Meryl Streep! Una leggenda del cinema si racconta su Italoeuropeo

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Meryl Streep

È forse l’attrice più rispettata al mondo; è la più amata dalla critica ed una delle più apprezzate dal pubblico di tutto il mondo.( di Francesco CInquemani) Ha quasi sessant’anni ed un curriculum impressionante (tra cui 14 nomination agli Oscar), potrebbe iniziare a pensare alla pensione, ma è ancora piena di vitalità ed ironia…  Hai detto che a Hollywood c’è sempre un prezzo da pagare…Sì, per forza. Le celebrità perdono la loro privacy e non è una cosa da poco. E non è vero che se la vadano sempre a cercare. C’è un nuovo sito web, che mostra come vivono le persone famose nelle loro case, in famiglia. Mandano i paparazzi a fotografare attraverso le finestre delle nostre case anche quando siamo a tavola, in cucina od in bagno. E sono cose che vengono seguite da tantissime persone in giro per il mondo. Lo trovo folle e questo mi spaventa. Io al successo non ho mai prestato troppa attenzione. Alla fine di ogni film ero convinta che sarebbe stato l’ultimo. Che nessuno mi avrebbe più richiamata. Che la mia carriera sarebbe finita da lì a poco. Ricordo che, intorno ai quarant’anni, dissi a mio marito che ci saremmo dovuti organizzare per quando sarei andata in pensione. Invece c’è sempre stato un altro film, poi un altro ancora e… be’, sono qui (sorride)… Sono grata di essere ancora qui; sono grata per tutte le cose che ho realizzato e per tutte le occasioni che ho avuto. Certo, col tempo ti senti a poco a poco più stanca, ma sento di avere ancora molta vitalità. Guardando alla tua lunga carriera hai qualche rimpianto? Nessuno, sono proiettata in avanti al punto che alcune pellicole non ricordo nemmeno di averle fatte. Qualche giorno fa, ero al Festival di San Sebastian, dove hanno proiettato delle scene dei miei vecchi film… sono rimasta sbalordita, alcuni me li ero proprio dimenticati! Sarà perché? Io guardo alla mia carriera come ad un album di famiglia. Sfogliandone le pagine, non ci sono i premi o le recensioni positive, ma le persone che ho incontrato, i luoghi dove ho girato, i posti, i ristoranti dove ho cenato… lo ammetto, amo il buon cibo. Come hai costruito la tua carriera?Lentamente ed in mezzo alle mie molte gravidanze. Hai mai sofferto del complesso della prima della classe? Di dover essere sempre all’altezza?Quando sei madre di quattro figli non ti senti mai la prima della classe… ci pensano i tuoi ragazzi a ricordarti i tuoi difetti. Avere una famiglia rimette tutto nella giusta prospettiva. Certo, mi capita che qualche collega più giovane provi un po’ di soggezione a recitare con me, ma solo nei primi giorni… Quando si rendono conto che anch’io dimentico le battute, e che quindi sono umana, si rilassano ed è più facile entrare in sintonia. Quali consigli hai dato a tua figlia Mamie quando ha scelto d’intraprendere la carriera d’attrice?Io sono stata fortunata, ma ci sono moltissimi bravi attori che non hanno avuto il successo sperato e si sono dovuti accontentare; ora fanno doppiaggio o qualche pubblicità. Molti di questi sono cari amici e frequentano spesso la mia casa. Questo ha fatto sì che i miei figli avessero un’idea ben precisa di come vanno le cose in questo mestiere. Devo dire che hanno tutti i piedi ben piantati a terra, molto più di me, tanto che non riescono a capire l’ottimismo con cui da ragazza mi lanciai in questa avventura. Ma il fatto che anche Mamie abbia deciso d’intraprendere questa strada è probabilmente un fattore genetico… anche mia madre sognava il mondo dello spettacolo. Mi confessò un giorno che, se non avesse avuto me, le sarebbe piaciuto fare la cantante di un piano bar. E tu ad una carriera canora ha mai pensato?Oddio, no. Mi piace cantare, ma non ho l’intensità, la capacità espressiva necessaria per farlo come mestiere. Una vera cantante mette la propria anima nelle canzoni ed io non credo di riuscire a farlo. Che tipo di mamma sei?Sai, in ogni famiglia c’è sempre il poliziotto buono e quello cattivo. Io sono il poliziotto cattivo. Quando devono chiedere qualcosa i miei figli vanno sempre dal padre, non vengono mai da me. Io sono il tipo: “No, ho detto di no”. Lui invece è quello che dice sempre: “Ma certo, tesoro puoi girare da sola in macchina di notte a diciassette anni attraverso una zona desertica e di periferia per raggiungere i tuoi amici ad un concerto distante 50km… è una grande idea…”. Queste sono le dinamiche a casa mia. Vorrei davvero tanto essere meno apprensiva. Ma sono troppo preoccupata, sono preoccupata tutto il tempo. Mio marito invece non si preoccupa per niente, si fida di più, non so proprio come faccia. Com’è stata l’esperienza di Mamma Mia!Una della cose più divertenti che abbia mai fatto. Abbiamo girato in interni, in Inghilterra, fuori pioveva a dirotto e faceva un freddo cane. Poi entravi in uno studio enorme e c’era il calore, la luce, la musica altissima, i colori; in un istante ti ritrovavi veramente in Grecia. Ero felice, mi sentivo bene. Qual è la tua canzone preferita tra quelle degli ABBA?Dancing Queen! Per forza; se la metti ora, ti costringo a cantarla insieme a me. Mi fa venir voglia di ballare. Che cantante ti sarebbe piaciuta essere?Oh, mio Dio! Posso dirlo?! Tanto non accadrà mai. Le adoro tutte. Tutte, da Janis Joplin a Beyoncé, non saprei scegliere. Nel mio bagno, ascolto sempre la musica e m’immagino di essere come loro. Lo ammetto; canto sempre davanti allo specchio. Il cantare mi attiva il cuore, mi dà gioia e piacere, anche se poi a riascoltarti, sei negata. La gente dovrebbe cantare di più. I miei figli, che sarebbero anche bravi, non lo fanno quasi mai. È triste; non fanno nemmeno più cantare i bambini nelle scuole. La gente ha perso il piacere del cantare insieme, nessuno canta più la stessa canzone. Intendi dire in coro, come a un concerto?No, il fatto è che tutti hanno la propria playlist e queste sono ormai infinite. Prendono le canzoni dal proprio i-Tunes e si fanno una lista, da una canzone passano all’altra. Il programma ti dice: se ti piace questa, allora prova ad ascoltare anche questa. Così si passa da una lista a un’altra e via dicendo. I ragazzi non ascoltano più la musica esplorando i generi, ne scelgono uno e si ghettizzano in quello. Io ascoltavo la mia musica, ma anche i dischi dei miei genitori. È ironico che oggi, in un’epoca in cui potenzialmente puoi ascoltare tutta la musica che viene registrata in ogni parte del mondo, ci sia invece questo fenomeno. Ma cantare per me resta una gioia, lo è sempre stata. Da quando lo hai scoperto?Quando studiavo recitazione le lezioni di canto erano le mie preferite. All’inizio avevo paura, dicevo: "Io non canto, sono un’attrice". E la mia insegnante, una donna meravigliosa, insisteva che tutti lo possono fare. Diceva che se vuoi essere un buon attore devi saper coinvolgere la gente con il canto, che alla fine dell’anno anche i più reticenti sarebbero stati capaci di cantare e far piangere le persone. E accadeva! Lei mi ha insegnato a incanalare le emozioni e a direzionarle così da farle provare anche agli altri. La tua interpretazione di The Winner Takes It All è davvero intensa…Anni fa vidi un video con Agnetha che cantava The Winner Takes It All ed era una interpretazione completamente diversa dalla mia. La verità è che quella è proprio una gran canzone. Mi ha dato una stretta al cuore. Ha questi primi piani in cui lei guarda dritta in camera come Shinead O’Connor nel video di Nothing Compares to You. Aveva la stessa intensità. Penso che interpretarla sia una grande opportunità per un attore. Non è facile cantarla e trasmettere tutte le emozioni che contiene. Il fatto è questo con le canzoni degli ABBA. Prima del film non avevo mai comprato un loro disco, nemmeno un singolo. Ma quando le ho ascoltate per impararle mi sono resa conto che le conoscevo già tutte a memoria. Ti catturano in un modo sottile; ti toccano con dolcezza, e hanno un modo di cantare assolutamente unico. È bellissimo perché ti eleva, ti nutre e ti porta più in alto, ti fa semplicemente stare meglio e non tutti ne sono capaci. Anche se questo non è il mio genere preferito di musica, io ascolto anche i Nine Inch Nails, ma questa è una canzone che tu metti su, e ti porta fuori; accade tutte le volte, ti fa vedere il resto del mondo. Nella sequenza finale, quella di Waterloo, le donne sembrano davvero scatenate, mentre gli uomini sembrano un po’ più impacciati…(Ride) A dir la verità gli uomini erano un po’ a disagio… Sai, io non sono un uomo, ma i costumi erano davvero attillati e, sai… quest’area… (indica con gesti circolari la zona pubica) magari si sono sentiti impacciati per quello. Quella scena l’abbiamo girata alla fine dell’ultimo giorno di lavoro. Avevamo finito. Ovviamente eravamo esausti, ma è stato bellissimo. Avevo ai piedi quegli stivali con il doppiofondo… Quando sono tornata a casa, la pianta dei miei piedi era un’unica, enorme vescica, piena d’acqua! È stato un lavoro doloroso! Non potevo stare in piedi, ho dovuto curarmi le piante. Ma è stato un giorno grandioso. In quella scena avete dei costumi di un Kitch terrificante… Sai che quel costume attillato è sparito subito dopo aver concluso le riprese del film? Probabilmente è stato rubato e giuro che non sono stata io a prenderlo! Credo che quando tutto è stato impacchettato, per essere rispedito a Los Angeles, qualcuno se lo sia gelosamente incartato e portato via per rivenderlo su eBay. Queste cose le pagano un sacco di soldi. Non avevamo ancora visto il primo montaggio che già il costume non si trovava più. Hanno addirittura provato ad accusare me di averlo preso! Io, che non l’avrei mai più voluto rivedere in vita mia! Tutti i costumi sono in linea con lo spirito del film; pensa alla salopette che indosso per tutto il tempo… be’… cerca di capire che è un capo che la gente portava normalmente negli anni ’70. Io stessa ne avevo una quando aspettavo il mio primo figlio. Non ci crederai (si avvicina, fa una smorfia e sottovoce sussurra): era rosa! Rosa! Non posso pensarci! Aveva i palloncini disegnati! Incredibile! Non capisco perché mio marito non mi abbia lasciata vedendomela addosso! Ma era un capo che si indossava, era il capo hippy per eccellenza. Comunque, a volte il Kitch mi piace, in questo film mi piacciono i costumi che ho avuto e quel capo mi consentiva di fare un sacco di movimenti. Be’, i movimenti non ti sono di certo mancati…Sì, dovevo essere piuttosto atletica: saltare, ballare, arrampicarmi sulle scale a pioli e sui tetti… ed io che sono abbastanza pigra e poco incline allo sport ce l’ho fatta! Non hai idea di quello che riesci a fare quando hai paura! C’è l’ho fatta solo perché ero terrorizzata! E poi la salopette non mi ha mai tradito. La costumista è la mia amica Ann Roth, abbiamo lavorato insieme tantissime volte fin dai tempi di Silkwood, e per questo film le ho dato il tormento! Le ho chiesto di assicurarsi che i pantaloni non si strappassero sul più bello, mentre saltellavo su e giù! Hai detto di aver visto per la prima volta il musical di Mamma Mia! a ridosso dell’11 settembre a New York… e che ti ha aiutato, ti ha infuso ottimismo…Penso che ne abbiamo bisogno. Ora più che mai, stiamo ancora vivendo le conseguenze nefaste di quel tragico giorno. Personalmente, ho sempre bisogno di ridere e sentirmi bene, di passare dei bei momenti, soprattutto quando devo concentrarmi molto su qualcosa. Penso che dovremmo tutti, sempre, ricordarci di ridere, ballare e cantare. Noi ci eravamo trasferiti a New York City il 9 settembre del 2001. I miei figli avevano trascorso due giorni durissimi ad ambientarsi nella nuova scuola. E poi è successo. Siamo stati isolati per 18 ore, niente luce, telefono, i ponti erano crollati. Noi eravamo a Manhattan e loro dovevano andare a scuola a Brooklyn. Quando ho visto che debuttava Mamma Mia!, ho detto: “Oh, sì, questo è proprio quello che ci vuole!”. Erano in molti, compresa la regista e la produttrice dello spettacolo, che si dicevano: “Forse non dovremmo proprio debuttare con questo spettacolo dopo questa tragedia, con questa cosa così sciocca e civettuola”. Ma io credo che sia stato un gran bel dono alla città. Ed oggi sono estremamente felice che Mamma Mia! stia avendo questo incredibile successo a livello mondiale, al punto da sorprendere persino lo Studio. Non capisco perché le case di produzione rimangano sempre scioccate di fronte al fatto che le donne possano avere voglia di divertirsi. Per fortuna le cose stanno cambiando, perché oggi ci sono molte più figure femminili in grado di finanziare i film e ci sono molte più registe e sceneggiatrici rispetto al passato. La maggior parte dei film sono pensati da uomini, e le donne sono spesso in secondo piano. È ancora vero che ci sono pochi film pensati per le donne. Questo è realmente un film per le donne che parla di donne: amiche, madri e figlie, in cui ci sono tre uomini meravigliosi che si trovano di colpo intrappolati in un universo al femminile.  Non sei mai stata così attiva come in questo periodo…Sì, è vero presto uscirà Doubt, in cui recito al fianco di Philip Seymour Hoffman, è la trasposizione del dramma teatrale di John Patrick Shanley, che è stato premiato col Pulitzer, racconta lo scontro tra un’inflessibile suora ed un giovane parroco, colpito da accuse infamanti a causa delle sue idee progressiste. Una vicenda cupa, ambientata in una scuola cattolica del Bronx. Io sono un’altera madre superiora. Nel film c’è anche Amy Adams che interpreta una novizia. I protagonisti sono tre e tutti si scontrano per conquistare l’approvazione degli altri. Questo non è ancora uscito e tu ne hai già girato un altro…(Ride) sì, si chiama Julie & Julia, ed è una commedia, di ambiente culinario, la regista è Nora Ephron. Il film è ispirato alla vita di Julia Child, la donna che negli Anni Sessanta ha cambiato il modo di mangiare degli americani, educandoli al gusto e ad un’alimentazione più salutare. Prima delle sue trasmissioni, le nostre cene erano davvero orribili. Mi ricordo che quando ero piccola, mia madre mi diceva: “se non puoi cucinarlo in 45 minuti, non è una cena”. Nella mia infanzia era tutto surgelato, scartavamo, riscaldavamo ed eravamo felici. L’opera di Julia è stata fondamentale anche per la mia alimentazione. Anche in questo film recito al fianco di Amy Adams. L’approccio ai diversi personaggi è simile o cambia di volta in volta?Per me ogni volta è diverso. A volte hai bisogno di una particolare preparazione e ci metti tantissimo impegno; altre invece, sali in macchina e vai sul set. A volte ti serve di più non avere preparato nulla in anticipo. Dipende da che materiale hai. Con Mamma Mia! mi sono preparata facendo esercizi fisici e cantando molto, i miei figli mi odiavano. Ero nel salotto e cantavo e mi dicevano di andarmene, mi chiudevo nella mia camera e gridavano che ancora mi sentivano. Quindi l’unico posto era il bagno, dove potevo rintanarmi e nessuno poteva sentirmi, in modo da non arrecare disturbo alla famiglia. Invece per Doubt, ho frequentato un convento ed ho osservato per settimane gli atteggiamenti delle suore più anziane. Devo dire che sono donne molto intelligenti e sanno badare a loro stesse. Ma all’epoca in cui è ambientato il film era totalmente diverso. Negli anni sessanta, solo a Brooklin c’erano 700 scuole gestite da suore: era un grosso affare, una corporation, ora sono di meno. Loro rimangono persone molto interessanti. Viverci accanto mi ha aiutata a capirle. C’è anche un’altra cosa che hai fatto, che verrà presentata presto al Festival di Roma: Theater of War.Sì, questo è un progetto a cui tengo molto, non è un film di fiction. È un documentario su Bertold Brecht, e sulla sua famosa Madre Coraggio e i suoi figli. Ma è anche il backstage dell’allestimento teatrale che ne abbiamo realizzato a Central Park nel 2006. Con me c’era Kevin Kline e l’adattamento era di Tony Kushner (Angels in America). Ho voluto io che un cameraman mi riprendesse durante tutte le fasi, ma appena l’ho visto arrivare lo volevo cacciare, perché mi entrava dentro, nel privato… Sai è come mostrare le tubature del bellissimo palazzo che hai costruito. Ne sei fiero, ma non vuoi che siano visibili a tutti.Ma è anche un atto d’accusa contro tutte le guerre, e per questo è più attuale che mai. Erano anni che non facevo teatro, ma ho accettato di tornare sulle scene proprio per questa piece. È la più grande invocazione alla pace che sia mai stata scritta. L’abbiamo recitata all’aperto per settimane, spesso anche sotto la pioggia. L’ho fatto per rabbia. Per la frustrazione che provo a causa della politica americana. Che ha portato il paese allo sfascio. Poi c’era quella ninna nanna, che madre coraggio canta alla figlia morta che tiene in braccio. Sono immagini indelebili, che ci circondano ogni giorno, sono le conseguenze degli atti dei nostri governi, che costringono le madri a chinarsi sui cadaveri dei loro figli morti. Questa follia deve finire!   Mamma Mia!Gran Bretagna/Usa 2008, 1h e 48′, CommediaRegia: Phyllida LloydCast:  Meryl Streep,  Colin Firth, Pierce Brosnan, Stellan Skarsgard

Distributore: Universa