Ludovico Einaudi è uno dei più importanti musicisti italiani che ha ricevuto moltissimi riconoscimenti sia in Italia sia all’estero, soprattutto è molto conosciuto nel Regno Unito
dove ha vinto numerosi premi e venduto centinaia di migliaia di copie dei suoi album, raggiungendo la vetta della chart.
In occasione del suo prossimo concerto a Londra ci piace anticipare la sua venuta con qualche nota biografica e una breve intervista.
Ludovico Einaudi è nato a Torino (23 novembre 1955), si è diplomato in composizione al Conservatorio “Verdi” di Milano, perfezionandosi sotto la guida di Luciano Berio. Verso la fine degli anni ‘80 attraversa un periodo di sperimentazione e ricerca, durante il quale inizia a collaborare con il teatro e la danza. Nel 1990 pubblica “Stanze” 16 composizioni interpretate dall’arpa elettrica di Cecilia Chailly. L’album viene pubblicato anche in Inghilterra: si racconta che quando alcuni brani furono mandati in onda dalla BBC, la segreteria andò in tilt per rispondere agli ascoltatori che volevano sapere chi era l’autore.
Ma è l’album “Le Onde” (1996) che rappresenta il vero punto di svolta nella sua carriera. In questo album Einaudi compone e interpreta un ciclo di ballate per pianoforte ispirato dall’omonimo romanzo di Virginia Woolf. Il disco, concentrato di quel suono circolare, avvolgente e minimalista che diventerà il suo stile, sarà pubblicato un paio di anni dopo nel Regno Unito, riscuotendo unanime consenso di pubblico e di critica. Nel frattempo il regista Nanni Moretti sceglie alcuni brani per la colonna sonora di “Aprile”, a cui faranno seguito una serie di proficue e premiate collaborazioni con il cinema, fra cui Fuori dal Mondo (Echo Klassik Preis) e Luce dei miei occhi (Italian Music Awards) di Giuseppe Piccioni, Dr Zhivago (Gold Word Medal New York Film Festival) di Giacomo Campiotti, Sotto Falso Nome (Best Filmscore Avignon Festival) di Roberto Andò, fino a This is England (Music Nomination BIfa) dell’inglese Shane Meadows.
L’atteso seguito di "Le Onde" si intitola “Eden Roc” (1999) e prosegue la ricerca sull’approfondimento della canzone strumentale iniziata precedentemente, con l’aggiunta di un quintetto d’archi e della collaborazione con il grande musicista armeno Djivan Gasparijan.
Nel 2001 esce “I Giorni” altra raccolta di brani per piano solo scritti a seguito di un viaggio in Mali durante il quale Einaudi incontra il maestro della kora Toumani Diabate.
L’anno 2003 vede una serie di concerti che fanno sempre registrare il tutto esaurito. A cominciare dalla Gran Bretagna, dove nel frattempo esce “Echoes (The Einaudi Collection)”, una raccolta dei suoi successi, che supererà le 100 mila copie vendute. Nello stesso anno è nel cartellone della Scala di Milano, dove registra il doppio live “LaScala: Concert 03 03 03”.
Quando esce “Una mattina” (2004) il disco arriva immediatamente al primo posto delle chart britanniche di musica classica.
Da quel momento, Einaudi inizia un tour fortunato, e pressoché infinito, che lo porta in giro per l’Europa offrendogli spunti per collaborazioni inedite e sempre più stimolanti.
Di seguito escono i suoi album “Diario Mali” (2005), “This is England” e “Divenire” (2006), “Cloudland” e “Nightbook” (2009), tutti grandi successi.
Einaudi fa riferimento musicale alla tradizione classica con l’innesto di elementi derivati dalla musica pop, rock, folk e contemporanea. Le sue melodie, sono profondamente evocative e di grande impatto emotivo.
La musica di Einaudi è caratterizzata da ritmo circolare, avvolgente e minimalista che si esprime spesso in brani per piano solo. Le sonorità sono suggestive melodie lineari di particolare leggerezza, ma contemporaneamente ricche e profonde, tanto che richiamano elementi ancestrali. Quello che colpisce della musica di Einaudi sono le melodie ondulatorie in continuo movimento, fra accelerazioni improvvise e altrettanto repentine sospensioni, che ruotano attorno ad un asse di suoni classici e d’avanguardia, con suggestioni etniche ed elettronica.
D. Un domanda a Ludovico Einaudi un musicista definito classico che porta avanti una tradizione di musica colta.
R. “Non so se musica classica è una parola che definisce esattamente quello che faccio. Perché la musica classica, per me, è una musica che appartiene forse al passato, una musica che è sedimentata nel tempo. Diciamo sicuramente la mia preparazione è stata quella classica, però poi sono tornato molto alla musica popolare in generale, la musica etnica, la musica popolare contemporanea. Quindi quello credo che sia la linfa che ha nutrito il mio linguaggio. Forse anche per quello il mio linguaggio è accessibile al pubblico, perché poi la gente individua degli elementi della musica che conosce, comunque la musica del nostro tempo. Quindi penso che quella sia la chiave di lettura”.
D. Il panorama della musica internazionale vede il successo di alcune persone che fanno una musica più articolata, che non è legata ai soliti brani commerciali. Questo ritorno del grande pubblico alla musica colta da cosa è dovuto?
R. “Beh penso che ci sia comunque una curiosità e un interesse a sentire anche delle musiche che hanno delle forme più articolate, più complesse, meno legate proprio alla formula della canzone. Quindi entrare in queste dimensioni che ti permettono anche poi di pensare, di essere ispirato da un ascolto, che ti porta, che ti apre delle porte interiori più sottili, che ti fanno guardare dentro. Penso che sia anche affascinante per il pubblico”.