L’Utopia e La Favola Accessibile

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Il senso di responsabilità, da quando alloggia nei superattici elettorali, galoppa più dell’inflazione. Si occupa di tutto: dai sorrisi a scopo globalizzativo alla corruzione, dalle ricette di cucina ai fotoromanzi sportivi (Mourinho santo subito?), con spiegabili omissis e fragilità. È il prezzo da pagare per rendere servigi preziosi, con laute contropartite, a "quelli che contano", perché è difficile parlare degli altri agli altri fino a convincerli. Impossibile, poi, se si tratta di inquinamento. Bisogna inquinare per produrre, secondo alcuni; non importa se l’effetto serra scioglierà il ghiaccio dei Poli, se le estrazioni di metano, petrolio e le esplosioni atomiche sprofonderanno Venezia, l’Olanda, causando terremoti e tsunami in ogni angolo del pianeta. Forse non saremo più in vita, e la nostra discendenza avrà qualcosa di serio a cui pensare. Da Nerone in poi, è tutta una strada in salita. Il vizietto del fuoco ha contagiato l’uomo, che si scotta soltanto se toccato nelle tasche. Sui soldi, nessuno ha amici, e neppure la voglia di farsene. Si prende l’auto per andare dal giornalaio in piazza, meglio se sportiva o d’epoca, roba che scatena l’invidia del vicino. Che fra un incentivo statale e uno sconto rottamazione corre a comperarsi un Suv grande come il Titanic, se possibile più accessoriato. Pagherà in comode rate mensili, per levarsi la noia di pensare e una buona fetta di stipendio. Restano i dati, preoccupanti, sulla fauna di lamiera che appesta l’aria, ormai irrespirabile. Non è il male supremo, poiché detersivi, residui tossici, veleni chimici, emissioni gassose di svariata natura giocano un ruolo altrettanto decisivo, ma qui l’incremento è spaventoso. Rafforzato, per giunta, da crisi di facciata. Il settore automobilistico attraversa un periodo di “magra”? Perché non investire, allora, sull’elettricità? È il mercato di un futuro già accessibile, a portata di tecnologia. Molti sarebbero pronti a scommettere su un cavallo vincente, spese comprese, poiché non vi è sacrificio in quant’è fatto per il bene comune. Il boom di vendite non sarebbe momentaneo, e anche nella peggiore delle ipotesi il lavoro non verrebbe a mancare, grazie alla richiesta continua: dai mezzi pesanti a quelli pubblici, passando per le innovazioni e i perfezionamenti. Qualcuno, abituato al rombo di trecento cavalli, storcerebbe il naso? Modificando la carburazione e parte della meccanica potrebbe viaggiare ad alcol, coniugando costi ridotti, potenza invariata ed emissioni zero. Eppure, cifre alla mano, il condizionale è d’obbligo, così come le sirene d’allarme. La realtà ha parole dure, sconcertanti. Lingue d’asfalto continuano a coprire campi, spazi verdi, periferie, e il cemento è padrone in casa altrui. Il flusso di veicoli è in repentino incremento, e il confronto a tre rende idea del fenomeno, senza esagerazioni: sull’arteria principale di un centro di 6.000 abitanti, immerso nella campagna, nel 1999 transitavano in media 5,4 veicoli al minuto – dieci anni dopo, nello stesso punto, 14,8. In una cittadina di ventimila abitanti, si è passati da 7,1 al minuto a 20, in un capoluogo del Nord da 16,9 a 38,5. Il rilevamento non è stato effettuato in orari di punta, né in prossimità di semafori, dunque ancora più emblematico. Siamo lo stato più motorizzato insieme all’India, un primato di cui andare poco orgogliosi. Potremmo, però, essere i portabandiera di un rinnovamento potente, autentico; attrezziamoci per realizzarlo in tempi brevi, perché l’occhio dei secoli ci guarda e l’Utopia non risiede nel paese immaginato da Tommaso Moro. Dall’informazione alla pratica quotidiana, c’è molto da fare.