INTERVISTA a Brachetti – Londra-, l’importante è avere ideali.

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LONDRA -Senza fiato, ecco come si rimane dopo aver visto “Change”, l’appluditissimo spettacolo che Arturo Brachetti sta mettendo in scena al Garrick Theatre (Londra), fino al 3 Gennaio prossimo.

E’ uno spettacolo coloratissimo e spumeggiante. Brachetti interpreta circa 80 personaggi, trasformandosi in pochi secondi e lasciando gli spettatori allibiti.

Si tratta di uno spettacolo teatrale completo, nel quale Brachetti fa dei velocissimi cambi di costume, tra illusionismo e magia, ma anche recita, canta, balla.

La tecnica di Arturo Brachetti è raffinatissima e collaudata in anni di lavoro. Da bambino entrò in seminario, dove imparò i fondamenti dell’illusionismo da Don Silvio Mantelli (noto come il Mago Sales) un giovane prete con l’hobby della magia.

Brachetti all’età di 15 anni fece il suo primo spettacolo di cambio rapido di ruoli. Di seguito realizzò un numero con 6 personaggi, tutti interpretati da lui. Con questo numero lasciò l’Italia per l’estero, dove ottenne il vero successo.

Brachetti ha riportato in auge l’arte del trasformismo, scomparsa dalla morte di Leopoldo Fregoli (1936) e della quale non resta traccia. Brachetti, quindi, ha inventato i suoi trucchi da solo e ancor oggi non ne rivela i segreti.

Arturo Brachetti è uno dei pochi artisti italiani conosciuti all’estero. La sua fama nasce, infatti, proprio dal suo lavoro fuori dall’Italia.

La sua carriera professionale cominciò nel 1979 in Francia, al cabaret Paradis Latin, sotto la direzione di Jean Marie Riviére. Grazie al successo ottenuto, divenne presentatore di Flic Flac (1981) un varietà di André Heller che ebbe successo in Germania. Nel 1983 Brachetti arriva a Londra dove presenta una sua produzione, Y, al Piccadilly Theatre. Nello stesso anno partecipò al The Covent Garden Christmas Gala alla presenza della famiglia reale inglese.

Da allora la sua carriera non si è mai fermata, in un crescendo di attività  artistiche, riconoscimenti e premi, soprattutto a livello internazionale.

Fino ad arrivare a questo ultimo “Change” che lo vede ancora calcare le scene del teatro internazionale, applauditissimo da un pubblico mondiale. 

Intervista a Brachetti. 

D. Arturo Brachetti sei a Londra di nuovo. Tu sei un artista internazionale.

R. “Sono già stato a Londra nell’83 – ’84, avevo uno spettacolo mio. E poi da tanti anni, ormai, sono in giro per il mondo. Tanto è vero che sono stato 3 anni a Parigi dal 2000 fino al 2004. E con questo spettacolo Change abbiamo già girato l’America, il Canada, la Cina, il Belgio, la Spagna e la Germania. E quindi praticamente quasi tutto il mondo. Infatti ritornare a Londra per me era importantissimo, perché sono tornato proprio con uno spettacolo da solo, Change, che ovviamente è più impressionante di ciò che ho fatto prima ed è la versione più moderna del one man show. Soprattutto il grande challenge, la grande sfida, è comunque essere a Londra: il West End di Londra e Broadway sono il tetto del mondo. In questo momento sono uno dei pochissimi italiani che è arrivato a Londra. Forse Dario Fo, a parte nella lirica Pavarotti e Bocelli. Ma riguardo al teatro probabilmente saremo quattro o cinque italiani. Lo spettacolo è molto internazionale: infatti dopo Londra andremo probabilmente in Cina di nuovo, ritorniamo a Shangai e Pechino. E’ uno spettacolo che è molto visivo, quindi può essere compreso anche da diverse culture, da diverse persone, che magari non capiscono completamente l’inglese”. 

D. Appunto, gli Italiani a Londra. Tu sei l’erede di Fregoli che ebbe tanto successo all’Alhambra Theatre che era nel palazzo qua di fronte?

R. “Fregoli ha avuto il più grande successo della sua vita a Parigi nel 1900. Stranamente, come io lo ebbi a Parigi nell’anno 2000. Tra l’altro per curiosità, questo è veramente un aneddoto persino un po’ spaventoso, abbiamo avuto la prima sempre a Parigi, sempre il 19 di gennaio, sia io che lui, a 100 anni di differenza l’uno dall’altro. Lui fece un enorme successo a Parigi. Io pure perché sono stato 2 anni e mezzo in cartellone. Qui a Londra Fregoli ebbe un buonissimo successo per 4 mesi, che più o meno è quello che sta succedendo adesso a me. Mi fa paura questo fantasma di Fregoli che aleggia sempre nei miei camerini. Fregoli naturalmente a quell’epoca era una grande vedette e faceva nel suo spettacolo circa 60 personaggi. Io ne faccio anche di più, un’ottantina circa. E poi lui era velocissimo, ma chiaramente tra Fregoli e me è come dire tra Nuvolari e Valentino. Cioè sono passati 100 anni di tecnica. Fregoli non aveva tutti gli accorgimenti tecnici che ho io adesso. Senza contare che a quei tempi Fregoli non si confrontava con il cinema o con la televisione. Nessuno aveva mai visto uno che usciva da una porta, poi ritornava ed era passata una giornata, come succede nei film. Con lo stacco uno può veramente passare da un posto all’altro, da un tempo all’altro. E quindi va a sapere se per Fregoli duravano 10 secondi o 15, i suoi cambiamenti che per quel tempo era un lampo certamente. Per me sicuramente il tempo è molto più veloce perché i miei cambi vanno dai 3 – 4 secondi fino ad un secondo e mezzo. Tanto è vero che sono stato nel Guiness dei Primati perché il mio record di cambio era di un secondo e mezzo”. 

D. Quindi una tecnica raffinatissima che ormai da anni …

R. “Ho inventato questa tecnica col primo numero di trasformazione che ho creato a 15 anni. Sono andato a cercare i trucchi di Fregoli, ma non li ho mai trovati. A 18 anni creai il mio primo vero numero con 6 personaggi. In cerca di una scrittura andai a Parigi nel ’79. I miei erano tutti trucchi inediti. Tanto è vero che mi presero perché ero l’unico al mondo, non perché ero il più bravo trasformista nel mondo. Ero l’unico dai tempi di Fregoli, cioè dal 1922, che faceva questo tipo di spettacolo. Dai 6 personaggi poi anno dopo anno ho arricchito il mio guardaroba. Adesso a casa ho 350 costumi di cui 80 li uso in questo spettacolo”.  

D. All’estero. Anche tu il tuo primo successo all’estero. In Italia invece….

R. “In Italia è arrivato un po’ dopo il successo. Quando ritornavo in Italia dicevano che ero stato a Parigi, ero tornato da qui, da là. Gli italiani cosi si affezionavano a questo personaggio. Anche perché l’italiano medio, spesso pensa che a Las Vegas c’è sicuramente qualcosa di meglio. Poi invece gli dicono che Pavarotti è veramente il più bravo del mondo, che Bocelli è veramente internazionalmente conosciuto. Insomma quando dicono queste verità, allora poi gli italiani fanno i ponti d’oro. Devo dire che in Italia non c’era un teatro per me, perché il varietà era morto da tanto tempo, la commedia musicale nel ’79 non era ancora arrivata in Italia, arriva dopo con la Compagnia della Rancia. Quindi non c’era proprio una situazione lavorativa interessante. Sono partito per quello. Come han fatto tutti gli altri immigrati che son partiti perché in Italia non trovavano gli spazi adatti per il loro lavoro. Adesso c’è una fuga di cervelli pazzesca dall’Italia. Perché? Perché da noi spesso vengono assunti i cognati di qualcuno, i nipoti di qualcuno e non le persone che invece meritano che poi vanno all’estero e inventano, fanno, sono dei grandi personaggi”. 

D. Questo spettacolo come si svolge?

R. “Questo spettacolo è un one man show con un tema, con una storia che fa da filo conduttore. E’ un Arturo Brachetti 85enne che ricorda la sua vita. E mentre ricorda la sua vita vediamo dei suoi pezzi, dei suoi cavalli di battaglia. Gli appare una figura, quasi un fantasma di se stesso 30enne, che lo vuole accompagnare a questa grande trasformazione, che non si sa cos’è, ma che poi alla fine si scopre che è praticamente la morte. Questa figura 30enne era lui stesso che si convince e accetta di fare l’ultima trasformazione. Non finisce nemmeno male, perché poi lui si trasforma in un angelo e vola via e diventa una stella in un firmamento. C’è anche un finale poetico. Questa è la storia che contiene all’interno dei pezzi, dei numeri, che sono ormai i miei cavalli di battaglia: le ombre cinesi, il violinista, il numero alla Fregoli, un pezzo su Hollywood che dura mezz’ora, un pezzo finale su Fellini che dura 10 minuti e che sono presenti nel mio repertorio ormai da 10 anni”.  

D. Cosa preferisci del tuo lavoro dopo tanti anni?

R. “Anzitutto il mio lavoro mi crea un piacevole stato giornaliero di adrenalina. C’è questa conquista del pubblico giornaliera che è una sfida, ma anche un piacere tremendo. Quindi la dose di applausi, di baci a abbracci che alla fine poi il pubblico mi offre, mi appaga. A me non dispiace, ne fare una dieta, perché faccio una dieta tremenda per rimanere snello cosi, ne la fatica, ne lo stress di dover fare lo spettacolo più l’intervista, più i viaggi, più la promozione, che è molto stressante. Neanche il fatto che io a 52 anni sono ancora qua a provare davanti ad un nuovo pubblico che valgo qualcosa. A 52 anni uno vorrebbe avere un’azienda ben avviata e non dover ricominciare tutto da capo. Invece ogni sei mesi ricomincio da capo. Perché per esempio anche la Cina, dove siamo stati per la prima volta a Gennaio perfettamente sconosciuti. Adesso ci ritorniamo. Quindi ogni volta è confrontarsi con gente che dice: ma chi è questo qua, cosa sa fare? Ci vuole del tempo. Qui a Londra è stato più duro perché la concorrenza è terrificante. Ci sono 80 teatri in un quartiere, almeno 30 musical fantastici. Chiaramente con la crisi che c’è il pubblico deve scegliere. Ma siamo molto contenti. E questa sfida quotidiana praticamente mi mantiene bello sveglio”.  

D. Cosa c’è nel tuo futuro?

R. “Repliche dello spettacolo a oltranza. Poi ci sono le regie per Aldo, Giovanni e Giacomo. Ne faremo una grossissima nel 2012, ma prima ancora una proprio a fine Gennaio prossimo. Poi sempre a Gennaio sarò Presidente della Giuria del Festival del Circo del Domani che è la più importante manifestazione del circo mondiale a Parigi. Essere presidente quest’anno, è molto importante. Poi vogliamo portare un altro spettacolo che ho creato, che si chiama Gran Varietà, a Montreal quest’estate e poi probabilmente a Parigi in autunno. Sempre inframmezzato da Change o da L’uomo dai Mille Volti che è lo spettacolo da solo. Quindi si deve ingegnare molto di più perché la crisi è per tutti , però non mi lamento. E la cosa più importante come al solito è avere degli ideali, delle montagne da scalare. Per fortuna all’orizzonte ce ne sono ancora parecchie per me”.