“Possiamo compiere passi insieme, consapevoli delle differenze che vi sono tra noi, ma anche del fatto che se riusciremo ad unire i nostri cuori e le nostre mani per rispondere alla chiamata del Signore, la sua luce si farà più vicina per illuminare tutti i popoli della terra”.
E’ questol’auspicio di Papa Benedetto XVI, palesato ieri, nel corso della visita allaSinagoga di Roma, un augurio che -facendosi carico di speranza nel futuro- nonha invece voluto sottolineare quelle “differenze che rimarranno”, palesementemarcate da Gattegna, Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Perché puntonevralgico di un vero dialogo fra ebrei e cristiani, come ha affermato ieri DiSegni, Rabbino Capo della comunità ebraica di Roma, “sono le visioni condivise e gli obiettivi comuni”, elementi, questi, da mettere “in primo piano,malgrado una storia drammatica, i problemi aperti e le incomprensioni”.
Eppure,proprio quei problemi, quelle incomprensioni, quella storia drammatica, si sonosprigionati da ogni cosa: parole, volti,gesti, silenzi.
E’ emerso,dall’insieme di questi elementi, un quadro realista, non fintamente buonista,delle relazioni tra fratelli ebrei e cristiani, ma da entrambe le parti, sonoanche giunti messaggi chiari: coltivare il dialogo non deve svilire la propriaidentità, ma nemmeno far focalizzare esclusivamente sulle divergenze,innegabili e non solo teologiche, che animano le relazioni fra le due confessionireligiose.
“Vivere lapropria religione con onestà e umiltà, come potente strumento di crescita epromozione umana, senza aggressività, senza strumentalizzazione politica, senzafarne strumento di odio, di esclusione e di morte” haaffermato Riccardo Di Segni.
E Benedetto XVI, seppure parlando in tonigarbati e quasi sottovoce – nel suo stile all’insegna dell’umiltà e dellaverità- sulla questione “Pio XII”, ha dato testimonianza concreta di come,sulla scia delle parole del rabbino capo, la strada dialogica non possa svilireun’identità religiosa, né mettere in dubbio questioni ad essa interne: “Anchela Sede Apostolica svolse un’azione di soccorso, spesso nascosta e discreta. Lamemoria di questi avvenimenti deve spingerci a rafforzare i legami che ciuniscono perché crescano sempre di più la comprensione, il rispetto,l’accoglienza”.
Poche frasi, in cuinon è comparso direttamente il nome del Pontefice, per dare invece massimorisalto a quel “patrimonio spiritualein comune” su cui lavorare, affinché “rimanga sempre aperto lo spaziodel dialogo, del reciproco rispetto, della crescita nell’amicizia, della comunetestimonianza di fronte alle sfide del nostro tempo, che ci invitano acollaborare per il bene dell’umanità in questo mondo creato da Dio”.
Questo bagagliospirituale condiviso può oggi convergere, a parere del Santo Padre, versoun’ azione congiunta di Cristiani edEbrei, i quali, orientandosi con la bussola del “Decalogo” ossia i “Dieci Comandamenti” -definiti da Benedetto XVI “ungrande codice etico per tutta l’umanità”, possano aprire nuovi orizzonti di“collaborazione e testimonianza”.
“Risvegliarenella nostra società l’apertura alla dimensione trascendente, testimoniarel’unico Dio”, riaffermare “insieme il valore supremo della vita controogni egoismo”, “conservare e promuovere la santità della famiglia”ribadendo che essa “continua ad essere la cellula essenziale della società eil contesto di base in cui si imparano e si esercitano le virtù umane”.
Questi i tre esempicitati dal Santo Padre, che hanno fatto seguito all’altrettanto importantetematica del rispetto ambientale, evidenziata dal Rabbino Di Segni, dalle cuiparole è emersa la necessità di “condividere un progetto di ecologia nonidolatrica, senza dimenticare che alla cima della creazione c’è l’uomo fatto aimmagine divina”.
E quest’uomo, che“svetta” sul Creato, costruisce la storia -ancora oggi- con piccoli passicoraggiosi, apparentemente diversi o uguali da quelli di chi lo ha preceduto,ma pur sempre “balzi per l’umanità” intera.
Maria Rattà 18 gennaio 2010