L’uomo traccia confini sulle acque e lungo la spina dorsale dei monti, scavando appena può, dovunque riesce. E i centododici milioni di euro destinati dall’Unione Europea ad Haiti non saranno una goccia nel mare. Al massimo, un bicchiere. Perché il disastro, a sette giorni dal terremoto, sembra continuare, a dispetto degli impicci dell’esercito e il prodigarsi dei soccorsi. Gli spazi liberi sono ormai colmi di senzatetto, macerie, corpi abbandonati alla decomposizione. L’intento primario delle cinquantadue organizzazioni che lavorano in team nella capitale è rompere le righe del silenzio che urla attorno alla città, alle periferie devastate dal sisma e dai saccheggi, frenando le epidemie già in atto. Tubercolosi, dissenteria, tetano, colera e meningite sono solo l’immagine celebre che una regione flagellata dall’inedia ha esportato nel mondo, consegnando alla platea di giornali e tivù il grido di una storia disperata e una politica ottusa. Nessuno più si preoccupa di contare le vittime, gli ospedali da campo di Port Au Prince lavorano a pieno regime, e la speranza non lascia respiro ai soccorritori. C’è tanto, troppo da fare. Tramite il segretario Ban Ki-Moon, l’ONU ha annunciato che invierà altri 3500 uomini sul posto, per raggiungere chi è tagliato fuori da ogni tipo d’assistenza e chi, secondo gli immancabili detrattori del giorno dopo, tale resterà. Disorganizzazione e cattive gestioni politiche sono sotto attacco, perché the show must go on, a detta degli strumentalizzatori. Così, incuranti del cancro diffuso da parole di pietra, tornano a tracciare linee immaginarie fra popoli e terre, a rovistare nei visceri del globo e a pretendere che questo non si assesti per riempire le cavità. Fanno la conta delle risorse “sprecate” e non si curano dei risvolti degli sventurati, perché sanno il nome dei profeti di filigrana che lasciano l’impronta nei secoli. Resta a cuore all’aria una moltitudine di gente che non può più nemmeno interrogare i sogni, perché intenta a strappare alle rovine l’insonnia del dolore. Aiutiamoli.