Nel New Year’s Day si festeggia il perpetuarsi di un viaggio.
Brindisi e detonazioni sono un pretesto per sistemare quanto scampato allo sciupìo di tredicesime e mance natalizie, fino alla prossima festa. Peraltro imminente. La retorica degli auguri occuperà uno spazio tanto esiguo da seppellire striscioni e spot sotto la coperta dei dogmi successivi, sempre troppo corta. È il momento dell’Epifania, smembrata nell’attesa che adunche vecchine gonfino calze e scarponi di caramelle, cioccolato, e altre sorprese che si sposano con la ricorrenza quanto il due di picche con il poker. Ognuno gioisce alla sua maniera, buttando l’occhio al futuro, alla presunzione degli oroscopi, delle illusioni, delle consuetudini, approfittandone a proprio modo. La notte del 31 dicembre 1987, il detenuto danese Henry Severin Albrechsten riuscì a evadere facendo esplodere una carica di dinamite, mescolatasi alle deflagrazioni attorno al penitenziario. La crisi in cui sembrava piombato il mondo intero s’è scoperta posticcia, con tanto di segno positivo sui bilanci interni: le Borse europee hanno chiuso in attivo, precedute & seguite da Wall Street. I profeti del disastro hanno raggiunto lo scopo; una volta messi in mutande milioni di risparmiatori, sono pronti a rivendergli la stessa biancheria. In saldo o vittima di inflazione fisiologica poco importa, nessuno può rinunciare ai beni essenziali, per questo hanno inventato gli acquisti a rate. Nasciamo con ventiseimila euro di debito pro-capite, e secondo alcuni siamo già allenati allo stress nel pancione di mammà. Scriviamo migliaia di pagine per non conoscere nulla fino in fondo, abbiamo la sensazione di lavorare sulla muffa e inalarla, sentirla ottundere il cervello come il bicchiere della staffa. Lui rallenta, si perde nei capillari e lascia spazio ai desideri inutili. Eppure c’è voglia, tanta voglia di materia viva, qualcosa che penetri la sostanza, la guardi dall’interno e trattenga il fiato ad ammirarne la magia. La Terra è una carta geografica solcata da correnti, sogni e migrazioni. Alcuni deperiscono per pigrizia, per scarsa cura di chi ne sarebbe ufficialmente addetto, e per vibranti tradizioni che i popoli appiccicano solo al passato, senza concedergli l’onore e la grazia del presente. Perché val poco una data sul calendario, se porta fame e sofferenza pari alle altre. Chi le sbarca a cavallo rimpiange presto la patria ingrata e lontana, tra sciovinismo e rancore sul filo dell’emarginazione. Nevrosi, inquietudini, prospettive e belle storie, la realtà andrà avanti a sbalzo, a singhiozzo o trascinante, forte del dominio degli elementi; nostro compito sarà innestare i rami migliori sulle marze più robuste. Con saggezza rurale e spirito limpido, cristallino, perché nessun anno finisce mai, non c’è una linea di separazione netta, quella che getta gli elettrodomestici usati dalla finestra e urla al vicinato una ribellione alle cose di cui, di fatto, è prigioniera. Per rinnovare la fiducia è bene ripulire ogni giorno dalla polvere dell’orgoglio e dell’ipocrisia.