Molti hanno motivi di imbarazzo nei confronti del proprio popolo, tant’è che globalizzazione e tecnologia non hanno fatto che mescolare la sensazione in ogni angolo del mondo. C’era, immancabile, chi l’aveva sempre saputo, d’altronde anche Bruto e Cassio erano politicamente alle spalle di Cesare. Coltelli compresi. Viviamo da sempre in un’epoca di lotta, e benché tale pratica nello sport sia l’esercizio che insegna più dell’amore a conoscere le distanze fra noi, rispettandole, il perimetro della mente ci è ancora sconosciuto. Abbiamo mezzi eccellenti per violarlo, e ne (ab)usiamo in agilità. Ai dirigenti, agli alti quadri, ai rappresentanti della “res publica” e ai baroni della medicina, ai giornalisti e ai magnati della finanza, prima di orientarsi nel labirinto della piramide dell’autorità andrebbe ricordato che il substrato in cui coltivano l’ego e il prestigio è fertile grazie ai brandelli di un sogno mai tramontato, all’anagrafe ideologica detto Libertà. Se gli ottimisti hanno una soglia del dolore più alta, è solo perché vedono il colore della speranza più nitidamente, e quando manca del tutto lavorano per inventarlo. Lavorano per il futuro, sono loro gli autentici eroi. Sull’agenda darebbero priorità alla comunicazione, senza saltare sul carro del vincitore per affidarvi la carriera; i conflitti sarebbero un ricordo sbiadito, la corsa al mutuo soccorso e al disarmo darebbe lavoro a milioni di atleti della sensibilità. Nell’ingegneria dei propositi, i migliori partono dal basso, dal quotidiano con cui si entra a contatto. Priva di fondamenta, qualsiasi struttura non può sorreggersi, né aggiungere piani ed ospitalità. Sociologi e studiosi dell’Utopia dimostrano invece che la priorità strategica di troppi è arroccata su insulsi trastulli. Facebook scopre l’acqua calda, e suggerisce di iscriversi per ritrovare il compagno di banco delle elementari, il parente emigrato, il collega che ti ha fatto dispetti per anni o l’amante cornuto. Chi resisterà alla tentazione di lasciargli un messaggio tenero, infuocato o di scherno in bacheca? Nessuno può più nascondersi, e se non hai un profilo rischi che prima o poi te lo creino, un po’ come per i personaggi famosi. Con la differenza che il gossip, qui, non paga con la moneta della pubblicità. La catena di fast food Burger King ha lanciato una sfida più o meno epocale: cancella dieci amici dal social network e avrai un panino gratis. Il fine è nobile: staccare dal computer molte persone e sospingerle fuori dalla bolla virtuale, nella verace realtà. Non sarà capita, e comunque vada o si mangerà gratis, o si ripiegherà verso la pizzeria meno audace. Il video è un richiamo che riesce ad annullare persino l’istinto di sopravvivenza, quello che in altre situazioni farebbe fuggire all’aria aperta, senza riempire i salotti di baruffe catodiche. Sono la fotocopia del palinsesto, fra burini, maggiorate, casi umani e repliche del passato, o del trash a quattro stelle: programmi per chi paga due volte il canone e vede la metà. In mezzo, galleggiano volti noti che ripetono “la crisi è profonda, e il peggio deve ancora arrivare”; che le leggi sono ingiuste ma vanno rispettate, che le Grandi Opere serviranno tanto alla popolazione quanto al governo per assicurarsi un posto nei libri di storia, che il calcio italiano è stato piallato da quello inglese perché non ha i soldi di Abramovich o il fattore C del fu Arrigo Sacchi. A qualcuno è venuto il sospetto che Luciano Moggi non avesse soltanto demeriti, almeno in Europa, alla faccia di una calciopoli in cui tutti erano (e sono, tutt’ora) impelagati.