Lezioni di Crisi

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L’Italia si lamenta. Più a torto che a ragione. Manca l’occupazione, mancano i soldi per il pane, la pasta, l’acqua e il gas, eppure gli impianti sciistici traboccano, nei negozi la folla è sempre la stessa, aumentano le auto di grossa cilindrata, gli accessori hi-tech e i beni di lusso. E guai a chi tocca le ferie, la discoteca o l’aperitivo. La crisi? C’è, ma non vengano a dirci che con 40 miliardi di euro se ne esce, e soprattutto che è quel mostro di cui si paventa sguaiatamente. La recessione va bene, giusto una briciola, perché gli architetti dell’apocalisse devono pur dire la loro, magari speculandoci sopra; la deflazione sarebbe anche meglio, ma i nostri avi si rivolterebbero nella tomba se gridassimo allo sfacelo. L’indigenza è ben altra cosa. Se una volta, però, il mutuo soccorso era in cima ai doveri, oggi è l’ultimo dei diritti. Chi non ha un lavoro, chi è costretto a rimbalzare fra un’agenzia interinale e l’altra, chi non sa accontentarsi e vive di lamentele è sopraffatto dalle meccaniche esclusiviste della società, questo mostro che lucra sui guai altrui, e che produce deficit al ritmo di frasi fatte. Salvo intaccare la borsa di chi sogna ancora che la fiducia sia una pubblica risorsa. Chi inventa le crisi, è un fatto acclarato, lo fa per foraggiare i propri già cospicui introiti. 

Tutto ciò, ha il sapore di una nobile, obesa inutilità. La pretesa di essere umani, coi medesimi compiti e possibilità, è una lezione di rinuncia e di serenità. Dipende da come la si interiorizza, perché non esiste alcun successo che somiglia al fallimento. Cagliostro fu condannato dal tribunale dell’Inquisizione per aver affermato di saper trasformare qualunque metallo in oro, e di guarire i malati terminali, seppur dandogli la sola speranza. Ebbene, oggi si fa altrettanto, sotto forme diverse, legalizzate. Le banche raccolgono fondi di investimento che promettono cascate d’oro sui risparmiatori, e di tanto in tanto spunta il mago in formato LCD che vende i numeri del lotto, la salute e la felicità per un pugno di euro. 
Chiamiamola crisi.