Squilibri, Voyeurismo e Parabole Da Supermarket

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Ritorno al passato. Quando Leopardi raggiunse l’età della prima comunione e poté confessarsi, la madre entrò nel vano opposto assieme al sacerdote, con la pretesa di conoscere ogni debolezza del figlio per correggerla.  La dinamica ricorda molto quella che il voyeurismo attuale insinua in ogni luogo, azienda, settore, sia pubblico che privato, dall’ingiustizia uguale per tutti alla ricerca senza fondi, dalla famiglia alla scuola degli sprechi. La penalizzazione è lo strumento educativo, emblematici i vespai sollevati dopo la telecamerizzazione, il monitoraggio dei palazzi pubblici, le intercettazioni e la “privacy senza privacy” del cittadino, che fra spie e controspie crede di vivere sul set del nuovo James Bond movie. Ci sono occhi segreti che scrutano ogni spostamento, che ascoltano ogni battito del cuore: dal sonnellino sul treno, a quante volte facciamo pipì in un pomeriggio. Tuttavia, il Caos continua a produrre guai con puntualità, col tramite di uomini arguti e consenzienti. Da un virus di laboratorio all’altro, il salto alla pandemia è breve, e se un tempo lo spettro era ebola, oggi c’è la febbre suina. Ci diranno che non se ne conosce l’origine, e dovremo mettere il profilattico sopra un wurstel, o si accontenteranno di consigliarci carne locale, purché nessuno porti a letto una scrofa? L’ironia ci sommergerà, mentre le massaie berlusconizzate manderanno messaggi facebook anziché video come Bin Laden, perché tutto è ormai pubblico, e il loro status galoppa sulla via dell’estinzione; mancherà solo di vederle col Folletto al posto del kalashnikov. Fuori dalle mura di casa, proseguiranno le indagini sul modus operandi alquanto inconsueto degli ausiliari del traffico, sui criteri di valutazione nei test universitari, sulle discriminazioni razziali, le violenze, le inefficienze e le sofisticazioni. Alta pressione, ma non si tratta di bel tempo. Nemmeno in cucina siamo più quelli di una volta, e gli istituti di statistica, dopo avere strabuzzato gli occhi, hanno sentenziato: inversione di rotta. Aumenta il consumo di surgelati, merendine, piatti pronti e precotti, gelati confezionati, dessert, sbiancanti per il bucato, coloranti per tessuti, computers, apparecchi tv. Si mangia male, se non peggio, e ci si riempie del superfluo. Anche nel settore comunicativo. Abbiamo migliaia di aspiranti scrittori, ma i libri non li legge più nessuno; periodici e quotidiani riempiono allegati e buste di gadget, perché con ninnoli e cd si vendono più copie. È il termometro della modernità, quella che svuota gli scaffali di conservanti (ne ingeriamo quasi otto chili l’anno, con buona pace di medici e industrie farmaceutiche), di pizze in scatola e integratori, biscottini e golosissimi “fat free” da militanti dell’obesità. La grande distribuzione studia le tendenze e si adegua di volta in volta alla moda, sia essa etnica, microbiotica, dietetica o degenere. Deve comprendere l’orientamento del cliente, soddisfarne le richieste e le abitudini, a fronte di qualunque balzaneria. Ma i consumatori del Bel Paese non sono impazziti, semplicemente fanno di necessità virtù. Se pasta e formaggi freschi, verdure e pesce sono inaccessibili a causa della “crisi”, si approfitta dell’industria, capace di sostituire – naturalezza a parte – quasi tutto. È quel quasi, che preoccupa. Perché una casalinga moderna, nel confessionale, farebbe polpette della metafora di Leopardi. Polpette “fat free”, ovviamente.