Esprimendo profondo apprezzamento per la decisione del Presidente Obama di chiudere il centro Guantanamo, il Parlamento chiede di garantire i diritti fondamentali ai detenuti.
Più in particolare, sollecita di processare quelli contro i quali vi sono prove sufficienti, di rimpatriare quelli innocenti e di tutelare quelli che non possono tornare al paese d’origine. Se il governo USA lo richiede, invita inoltre gli Stati membri ad essere pronti ad accettare i detenuti di Guantanamo nell’UE.
Approvando con 542 voti favorevoli, 55 contrari e 51 astensioni una risoluzione sostenuta da tutti i gruppi politici, eccetto l’IND/DEM, il Parlamento esprime «profondo apprezzamento» sia per la decisione del Presidente statunitense Barack Obama di chiudere il centro di detenzione di Guantanamo sia per i provvedimenti esecutivi correlati, «che segnano una svolta nella politica degli Stati Uniti per quanto riguarda il rispetto del diritto umanitario e internazionale». Incoraggia quindi la nuova amministrazione ad adottare ulteriori misure in tal senso. Anche perché i detenuti nel centro di Guantanamo «sono stati privati dei diritti umani fondamentali, in particolare del diritto a un processo equo, e sono stati oggetto di tecniche d’interrogatorio estreme, quali il waterboarding, considerato una forma di tortura, e di trattamenti crudeli, inumani o degradanti».
Ricordando poi che la responsabilità principale per l’intero processo di chiusura del centro di detenzione di Guantanamo e il futuro dei suoi detenuti «spetta agli Stati Uniti», il Parlamento afferma, tuttavia, che la responsabilità per il rispetto del diritto internazionale e dei diritti fondamentali «spetta a tutti i paesi democratici, in particolare l’Unione europea e i suoi Stati membri, che insieme rappresentano una comunità di valori».
Il Parlamento osserva che gli Stati Uniti hanno pubblicato un elenco di 759 persone che sono o sono state detenute a Guantanamo, 525 delle quali sono state rilasciate, 5 sono decedute sotto custodia, e circa 250 sono ancora recluse nella struttura. In tale contesto, invita gli Stati Uniti a garantire che i detenuti possano beneficiare dei diritti umani e delle libertà fondamentali garantiti dal diritto costituzionale internazionale e statunitense. Più in particolare, chiede che tutti i detenuti contro i quali gli Stati Uniti sono in possesso di prove sufficienti «siano sottoposti tempestivamente a un processo equo e pubblico dinanzi a un tribunale competente, indipendente e imparziale e, qualora condannati, siano detenuti negli Stati Uniti». Quelli non accusati di reato, che scelgono volontariamente il rimpatrio, dovrebbero invece essere «rinviati nel rispettivo paese di origine nel modo più rapido e tempestivo possibile».
Inoltre, il Parlamento chiede che detenuti non accusati di reato, ma impossibilitati a tornare nel rispettivo paese di origine a causa di un rischio reale di tortura o persecuzione, «possano essere accolti dagli Stati Uniti, beneficiare di protezione umanitaria nel continente statunitense e avviare procedure di ricorso». Invita inoltre gli Stati membri, qualora il governo statunitense lo richieda, «a cooperare nella ricerca di soluzioni, ad essere pronti ad accettare i detenuti di Guantanamo nell’Unione europea, al fine di contribuire a rafforzare il diritto internazionale e di garantire, a titolo prioritario, un trattamento equo e umano per tutti». In proposito, ricorda che gli Stati membri «hanno il dovere di cooperare lealmente, consultandosi reciprocamente in merito alle possibili conseguenze per la sicurezza pubblica in tutta l’UE». Anche perché, secondo le autorità statunitensi, «61 ex detenuti di Guantanamo hanno partecipato ad atti di terrorismo dopo il loro rilascio».
L’Aula ha peraltro respinto gli emendamenti proposti dei Verdi in cui si deplorava fortemente il mantenimento da parte delle autorità statunitensi del programma di consegne straordinarie, si chiedeva di garantire «riparazione» alle vittime di tortura e si sollecitavano indagini volte a fare chiarezza sugli abusi dei diritti umani e sulle violazioni del diritto internazionale nella guerra al terrorismo.