Il cammino delle Borse è un’altalena che concede poco alla fantasia nazionalpopolare, e molto a quella di speculatori, arrivisti e teologi della capitalizzazione. In principio fu il crack Lehman Brothers, disastro annunciato & strumentalizzato ai fini di politiche monetarie di speculazione suicida, in seguito furono gli istituti bancari affiliati, insieme a quelli assicurativi, a nutrire in seno il germe del sospetto, lo spettro della ripercussione globale. Una mossa (im)prevista su uno scacchiere da sempre dominato dalle grida prima che dai riscontri concreti. Dejà vu, dicono oltralpe, anche se stavolta il colpo è stato vibrato a fondo, così a fondo che persino il neo-premio Nobel Krugman si è detto terrorizzato dall’attuale situazione dei mercati, tanto da intravedere attinenze con la Grande Depressione del 1929. Ma la scienza, la cabala e la saggezza popolare insegnano che non sempre dove c’è fumo si cuoce l’arrosto. Dunque, cronaca nuda. Per capire. Il malato non è terminale, sempre che di degente si parli. Vietato alimentare gli allarmismi, pena giocare al tavolo degli speculatori con perdite sicure, ma ignorare la stretta creditizia non è salutare. Secondo il Fondo Monetario Internazionale nel Bel Paese le perdite delle istituzioni finanziarie potrebbero arrivare a quasi mille miliardi di euro, immolati sull’altare della crescita Zero. La svalutazione della moneta brasiliana a rispetto del dollaro ha sorpassato ogni più infausta previsione, e il gigante sudamericano potrebbe trascinare gli stati attigui verso un gorgo pericoloso. Cina e Giappone stanno progressivamente perdendo ogni controllo sull’economia americana, e se fino a poche settimane fa potevano vantare tale posizione nei confronti di Washington, ad oggi sono affacciate in severa attesa. Il colosso del Drago non intende pagare il fio degli errori altrui, e per farlo – mantenendo intatto il suo potere di egemonia/ricatto sugli Stati Uniti – deve necessariamente collaborare. Per Gordon Brown siamo al momento della verità, o uno dei tanti; i governi del G7 annunciano un piano d’intervento da duemila miliardi di dollari, e dalla bozza stilata nel vertice dell’Eurogruppo emergono provvedimenti d’ampio respiro: garanzie di Stato sui prestiti interbancari, ricapitalizzazione dei colossi in difficoltà, e rispetto del coefficiente patrimoniale delle nazioni aderenti con apposite risorse (azioni privilegiate). Almeno sino al 2009. La corsa alla smentita a fini promozionali, dunque, è partita, e tutti giurano sulla solidità dei propri conti. Va fatto un distinguo fra le quotazioni di Borsa e l’andamento delle realtà in essa quotate, sottolineano capigruppo e amministratori delegati, eppure qualcosa non torna, poiché a dispetto delle dichiarazioni, nessuno ha previsto eventuali aumenti di capitale. Niente nomi, niente soggetti o Grandi Firme, soltanto dati. Sono ciò che azionisti, correntisti e formichine risparmiatrici chiedono a garanzia di una sana informazione. Perché qualcuno già sa, e dai fulcri di mezzo globo dondola sull’altalena del rischio. Piazza Affari non diverge, e fa registrare un rialzo di oltre 10 punti percentuali. Perché i soldi, alla fine, sono nulla, ed è dal nulla delle ceneri che l’araba fenice risorge ogni volta. Col verso, ahinoi, dell’animale da cortile.