Alla faccia di Copernico- Ecco come era il grande scieziato

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Dopo una lunga ricerca e analisi scientifiche gli scienziati sono in grado di affermare il ritrovamento dei resti di Nicolò Copernico, ricostruendone anche le sembianze.

Mikołaj Kopernik, in Italia meglio conosciuto con il nome di Nicolò Copernico, è finito nell’Olimpo dei grandi della storia e della scienza grazie alle sue teorie che identificarono il Sole, e non la Terra, al centro dell’Universo. Come spesso accade ai grandi della storia, però, i suoi resti mortali sono andati dispersi, o meglio, non si sa con esattezza dove sia stato sepolto.

Fino ad oggi, perché un gruppo di ricercatori polacchi guidati dall’archeologo Jerkzy Gassowski ha verosimilmente identificato le spoglie dell’astronomo del sedicesimo secolo.

Le ricerche sono iniziate nel 2004 e nel 2005 sono stati ritrovati i presunti resti nell’antica cattedrale di Frombork, in Polonia. In effetti i documenti storici confermano che Copernico fu sepolto in quel luogo, dove peraltro lavorò anche come canonico. La sua tomba, però non è mai stata identificata. Dopo lunghe ricerche Gassowki e i colleghi hanno trovato delle ossa sotto il pavimento vicino a un altare laterale e su di esse hanno lavorato per anni, elaborando anche una ricostruzione delle sembianze dell’uomo.

Il teschio presenta una cicatrice sopra l’occhio destro e il naso rotto, caratteristiche che corrisponderebbero ai quadri raffiguranti Copernico, e combacia anche l’età: intorno ai settant’anni, la stessa dell’astronomo alla sua morte, avvenuta nel 1543.

“Il lavoro confermerebbe che si tratta dei resti di Copernico, ma rimangono ancora dei dubbi”, ammette Gassowski alla Associated Press.

Altre conferme giungono però anche dall’analisi del Dna. La genetista svedese Marie Allen, ha analizzato il Dna estratto dalle vertebre, da un dente e dall’osso femorale dello scheletro e l’ha comparato con quello estratto dai capelli ritrovati nel libro del sedicesimo secolo appartenuto all’astronomo polacco, conservato alla biblioteca dell’Univesrità di Uppsala, in Svezia.

“Dei quattro capelli raccolti tra le pagine del libro due di essi sono dello stesso individuo a cui appartengono le ossa”, conferma la Allen.