“Quando mi si chiede cosa ricordo soprattutto dell’ultima guerra io rispondo sempre: la battaglia di Mosca.
In quelle dure condizioni, che a volte erano di una complessità e difficoltà addirittura catastrofiche, le nostre truppe divennero temprate, mature, esperte e quando ricevettero i minimi mezzi tecnici necessari, queste forze difensive e in ritirata furono trasformate in una potente forza offensiva”. Chi parla è il generale sovietico Georgij Zukov e la battaglia di Mosca è quella che si svolse nel novembre-dicembre del 1941, quando i soldati tedeschi erano giunti a meno di otto chilometri dal centro della capitale sovietica. Prosegue lo Zukov: “Nella battaglia di Mosca, l’Armata Rossa, per la prima volta in sei mesi di guerra, inflisse una massiccia sconfitta strategica al principale raggruppamento delle forze hitleriane. Prima del combattimento nell’area di Mosca, vi erano state alcune azioni che avevano avuto un esito abbastanza buono per le nostre truppe in altri settori del fronte sovietico-tedesco, ma non possono essere paragonate con i risultati della grande battaglia di Mosca, dove l’organizzata e risoluta difesa contro le forze superiori di Hitler e il rapido passaggio alla controffensiva arricchirono l’arte militare sovietica e dimostrarono la crescente maturità operativa e tattica dei capi militari sovietici”. E importante dire che della battaglia di Mosca il generale Zukov fu il principale protagonista, tanto è vero che si meriterà da allora in poi il soprannome di “Spasitel”, cioè il salvatore, appunto, della metropoli sovietica. La baldanzosa fede nella vittoria del generale bolscevico, che nel dopoguerra diventerà amico di molti colleghi angloamericani, si rivela nella frase con la quale risponde all’inizio di dicembre (1941) a Stalin che gli chiede se era realmente possibile salvare la città: “Terremo Mosca, senza il minimo dubbio!” e nelle frasi successive della guerra la sua parola d’ordine sarà sempre la stessa: “Avanti! Non ci fermeremo fino a che non arriveremo a Berlino!”
A proposito di Zukov: “Come avevano fatto i tedeschi con i Paesi occupati durante la guerra, anche i russi al termine del conflitto si dedicarono sistematicamente al furto e alla rapina nella Germania occupata e semidistrutta. Il maresciallo del Terzo Reich, Hermann Goering, aveva dato l’esempio, riempiendo la sua dimora di campagna, Carinhalle, di opere d’arte provenienti da palazzi e musei francesi, olandesi, belgi. Terminate le ostilità, Stalin aveva dato ordine di portare in URSS tutto quello che poteva essere utilizzato e che aveva un valore come “bottino di guerra”: da intere fabbriche metallurgiche, smontate e poi rimontate, a numerose opere d’arte, compreso il famosissimo “Tesoro di Priamo” che ora i tedeschi vorrebbero riavere indietro. Ma a fianco delle “rapine” di Stato, gli occupanti pensarono bene di organizzare anche una consistente e lucrosa attività in proprio. Attività di cui i vertici moscoviti erano a conoscenza e che non furono mai svelate. Avrebbero infatti coinvolto personaggi intoccabili, come il maresciallo dell’Unione sovietica Georgij Zukov, il conquistatore di Berlino, quattro volte decorato come “Eroe dell’URSS”. Dopo la guerra, Zukov era caduto in disgrazia, forse proprio a causa della sua eccessiva popolarità. Grazie ai documenti pubblicati dalla rivista Archivi Militari della Russia, sappiamo ora che nel 1948 tutto era pronto per denunciare Zukov come ladro: l’MGB (che poi sarebbe diventato il KGB) aveva sequestrato sette vagoni ferroviari carichi di mobili in partenza dalla Germania e destinati allo stesso maresciallo che fino al 1946 era stato comandante in capo delle truppe sovietiche in Germania. I documenti dell’ “Istruttoria Zukov” fanno luce sulla frenetica attività dei “predatori del Reich caduto”. La serie di carte si apre con l’interrogatorio del direttore del settore operativo di Berlino del Ministero degli Interni Alexei Sidnev, il quale racconta in dettaglio come il furto fosse all’ordine del giorno: “Tutti, dai soldati semplici ai generali, erano interessati solo a quello che riuscivano a portare a casa”, dice. E cosa rubavano, Sidnev? “Di tutto: posate d’argento dalle case private, arazzi dai sotterranei della Reichsbank, quadri, gioielli, pellicce”. Alla fine dell’interrogatorio, spunta il nome di Zukov: “Gli ho fatto avere una corona che era appartenuta alla moglie del Kaiser”. Il documento termina bruscamente: “Segretissimo, al compagno Stalin personalmente”. Il 5 gennaio del 1948 gli uomini dell’MGB sono nella casa del maresciallo a Mosca; nella notte tra l’8 e il 9 gennaio perquisiscono la sua dacia. Il verbale delle perquisizioni è minuzioso, elenca tutti gli oggetti rinvenuti. Le stanze della dacia, in particolare, “sono state trasformate in una sorta di magazzino…una specie di negozio di antiquariato, con merce accumulata fino al soffitto”: sette casse di servizi di porcellana e cristallo; 20 fucili da caccia Holland e Holland; 323 pellicce di zibellino, volpe, lontra ed astrakan; 44 tappeti e arazzi preziosi provenienti dai palazzi di Potsdam; 55 quadri classici, in parte incorniciati; due casse di posate d’argento; più di quattromila metri di stoffe, lana, velluto e broccato. Poi orologi, monili e preziosi di ogni genere”.
“Gli agenti riferiscono anche dell’esistenza di una valigia piena di oggetti particolarmente di valore sulla quale non sono riusciti a mettere le mani nella perquisizione segreta: “E’ stato notato che la moglie di Zukov tiene la valigia sempre con se e la porta dietro anche quando è in viaggio. Bisogna chiedere esplicitamente a Zukov la consegna della valigia con gli ori?”. Il documento è indirizzato personalmente a Stalin. Consapevole della fine riservata a molti altri ex grandi, Zukov prende l’iniziativa e scrive direttamente al dittatore georgiano giustificandosi e confessando colpe minori: “Riconosco di aver acquistato troppi oggetti per me e la mia famiglia…le posate d’argento mi sono state regalate…gli arazzi avevo ordinato di portarli in un Museo ma non sono stato obbedito”. Fino alla morte di Stalin, Zukov rimarrà isolato, ma non processato e il suo dossier è rimasto sepolto per decenni negli Archivi segreti del KGB” (F. Dragosei. Zukov, da eroe a ladro. Corriere della Sera, 27 Novembre, 1994).