La Ballata Del Minimo Indispensabile

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Il PdL si conferma primo partito in Italia, sui carboni ardenti dell’ironia nazionalpopolare. I guai del premier, messi alla berlina per la letizia di molti detrattori, hanno distribuito sonore legnate all’ottimismo del Cavaliere, che prevedeva una fetta di consensi oltre il quaranta per cento. Disilluso, rimedia comunque un distinto 36, mentre il previsto scivolone del Pd sprofonda nel ridicolo l’entourage di Franceschini. Appena più d’un quarto dei votanti ha decretato la preferenza per la blob-coalizione di protosinistra, allo sbando dall’avvento di Veltroni in poi. A sorpresa, nella penisola s’è votato più che in altri paesi UE, nonostante il calo di affluenza. Meno a sorpresa, invece, il terreno guadagnato da Italia Dei Valori, che attesta la propria dimensione vicino all’otto per cento, ma soprattutto cresce la Lega Nord. Il suo 10,52%, a scrutinio non ancora completato, riconosce il favore di tre milioni e duecentomila italiani alla politica del Senatur. Ad oscillare fra il minimo e il massimo indispensabile è rimasta una buona fetta di popolazione, basita e attonita di fronte all’ennesima batosta di Rifondazione Comunista, destre (con)fuse, Fiamme, falcimartelli in odor di nostalgia. Le grandi firme si sono soffermate sull’architettura della mediocrità, quella attuale, riflettendo il giusto sul futuro e sugli esempi del passato. Un grande passato. Longanesi diceva che “Indro Montanelli è uno che sta in mezzo agli altri per sentirsi più solo”, e come ricorda Biagi avrebbe potuto essere ministro una dozzina di volte, ma è sempre scampato al disastro. Già, perché il mare nostrum della politica è davvero una pozzanghera stagnante, da troppi lustri ormai. Un cittadino provvisto di senso critico e idee coerenti rischia l’isolamento, la solitudine, in quell’accozzaglia di volti, suoni, fattezze, usi, ritornelli, parole che non sanno dove andare. La vera utopia, prima ancora della letteratura sacra o dell’Isola Di Arturo della Morante, è immaginare che il governo sistemi le disparità, il debito pubblico, la burocrazia, i privilegi a suo vantaggio. La gente vuole risposte chiare su tasse, inflazione, mutui, stipendi, giustizia, problemi quotidiani; nulla a che vedere con fantomatici e golosissimi nuovi partiti. Qui nasce il successo di IdV e Lega, nella semplicità dei loro dettami: per quanto estremi, sono assai riconoscibili, e hanno il privilegio della costanza. Molta gente è stanca di onorevoli disparità, da cui si ramificano squilibri che si ripercuotono dall’alto verso il basso, e viceversa. Tredicimila euro netti al mese nella busta paga di un deputato, corrispondono quasi ai sedicimila annui di un lavoratore medio; questo e altri esempi dimostrano come il mercato sia fertile a senso unico, e l’economia venga fatta girare in quello sbagliato. I ricchi, i megamanager, le figure dallo skill imprendibile (il più delle volte autoconferito) si riciclano, e a fronte di qualsiasi risultato, buono o pessimo che sia, sono premiati e conservano un elevato livello. Trionfa così la teoria del minimo indispensabile, che sfruttando l’impegno altrui mantiene folte schiere di impresari del fallimento & uffici di gestione del riciclo. Una sconfitta, sì, ma calcolata. In un’azienda comune, se un dirigente fa ciò per cui è pagato merita un riconoscimento, anche economico, in caso contrario ne perde in immagine e in profitto personale; nell’Azienda di Stato invece, nonostante i flop e le mancate promesse, il premio rimane. L’Italia non può continuare ad essere il terreno di conquista di chi non si mette sotto esame, assumendosi la responsabilità del proprio operato. Serve una scossa decisa, poiché la tavola è alta ottanta centimetri, e stando seduti ci arrivano tutti.