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L’autore dei libri Le Doppie Immagini della Sacra Sindone ritiene di avere scoperto il vero colpevole. Il suo nome sconosciuto ai più è Gesta. Si tratta del secondo ladrone crocifisso con Gesù. Il primo ladrone è Desma chiamato anche il buon ladrone. Gesta sarebbe il malfattore di cui Luca riferisce che bestemmia dicendo a Gesù: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi”.
L’altro ladrone Desma è quello che dice a Gesta: “Non temi neppure Dio tu che subisci la medesima condanna?”.
A Desma Gesù dice: “In verità ti dico oggi sarai con me in Paradiso.” Il risentimento di Desma verso Gesta sarebbe dovuto a motivi molto più gravi delle parole di scherno rivolte a Gesù.
Per la brevità dell’intervento la trattazione completa della crocifissione è rinviata ai libri dell’autore.
In questa sede vengono esposte solo le conclusioni. Dai Vangeli risulta la meraviglia di Pilato nell’apprendere la precoce morte di Gesù. La sola crocifissione permetteva la sopravvivenza per diversi giorni.
Gli esperimenti di Lavoie specialista americano di chirurgia di urgenza hanno stabilito con precisione i tempi di trasmissione del sangue umano sui teli di lino. I coaguli presenti sul corpo dell’Uomo della Sindone non potevano essere trasmessi al Telo dopo due ore dalla loro formazione sulla pelle. Ne consegue che la morte è sopravvenuta prima del tempo calcolato in precedenza.
La causa di morte secondo l’autore di questo lavoro sarebbe dovuta ad un emotorace destro acuto conseguente alla lacerazione dell’arteria succlavia destra.
I condannati trasportavano sulle spalle sul luogo del supplizio il loro patibolo che consisteva in una tavola di legno.
Nel caso di Gesù il patibolo aveva già infissi nel legno i chiodi che dovevano trapassare le mani. Uno dei chiodi è conservato a Milano nel Duomo all’interno di una urna di cristallo, è lungo 24 cm e termina all’estremità opposta alla punta con un anello fisso al cui interno passa un anello mobile del diametro di 3 cm.
Nella ricostruzione della crocifissione i tre condannati erano collegati fra loro da una lunga fune legata ad una caviglia. La fune aveva il compito di impedire la fuga.
Nell’ascesa al calvario Gesù avrebbe avuto davanti a sé Desma, mentre il cattivo ladrone Gesta, collegato dalla fune alla Sua caviglia destra lo seguiva. Gesta si sarebbe fermato improvvisamente nel cammino una prima volta, quando il piede destro di Gesù era arretrato. Non potendo spostare in avanti il piede perché trattenuto dalla corda, Gesù sarebbe caduto prono battendo a terra il ginocchio sinistro, lo zigomo destro e il naso. Sulla Sindone è stata trovata l’aragonite, che è il terriccio tipico del Golgota, in corrispondenza del ginocchio sinistro contuso, del naso lussato e sulla pianta del piede destro.
La seconda caduta, sempre causata da Gesta che si era fermato improvvisamente, aveva trovato il piede destro di Gesù in posizione avanzata determinando una caduta all’indietro in posizione supina sul patibolo che aveva stampato sulle spalle la sua impronta contusiva. Il chiodo che sporgeva in avanti dalla tavola sarebbe penetrato per circa dodici cm nella spalla destra nell’angolo interno della articolazione acromio-clavicolare senza provocare fratture, ma recidendo l’arteria succlavia destra e il nervo frenico destro deputato al movimento della parte destra del diaframma (vedi foto n.1).
Foto n. 1
L’emorragia doveva essere stata imponente e rapida paragonabile ad una pugnalata al cuore. La lesione del nervo frenico spiegherebbe la difficoltà a parlare e il decubito obbligato sulla croce. Il condannato dopo questa caduta non era più in grado di portare il patibolo.
Si è cercata una eventuale lesione da chiodo sulle fotografie a luce trasmessa di Barrie Schwortz, in esse sono evidenziate solo le macchie di sangue. Sulla foto dorsale a luce trasmessa appaiono delle macchie scure intorno ad una piccola zona laterale della regione sovra-scapolare destra. (vedi foto n.2)
Foto n.2
Sulla foto a luce diretta di Enrie il punto si trova a 19 cm sotto l’inion (piega sindonica nucale) e a 17 cm a destra delle vertebre dorsali (vedi foto n.3).
Foto n.3
E’ interessante notare che dal punto di vista legale della morte di Gesù sarebbe stato responsabile solo Gesta e non Pilato. Potrà apparire cosa singolare, ma poniamo l’ipotesi che Pilato decidesse di graziare Gesù dopo l’ultima caduta, ne aveva la facoltà. Gesù sarebbe morto ugualmente anche se non era sospeso alla croce. In questa ipotesi di chi sarebbe stata la responsabilità penale? Senza dubbio di Gesta che avrebbe impedito a Pilato di esercitare il potere di grazia e quindi di salvare il condannato. L’incarico di eseguire la condanna a morte Pilato lo aveva dato al centurione, di conseguenza non aveva alcuna responsabilità sull’azione omicida di Gesta. Il centurione poteva essere invece punito da Pilato per la sua negligenza. Forse Giovanni unico evangelista presente alla crocifissione, ha voluto proteggere il centurione convertitosi successivamente al Cristianesimo, sorvolando su alcuni particolari di quanto era avvenuto sul calvario.
Il fatto indiscutibile è che la causa di morte è dovuta all’emotorace e non all’inchiodamento alla croce che permetteva ai condannati la sopravvivenza per molti giorni.
La posizione della ferita al V spazio intercostale destro, il sangue fuoriuscito sotto forte pressione seguito dal siero sovrastante, indicano che la raccolta occupava tutto il cavo pleurico di destra e di conseguenza era superiore a tre litri.
La teoria ancora oggi sostenuta è che Gesù colto da infarto nell’orto di Getsemani sarebbe morto sulla croce per la rottura della parete cardiaca che avrebbe determinato un emopericardio.
E’ sufficiente in questa sede una sola considerazione che non può essere contestata da chi conosce realmente la fisiologia respiratoria: nell’emopericardio acuto il contenuto massimo non supera mai i 500 cc perché il pericardio è una membrana inestensibile.
Un colpo di lancia al cuore non avrebbe fatto uscire una sola goccia di sangue all’esterno del torace perché la depressione intrapleurica di Donders avrebbe assorbito totalmente nel cavo pleurico anche 500 cc di sangue contenuto nel sacco pericardico.
Quelli che continuano a sostenere la teoria dell’infarto come causa di morte, dicono in realtà una cosa mostruosa: che non vi è stata l’uccisione del Figlio di Dio, fondamento della dottrina cristiana. Gesù non sarebbe la vittima innocente uccisa dagli uomini perché sarebbe morto di morte naturale, vittima della propria debolezza emotiva.
I sostenitori della teoria dell’infarto, non tenendo conto della energia psichica e fisica di Gesù, condividono un aspetto caratteristico della mentalità criminale: quella di considerare fisicamente e mentalmente deboli gli onesti perché sono molto sensibili. Per un criminale è un vanto l’insensibilità emotiva e la mancanza di scrupoli.
I peggiori criminali sono quelli ipotiroidei, i cretini, quelli che hanno minore sensibilità fisica e morale, ma anche minore intelligenza. La morte non era dovuta a cause naturali, ma non poteva essere attribuita alla crocifissione come aveva subito compreso Pilato, infatti, era avvenuta senza le fratture delle gambe. Non poteva essere attribuita a cause asfittiche per la posizione del condannato sulla croce che per la statura più elevata degli altri condannati poteva respirare meglio di loro trovandosi con le gambe flesse. I rivoli di sangue sull’avambraccio destro tutti paralleli al suo asse dimostrano che è stato tenuto in posizione verticale a gomito flesso per tutto il tempo della stazione sulla croce. Cade di conseguenza inesorabilmente la teoria “del sollevamento e del accasciamento” dovuti ad asfissia.
La teoria di Ricci. La corona di spine non aveva provocato una grave emorragia, il sangue si era fermato al di sopra delle spalle come mostra la foto a luce trasmessa della Sindone. Il suo esame dimostra inoltre che la fustigazione aveva provocato solo ferite limitate alla cute e non vi erano lacerazioni profonde come aveva ipotizzato un regista in uno degli ultimi film sulla Passione. L’infissione dei chiodi come ha stabilito l’autore, interessava solo le parti molli delle mani e dei piedi. Se Gesù fosse stato graziato durante la crocifissione, poteva riprendere una vita normale se le lesioni fossero state solo quelle dei chiodi agli arti.
E’ necessario esaminare la vicenda della morte con gli occhi di un giudice che deve stabilire le responsabilità penali e non può prendere in considerazione le responsabilità morali dovute alle intenzioni di Pilato. Un giudice non può condannare un imputato per omicidio quando la morte della vittima è dovuta a cause diverse da quelle volute dall’imputato. Si poteva condannare Pilato solo per le lesioni guaribili entro quaranta giorni, quelle provocate dai chiodi agli arti. Non lo si poteva condannare per la sua intenzione di uccidere Gesù che non era morto per la crocifissione.
Nell’inchiesta penale per le cause di morte le ipotesi sono le seguenti:
La prima ipotesi è morte per cause naturali, l’infarto.
La seconda ipotesi è morte dovuta alla crocifissione, da escludere per le ragioni esposte.
La terza ipotesi è morte per caduta accidentale.
In tutte queste ipotesi non appare responsabilità penale a carico di alcuno. Se le ipotesi di morte rimanessero solo queste, le deduzioni da trarre sarebbero gravissime perché la teologia cristiana sostiene il Deicidio, voluto coscientemente da uomini. Con la morte per cause naturali o con la morte accidentale non vi sarebbe il Deicidio. Esiste uno spazio apparentemente vuoto che sicuramente contiene il vero colpevole. La foto a luce trasmessa della Sindone che evidenzia la mortale ferita nella spalla destra può essere paragonata alla colata di gesso che negli spazi vuoti del terreno di Pompei ha mostrato i calchi dei corpi umani evaporati dalla lava incandescente. Finora non era stato riempito lo spazio vuoto lasciato dal vero carnefice che ha commesso il Deicidio.
Il Sinedrio e Pilato avevano come attenuante la volontà di applicare le leggi anche se in modo spietato. Ben diversa è la responsabilità morale e penale di Gesta che ha una caratteristica, indicata dai Vangeli, tipica dei veri delinquenti, quella di schernire la vittima che torturano.
La morte di Gesù non sarebbe stata provocata dagli Ebrei o dai Romani, ma da un essere malvagio di nome Gesta reo nei Suoi confronti di omicidio premeditato con l’aggravante dei motivi abbietti e del mezzo subdolo, reati punibili con il massimo della pena in tutti i codici penali delle nazioni.
Nel Vangelo apocrifo di Giuseppe di Arimatea, pag. 686, come presentazione dei due ladroni, viene detto: “Sette giorni prima che essi condannassero alla morte in Croce il Figlio di Dio, a Pilato erano stati mandati due uomini catturati a Gerico con i seguenti capi d’accusa:Il primo, di nome Gesta, aveva assassinato dei viandanti, depredandone altri , aveva appeso donne con i piedi in alto e la testa in basso tagliando loro i seni e bevendo il sangue dei bambini dopo averli mutilati; non aveva mai riconosciuto alcun Dio né obbedito ad alcuna legge; si era comportato così sin dall’inizio della sua vita.Ecco invece quale era la situazione dell’altro.Si chiamava Desma, era Galileo e aveva un albergo, ospitava i ricchi ma faceva anche del bene ai bisognosi e, come Tobia, seppelliva segretamente i morti poveri; si industriava di derubare i beni degli Ebrei, rubò anche la Legge a Gerusalemme. Depredò la stessa figlia di Caifa, sacerdotessa del Santuario, sottraendo persino il deposito segreto collocatovi da Salomone. Queste erano le azioni delle quali si era reso colpevole.Gesù fu dunque arrestato tre giorni prima della Pasqua, nella sera. Né Caifa, né tutto il popolo ebraico, volevano festeggiare la Pasqua a causa del loro profondo dolore per il furto che era stato consumato nel santuario.
San Bernardo Abate di Chiaravalle domandò nell’orazione a Nostro Signore quale fosse stato il maggior dolore sofferto nel corpo durante la Sua Passione.
Gli fu risposto: “Io ebbi una piaga sulla spalla profonda tre dita e tre ossa scoperte per portare la Croce, questa piaga mi ha dato maggior pena e dolore di tutte le altre e dagli uomini non è conosciuta.”
Nel libro di Andrea Tornielli “Il segreto di Padre Pio e Karol Wojtyla”, l’autore riferisce che, nella Pasqua del 1948, Padre Pio, durante la confessione, confidò al giovane sacerdote Wojtyla che la ferita sulla sua spalla destra era la più straziante.
VEDI ANCHE LA VERSIONE IN INGLESE:
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Still today many Christians have given the responsibility to the Great Priest Caifa and to the members of Sinedrium.
Jews laid the blame on Pilatus and the Romans.
The Author of “The double images on the Shroud of Turin” thinks he has discovered the true culprit.
His name, unknown to most, is Gesta.
He is the second thief crucified with Jesus.
The first thief is Desma, also named The Good Thief.
Gesta would be the evildoer of whom Luca reports blaspheming to Jesus: ”Aren’t you the Messiah? Save yourself and us!”
The other thief Desma says to Gesta: “Don’t you fear God? You received the same sentence He did”
Jesus says to Desma: “I promise you that today you will be in Paradise with me”
Desma’s grudge against Gesta was due to more serious reasons than the words of scorn spoken to Jesus.
Owing to the brevity of this paper the complete narration of the crucifixion is postponed to the Author’s books.
In this text only the conclusions are exposed.
From “The Gospel” we learn of Pilatus’s surprise on hearing of Jesus’s precocious death.
Crucifixion allowed the survival for several days.
LAVOIE’s experiments (he is an American specialist of emergency surgery), have established clearly the time of transmission of human blood on the flax cloth.
The clots on the body of the Man on the Shroud couldn’t have been transmitted to the cloth after two hours from their formation on the skin.
The conclusion is that death arrived unexpectedly before the time previously calculated.
The cause of death, according to the author of this work, would be due to an acute right haemothorax, consequent to laceration of the right subclavian artery.
The convicts took the patibulum to the place of torture on their shoulders. This was a wooden plank.
In the case of Jesus, the nails that penetrated his hands were already in the wood.
One of the nails is preserved in the Cathedral in Milan inside an urn of crystal, 24 cms long. The nail terminates on the opposite extremity with a fixed ring, on the inside of which passes a mobile ring of the diameter of 3 cms.
In the reconstruction of the crucifixion the three convicts were connected to each other by a long rope tied to an ankle. The rope was needed to avoid escape.
In his ascent to the Calvary, Jesus would have had Desma in front of him, while the bad thief Gesta, connected by the rope to his right ankle, followed him.
Gesta would have suddenly stopped the first time, when Jesus’s right foot was behind.
As his foot was held by the rope, Jesus would have fallen prone hitting his left knee, his right cheek-bone and his nose on the ground.
On the Shroud aragonite has been found in correspondence of the bruised left knee and the dislocated nose and this is the typical soil of Golgota.
In the second fall, caused by Gesta who suddenly stopped , Jesus’s right foot was in advanced position so that He fell on his back on the patibulum that left on his shoulders, its imprint. The nail that stuck out from the table, penetrated for about 12cms into his right shoulder in the acromioclavicular joint, without causing fractures, but severing the right subclavian artery and the right phrenic nerve, that is the movement of the right part of the diaphgram.
It had to have been a massing and rapid haemorrage comparable to a stab to the heart.
The lesion to the phrenic nerve would explain the difficulty of speech and forced decubitus on the cross. The convict, after that fall, wasn’t able to carry the patibulum anymore.
A possible nail lesion is looked for on the light transmitted photographs by Barrye M. Schwortz, and stains of blood are evidenced.
The light transmitted photographs of Jesus’back show some dark spots around a small lateral area on the right of “supra-scapular region.”
Examining one of ENRIE’s direct light photos, the spot is found 19 cms under the inion (outer occipital protuberance) and 17 cms on the right of the dorsal vertebrae.
It’s interesting to notice that, from the legal point of view, Gesta and not Pilatus would have been guilty of Jesus’s death.
It can appear unusual, but if we set the hypothesis that Pilatus decided to pardon Jesus after the last fall – he had the authority – Jesus would have died even if he wasn’t suspended to the cross.
In this hypothesis whose penal responsibility would have been? Without doubt of Gesta who would have prevented the possibility that Pilatus could exert the power of grace to Pilatus and therefore to save the convict.
Pilatus had given the responsibility of the death sentence to the centurion, accordingly he wouldn’t have any responsibility on the homicidal action of Gesta. The centurion could be punished instead of Pilatus for his negligence.
Perhaps John, the only Evangelist present to the crucifixion, wanted to protect the centurion who subsequently was converted to Cristianity, passing over some events happened on the Calvary.
The indisputable fact is that the cause of death is due to Haemothorax and not to the nailing to the cross that allowed the convicts the survival for many days.
The position of the wound to the V right intercostal space, where the blood gushed out under strong pressure followed by the impending serum, points out that it occupied the whole right pleuric space and consequently was more than three litres.
The theory supported still today is that Jesus suffered heart attack in the garden of Getsemani and would have been dead on the cross from breakup of the cardiac wall, that would have determined an haemopericardium.
There is only a consideration that cannot be contested by he really knows the respiratory physiology: in acute haemopericardium the maximum content is never over 500 ccs because the pericardium is an inextensible membrane.
The lance injury to the heart couldn’t cause haemorrhage of blood outside of the chest because the “intrapleuric depression of Donders” would have totally absorbed in the pleuric cavity 500 ccs of blood contained in the pericardic sac.
Those that keep on sustaining the theory of heart attack as cause of death, tell a monstrous thing: that is there hasn’t been the killing of the Son of God, that is the base of the Christian doctrine.
Jesus wouldn’t be the innocent victim killed by men, because he would have died of natural cause, victim of his own emotional weakness.
The supporters of the heart attack theory, not keeping in mind Jesus’s psychic energy , share a characteristic aspect of criminal mentality: that is to consider physically and mentally weak the honest because they are very sensitive.
Emotional insensibility and lack of scruples are a boast for a criminal.
The worse criminals are those suffering from hypothyroidism, idiots that have smaller physical and moral sensibility, but smaller intelligence, too.
Death was not due to natural causes, but it couldn’t be attribuited to the crucifixion – as Pilatus understood immediatly – as it happened without the fractures of the legs.
Asphyxia couldn’t be attribuited to the convict’s position on the cross because Jesus could breathe better than the other thieves because He had flexed legs because of elevated stature.
Blood’s rivulets on his right forearm all parallel to its axis show that he had been kept in a vertical position with flexed elbow for all the time of his permanence on the cross.
Accordingly, the theory of the lifting and the collapse isn’t more valid than asphyxia
Ricci’s theory. The crown of thorns couldn’t provoked a serious haemorrhage, blood stopped above His shoulders, as the transmitted light photographs on the Shroud show.
His examination shows that the whipping provoked injures to the skin and there were no deep lacerations as one film director had hypothesized in one of the last films on the Passion.
The penetration of the nails, as the Author has established, interested only the soft parts of the hands and the feet. If Jesus had been pardoned during the crucifixion, he could had taken back a normal life, if the lesions had been those of the nails to the limbs.
It’s necessary to examine the story of the death with the eyes of a judge who has to establish the penal responsibilities and cannot consider the moral responsibilities due to Pilatus’s intentions.
A judge cannot condemn an accused for homicide when the death of the victim is due to different causes from those wanted by the accused..
We could only condemn Pilatus for lesions curable within forty days, those provoked by the nails to the limbs. We couldn’t condemn him for his intention to kill Jesus who wasn’t killed by crucifixion.
In this penal investigation of death causes the hypotheses are the followings:
The first hypothesis is the death by natural causes: by heart attack;
The second hypothesis is the death due to crucifixion, that we exclude for the above mentioned reasons;
The third hypothesis is the death due to accidental fall.
In all these hypotheses there does not appear to be penal responsibility by anyone.
If the hypotheses of death remained these, the deductions to be drawn would be serious because Christian theology sustains killing of God, consciously wanted by man.
There wouldn’t be the killing of God with death by natural causes. An empty space exists that surely contains the guilty truth.
The transmittend light photo on the Shroud that underlines the deadly injury on the right shoulder
can be compared to the chalk filling the empty casts left by the body’s evaporated by incandescent lava in Pompei.
Till now the empty space had not been filled by the true executioner that committed the killing of God.
The Sinedrium and Pilatus had attenuating circumstances of having to apply the law even if in merciless way..
Well different is Gesta’s moral and penalty responsibility that has a characteristic, pointed our by Gospel, typical of the true criminal, of mocking their victim.
Jesus’s death wouldn’t have been provoked by Jews or by Romans but by a wicked man named Gesta, guilty of His premeditated homicide with the aggravating circumstance of despicable and deceitful way, crimes punishable with the maximum of penalty in all penal codes.
St. Bernard Abate of Chiaravalle, asked in the prayer to Our Lord which had been the worst pain He suffered in his body during his passion.
He answered him: I had a wound on my shoulder three fingers deep and three exposed bones due to carrying the cross, this wound has given me greater punishment and pain than the others and it’s unknown by man”.
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