La bontà di un sistema si misura con la sua efficienza, ossia quanto sa assistere e soddisfare chi lo compone. Il medesimo metro può dire molto su uno Stato: quand’esso garantisce tutela, offre servizi, risorse, ascolto e opportunità alla popolazione, funziona a dovere. Più ci si allontana da questo assoluto, più si naviga verso lo sbando, la precarietà. E se l’anarchia è il complesso armonico di cose che l’ignoranza tende a soffocare con le regole, la sovrabbondanza di queste ultime e il loro mancato rispetto, a partire dalle istituzioni, indica il caos. È una cancrena difficile da combattere, perché ha sede negli spiccioli del giorno: le persone. La fotografia che la stampa internazionale regala dell’Italia è sconfortante, peraltro a ragion veduta. I valori esposti in apertura si trovano a fatica, e sono esclusiva di pochi privati, o comunità isolate. Spesso anche i paesi e i piccoli centri si adeguano al trend metropolitano, dove ogni cosa è delegata all’ufficio mancante, o chiuso da pochi minuti. E quasi mai si risolve la querelle. Lo testimoniano migliaia di casi, dalla malasanità alle multe pazze, dai finti invalidi alla disoccupazione coatta, passando per l’ingordigia della crisi. Circolano un sacco di soldi, almeno in certe tasche, e non conosce sosta l’industria dei regali. Nel sentimento comune è una gustosa maniera per celebrare la nascita del gesubambino di turno, sistemando la tredicesima mensilità.