Nuovo campionato, antiche usanze.
Se Moggiopoli è ormai pane per tribunali, gli spettri della tresca sono ancora sui campi. Al plurale, già, perché non è col Caso che si fanno le classifiche. Una partita non può variare gli equilibri in gioco, serve che la maggior parte di esse rientri nell’architettura del tifo. Quello sbagliato. Quello che sa di male incurabile, che non parla il linguaggio di striscioni, cori e sberleffi, ma di interessi di loggia e capitalizzazioni. Così, l’armata Brancaleone capolista fa una figura che poco rispecchia il suo reale valore. Lode a Ibrahimovic, chapeau a Mourinho, tecnico quadrato, competente e sopra le righe; ripudio verso gli strateghi del dejà-vu. Tant’è, le figuracce rimediate in Champions League, sono il certificato fallimentare del "papocchio" italiano. Inter Milan Juve, la storica triade davanti a tutti, per meriti che… meritano un’analisi approfondita.
Il team di Ancelotti ha un’armonia imperfetta, che oscilla dalla sinfonia soave allo scum rock, con alti e bassi più o meno fisiologici, eccetto alcuni episodi. Quantomai sospetti "il fu" Milan-Napoli, e qualche svista arbitrale senza compensazione. I cugini nerazzurri sembrano padroni di ogni gara, salvo risolverla grazie a virtuosismi dei singoli, misteriose amnesie degli avversari, casualità. Ma il Caso (sempre lui) è tale in quanto singolo; se diviene la regola, allora qualcosa non quadra. E il palcoscenico internazionale lo dimostra in maniera nuda, spietata. La madama bianconera parrebbe estranea a una vendemmia di sospetti che ne hanno piagato l’immagine in passato, ma che difficilmente potranno morire: l’apparenza è un avversario duro da sconfiggere, anche se ti chiami Del Piero.
I risultati di oggi sono il certificato di laurea del nuovo corso, che qui denunciamo. Basta guardare i finali. Solo le blasonate hanno vinto, contro tre antagonisti meno combattivi che mai. Il Genoa aveva lasciato classe e ferocia tattica in Liguria; il Palermo cinico di Lecce o Torino non poteva essere la squadretta del secondo tempo di sabato sera; il Chievo ha salvato l’onore in quel di San Siro, senza però fermare i diavoli rossoneri. Un trio non pervenuto, come del resto gli ex coinquilini dei piani alti. Napoli sconfitto, Udinese incredibilmente a secco contro una Reggina in gran spolvero, Fiorentina a picco in terra sarda. Orbene, il concetto di Caso, qui, è assente, poiché esso non prevede l’incastro di vari elementi fra loro secondo una logica matematica. Per giunta a grande distanza. Se le polarità sono state spostate da cognomi compromessi a figure inattaccabili, è rimasto intatto il sentore di un copione già scritto. Quanti si stupirebbero se Unicredit dovesse batter cassa in casa Sensi, dopo il fiasco della Roma? Forse gli stessi che sapevano di calciopoli, pur tacendo. Perché se "Lucky" Luciano avesse provato a corrompere presidenti e addetti ai lavori onesti, avrebbe rimediato soltanto dinieghi, sconcerto e indignazione. No, una gran fetta era colpevole, è rimasta al proprio posto, e tutt’ora offusca il nome dello sport. Impunita. Ridateci Zeman.