I Delegati Della Trasparenza

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Sedici anni dopo, per non cambiare: la lezione di tangentopoli non è servita a nessuno. Saccheggiate sistematicamente le casse pubbliche a Napoli, dove le forze dell’ordine hanno già tradotto in carcere il titolare della Global Service, e messo sotto inchiesta un numero impensabile, per un paese pulito & civile, di assessori, trafficoni e politicanti. Lo tsunami che s’è abbattuto sul capoluogo campano è il solo ricciolo dell’onda, nient’altro che la cresta, perché sotto la bruma c’è una corrente feroce, e se Mangianapoli pare appena all’inizio, in tutta Italia siamo alla punta dell’iceberg. Brogli, tangenti, illeciti vari, intercettazioni very hot, irregolarità, appalti truccati nelle mense scolastiche, nella manutenzione delle strade; una lista troppo lunga, che ricalca quelle di sempre. Dejà-vu col botto, poi, perché arriva da chi promuoveva, in campagna elettorale, trasparenza e legalità. Fra turbative d’asta, truffe e spartizioni, sono finiti sotto inchiesta un provveditore, un colonnello della Guardia Di Finanza, gran parte della Giunta e due assessori . Un blocco militante del centrosinistra decapitato, perché Corruttopoli non è una città, bensì una capitale. Se la vergogna non sa mai che faccia fare davanti alle telecamere, di certo una dovrà sfoderarla dinanzi ai magistrati. Burocrati, portaordini e ricattatori di pronto intervento pagheranno qualcuno per risolvere i loro problemi, ma nel frattempo il maremoto avrà flagellato le coste di mezzo paese. Il Pd è in rotta; molti dei suoi più illustri rappresentanti sono rimasti invischiati nella ragnatela, a partire dal deputato Margiotta, fino al sindaco di Pescara Luciano D’Alfonso, che avrebbe messo in ginocchio la città con l’appoggio del fedele scudiero Delio. Concussione, corruzione, peculato, e arrivederci in tribunale. Un terremoto che richiama da vicino la genesi di quel lontano e mai dimenticato ’92, che partendo dalle timide confessioni di Mario Chiesa portò al collasso del Psi, la catarsi di repubblicani e comunisti, la fuga dei ministri democristiani (chiaramente con un’onorevole riqualifica). Non passa giorno senza che il bollettino degli arresti di Palazzo sia aggiornato, e il ghibli che spazzò via la Prima Repubblica sta soffiando di nuovo. L’eroe nazionale di allora, Antonio Di Pietro, è dall’altra parte della barricata, impegnato a puntare il dito contro quelli che riempiono il sacco, mentre i compari provvedono a nasconderlo. Accusato di eccessivo giustizialismo, alla prova dei fatti ha avuto ragione lui. Chi s’era salvato dal primo round, negli anni Novanta, è sul banco degli imputati quest’oggi, e le nuove leve hanno seguito l’esempio sbagliato. Il tintinnar di manette è una picconata sulla “moralità pubblica” che Veltroni aveva sbandierato come linea-guida del suo partito, e il leader sembra oggi più spaesato che mai. Il problema è politico, secondo lui, ma non gli crede più nessuno, e il prossimo vertice con Italia Dei Valori ha già il sapore di una resa dei conti.