Quale importante causa o motivo convince gli scienzati dell’esistenza dell’antimeteria? Cosa specifica il fatto che e+ (positrone) sia un particella di antimateria e non materia stessa?
Per gli scienzati l’antimateria è un qualcosa che esiste e non si vede proprio come il pensiero?
Se il e+ è antimamateria come si è manifestato agli scienziati per capire che è antimateria?
La risposta a bruciapelo è: gli scienziati si convincono nella maniera classica, cioé con l’evidenza sperimentale. Per rispondere più diffusamente a queste domande, però, conviene fare un po’ di storia su come è nata l’ipotesi dell’antimateria.
Gli inizi del 1900 videro affermarsi in fisica nuove idee rivoluzionarie, per risolvere alcuni problemi che la fisica classica mostrava nel descrivere alcuni processi miscroscopici, che portarono allo sviluppo della fisica quantistica. Questa, però, aveva come uno dei suoi pilastri l’equazione di Schrödinger, formulata originariamente per particelle non relativistiche, particelle cioé la cui velocità fosse molto minore di quella della luce.
Furono i fisici Oskar Klein, Walter Gordon e Paul Dirac che proposero intorno al 1930 delle nuove equazioni quantistiche (le equazioni di Klein-Gordon e di Dirac) valide nel regime relativistico. Una delle conseguenze, inizialmente incompresa e indesiderata, di queste equazioni, però, sembrava essere l’esistenza per una particella, insieme agli stati "normali" con energia positiva, di stati a energia negativa. Da qui la domanda: sono, queste, particelle reali? Esistono realmente (la meccanica relativistica fino a quel momento aveva sempre considerato stati a energia positiva)? Il problema sarebbe stato superabile nell’ambito relativistico classico, ammettendo che gli stati a energia negativa esistessero come semplice soluzione matematica di un’equazione, ma si dovessero scartare nel caso reale; dunque, una particella microscopica libera poteva solo avere una energia positiva pari a mc2 (ricordiamoci Einstein), senza la possibilità di subire una transizione ad uno stato di energia -mc2. Ma la teoria quantistica di una particella in interazione con un campo elettromagnetico ci dice che una particella microscopica può "saltare" da uno stato ad un altro, emettendo o assorbendo un quanto di luce. In questo caso, la nostra particella di energia mc2 può emettere un fotone di energia 2mc2 e "cadere" in uno stato ad energia negativa!
Dirac propose, per risolvere il problema, un modello molto strano. Supponiamo che tutti gli stati a energia negativa in natura siano occupati: allora, dato che esiste una legge (il principio di esclusione di Pauli) che impedisce a due particelle identiche di occupare lo stesso stato, una particella "normale" non poteva saltare in nessuno degli stati occupati "anormali" e tutto ritornava a posto.
Ma ecco che il modello proposto da Dirac aveva delle conseguenze molto particolari. Per fissare le idee applichiamo il nostro modello agli elettroni e ammettiamo che un elettrone "anormale" del nostro mare assorba un fotone con un energia sufficiente per farlo saltare dal suo stato iniziale a energia negativa ad uno stato con energia positiva. Un osservatore vedrà un elettrone "normale" con carica negativa -e ed energia positiva, ma anche un "buco" nel mare di stati a energia negativa e carica negativa. La mancanza di una carica negativa -e di energia negativa -mc2, si può vedere come la presenza di una carica positiva e di energia positiva mc2. In altre parole, il salto del nostro elettrone "strano" ha prodotto un elettrone normale più un gemello del nostro elettrone (cioé una particella con la sua stessa massa) con la stessa sua energia ma una carica opposta: è questa l’antiparticella dell’elettrone, il positrone. Si noti che, se poi all’elettrone fuggitivo capita di ritornare al suo stato di energia negativa, le due particelle scompariranno con la riemissione del quanto di energia iniziale: questa si chiama annichilazione particella-antiparticella ed è un sintomo della presenza di antimateria (e quindi un modo per accorgersi della sua esistenza).
La teoria del mare di Dirac verrà, poi, superata con il passaggio ad uno stadio successivo della teoria quantistica relativistica (detta seconda quantizzazione), in cui si riconoscerà che l’unica interpretazione coerente delle equazioni quantistiche relativistiche è quello a molti-corpi, che qui è un po’ complicato descrivere: in pratica, le equazioni devono essere interpretate non come equazioni di singola particella, ma come equazioni relative a campi ondulatori le cui vibrazioni sono le particelle. In ogni caso, rimane valida la conseguenza appena descritta: per ogni particella di massa m e carica elettrica q, è prevista una particella gemella con la stessa massa e carica elettrica -q.
A questo punto si può rispondere alle domande iniziali; l’antimateria emerge non come una finzione matematica, ma come realmente esistente: in fondo è essa stessa materia, anche se con proprietà opposte a quella (per esempio la carica elettrica, ma anche altri tipi di cariche che caratterizzano le particelle elementari). Dunque, deve essere possibile fare degli esperimenti e rivelare queste particelle previste dalla teoria. E infatti, nel 1931, il fisico americano Carl Anderson fu il primo a scoprire, negli sciami di raggi cosmici, delle particelle che sembravano avere la stessa massa degli elettroni ma, nel campo magnetico del rivelatore, curvavano in direzione opposta: erano i positroni, antiparticelle degli elettroni. Da allora molte antiparticelle sono state scoperte (cioè veramente osservate in esperimenti!), dando ragione alle predizioni della teoria che abbiamo descritto, e addirittura prodotte artificialmente negli acceleratori di particelle.
Se e in quali proporzioni il nostro universo contenga antimateria (a parte quella che produciamo nei nostri acceleratori di particelle) è una storia più lunga…