, presunte) per non rovinare il proprio orticello unendosi politicamente ad altri ma solo ad … allargarsi in un mero mercatone. È indubbio che al di là delle gelosie, delle invidie mal celate, delle contese a colpi di coltello sferrati con il sorriso sulle labbra sotto il famoso tavolo delle conferenze intergovernative l’Unione Europea è senz’altro, per ora, solo una realtà economica di importanza mondiale (Comunità di Fenici?) che dal 1° Gennaio 2007 pur avendo assunto le dimensioni di un continente imperiale di circa 500 milioni di abitanti, con l’ingresso nella U.E. di altri due Paesi, rimane ancora, purtroppo, un nano politico e militare sulla scena mondiale. Per questo si aspetta soltanto (sperando che l’attesa non sia eccessivamente lunga, se non inutile) che gli Europei e chi li governa, soprattutto, ne prendano atto e, dopo aver finalmente accantonato i rimasugli di un passato di contrasti, decidano, una buona volta, con uno sforzo che sarà sicuramente ripagato, di farne un organismo statale dotato di grande potere e prestigio nel mondo d’oggi.