Il Parlamento si è pronunciato su una direttiva volta a attualizzare, semplificare e rafforzare le norme vigenti relative alla prevenzione e alla riduzione delle emissioni inquinanti di decine di migliaia di industrie nell’UE:
da quelle chimiche e metallurgiche, alle cartiere, alle concerie, agli impianti di combustione e di gestione dei rifiuti e ai grandi allevamenti. I deputati sono favorevoli alla fissazione di limiti più stringenti ma chiedono anche una maggiore flessibilità.
L’attività industriale rappresenta una parte importante della nostra economia ma, al tempo stesso, contribuisce all’inquinamento ambientale, alla produzione di rifiuti e al consumo di energia. Nonostante la riduzione delle emissioni realizzata nel corso degli ultimi decenni, l’attività industriale resta una delle principali fonti di sostanze inquinanti. La Commissione ha quindi avanzato una proposta che mira a rivedere e a fondere in una sola direttiva sette direttive esistenti relative alle emissioni industriali, tra le quali la direttiva sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (direttiva IPPC) che riguarda circa 52.000 impianti.
Adottando con 402 voti favorevoli, 189 contrari e 54 astensioni la relazione di Holger KRAHMER (ALDE/ADLE, DE), il Parlamento chiede modifiche sostanziali alla direttiva proposta della Commissione che ha lo scopo di migliorare la tutela dell’ambiente, promuovere l’innovazione tecnica, semplificare la legislazione e ridurre al tempo stesso gli oneri amministrativi inutili. La direttiva stabilisce norme riguardanti la prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento proveniente da una serie di attività industriali. Fissa inoltre norme intese a evitare oppure, qualora non sia possibile, ridurre le emissioni di tali attività nell’aria, nell’acqua e nel terreno, e a impedire la produzione di rifiuti, per conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente nel suo complesso.
Le attività contemplate riguardano, tra l’altro, gli impianti di combustione, di raffinazione di petrolio e gas, di gassificazione e di liquefazione di combustibili e di produzione di coke. Ma anche la produzione e trasformazione dei metalli, l’industria dei minerali (produzione di amianto, vetro e prodotti ceramici), l’industria chimica, le cartiere, gli impianti di tintura dei tessili e di concia delle pelli, i grandi macelli e gli allevamenti intensivi di pollame e suini, la gestione dei rifiuti (trattamento, stoccaggio, incenerimento e coincenerimento, rigenerazione, ricondizionamento e recupero, incluse le discariche) e il trattamento di acque reflue.
I deputati accolgono con favore la proposta della Commissione volta a estendere il campo d’applicazione della direttiva agli impianti di combustione di potenza termica compresa pari o superiore a 20 MW (attualmente sono inclusi quelli da almeno 50 MW). Tuttavia, chiedono di escludere gli impianti di combustione con potenza termica nominale inferiore a 50 MW e che funzionano per non più di 500 ore all’anno (contro le 350 ore proposte dalla Commissione). Approvando un emendamento del PPE/DE, precisa però che, per quanto riguarda le strutture sanitarie, il calcolo della potenza termica deve considerare unicamente la «normale capacità di esercizio» degli impianti, per evitare di penalizzare gli ospedali per le loro emissioni potenziali non effettive.
Riguardo agli allevamenti, approvando un emendamento del PPE/DE e dell’IND/DEM l’Aula ha respinto la proposta della Commissione di modificare l’attuale campo d’applicazione distinguendo quelli attivi nell’allevamento di polli da carne da quelli dedicati alle galline ovaiole, alle anatre e ai tacchini. Propone invece di mantenere una sola categoria di allevamenti di pollame con 40.000 posti. Accoglie invece con favore l’estensione del campo d’applicazione alle attività di conservazione del legno e dei prodotti in legno, includendo però impianti di minore capacità rispetto alla proposta.
Come accade attualmente, i gestori degli impianti devono ottenere un’autorizzazione da parte dalle autorità competenti a svolgere la propria attività. L’autorizzazione è concessa solo agli impianti conformi ai requisiti previsti dalla direttiva, fermo restando che gli Stati membri hanno la facoltà di includere ulteriori disposizioni generali vincolanti per talune categorie di impianti, impianti di combustione e impianti di incenerimento o di coincenerimento dei rifiuti. In caso di violazioni che causano un pericolo per la salute umana e per l’ambiente, l’esercizio dell’impianto dovrà essere sospeso.
Gli Stati membri devono accertarsi che l’autorizzazione includa tutte le misure necessarie per
soddisfare i principi generali riguardo agli obblighi fondamentali dei gestori fissati dalla direttiva. I gestori, ad esempio, devono prendere opportune misure di prevenzione dell’inquinamento, applicare le migliori tecniche disponibili, verificare i fenomeni di inquinamento significativi, evitare la produzione di rifiuti o provvedere a recuperarli e ad eliminarli evitandone e riducendone l’impatto sull’ambiente. Devono anche utilizzare l’energia in modo efficace, adottare le misure necessarie per prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze, evitare qualsiasi rischio di inquinamento al momento della cessazione definitiva delle attività e ripristinare il sito stesso.
Tra le misure da prendere per accertarsi del rispetto di questi requisiti, vi sono le disposizioni che garantiscono la protezione del terreno e delle acque sotterranee e per la gestione dei rifiuti prodotti dall’impianto, opportuni requisiti di controllo degli scarichi, il controllo periodico delle sostanze pericolose e il rispetto di valori limite di emissione fissati per una serie di sostanze inquinanti elencate dalla direttiva e per le altre sostanze che possono essere emesse dall’impianto interessato in quantità significativa, in considerazione della loro natura, e delle loro potenzialità di trasferimento dell’inquinamento da un elemento ambientale all’altro. Gli emendamenti per rendere più o meno stringenti i valori di emissioni sono stati tutti respinti, eccetto – proposto dall’ALDE – uno che prevede un limite più elevato per talune caldaie a gas.
A questo proposito, i deputati sono favorevoli alla fissazione di valori limite più stringenti proposti dalla Commissione per impianti di combustione specifici e per le emissioni di SO2 (diossido di zolfo) NOx (ossidi di azoto), polveri e CO (monossido di carbonio). Tuttavia, per migliorare la flessibilità, chiedono di cambiare la procedura per fissare questi limiti o introdurne di nuovi. Inoltre, per ridurre il ricorso a deroghe che distorcerebbero il mercato, ritengono che
la Commissione debba fissare dei valori limite minimi, da non superare in nessun caso. Allo stesso tempo, per attribuire maggiore flessibilità alle autorità che rilasciano le autorizzazioni, i deputati ritengono che i valori limite delle emissioni per gli impianti individuali debbano essere basati sulle migliori tecniche disponibili, ma adattabili alle circostanze locali.
Altri emendamenti mirano a ridurre ulteriormente gli oneri amministrativi, a semplificare le norme sulla notifica e sulle ispezioni e a migliorare l’informazione del pubblico.